3. Chanel numero 5.

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Se devo essere sincera non il mio profumo preferito, ma comunque un buon profumo.

Ne bastano due gocce soltanto. Una sul collo, proprio sotto il lobo dell'orecchio, e una sulla caviglia. Anche se coperta non ha importanza.

Sulla caviglia? Credo che tu ne abbia appena sparata una grossa. Erano i polsi.

Mi duole dissentire, mia petulante coscienza, ma quello dei polsi è un mito da sfatare – non so neanche quale tonto l'abbia messo in piedi. Sono le caviglie il punto debole o, se vogliamo, il punto di trazione e di attrazione maggiore.

E su quale manuale delle infallibili baggianate per creduloni da strapazzo lo avresti letto?

Ma che spiritosa... Nessun manuale, è stata nientepopodimeno che Coco Chanel, colei che ha dato il nome alla fragranza immortale succitata, a chiarire la questione una volta per tutte.

Ma davvero? E con quali parole avrebbe "chiarito la questione"?

Be', a grandi linee disse che una donna senza profumo è una donna senza avvenire e che il profumo è quell'indispensabile accessorio invisibile che "annuncia il tuo arrivo e prolunga la tua partenza".

Qualcosa da cui non separarsi mai.

Santa subito.

Non so perché ma sento puzza d'ironia nel tuo tono e non mi piace. Dovresti abbassare la cresta. Ecco cosa succede a essere troppo permessivi con la propria coscienza.

Che pesantezza! Mi meravigliavo solo di come i tuoi idoli cambino dall'oggi al domani. Ti svegli al mattino che potresti inciderti il petto per Stan Lee, arranchi all'ora di pranzo con una terribile astinenza da Tolkien e alla sera costruisci altarini votivi per Isaac Asimov. E, udite udite signori e signore, abbiamo una new entry: alla fantastica cerchia degli amici immaginari si aggiunge Coco Chanel.

Hai recitato tutte le battute del copione?

Non tutte ma una buona parte.

Sono contenta per te, adesso fammi il favore di silenziarti per il resto della giornata.

Non cito profumi in modo irrazionale, senza alcun intento, a dispetto di quanto voglia farvi credere la mia voce interiore.

In un certo senso, devo proprio alla boccetta di Chanel n°5 che papà regalò alla mamma per i suoi cinquant'anni la mia profonda gratitudine se quel primo giorno di Università restai impressa nella memoria del professor Zeta come l'istantanea di una Polaroid – a proposito, devo procurarmene una per dare concretezza alla mia battaglia contro la schiavitù tecnologica di questo millennio.

Sì, ma non ce ne frega niente in questo momento. Potresti impegnarti a non divagare ogni due-sbarra-tre secondi? Renderesti un enorme servizio all'umanità.

Okay, scusami tanto. Eppure è da un pezzo che non mangio yogurt a colazione.

Cos'è, un'insinuazione questa?

Naaah, ma figurati. Non s'intonerebbe alla mia indole pacifista.

Ecco, appunto. Va' avanti con la storia.

La goccia che avevo appena dietro il lobo dell'orecchio sinistro iniziò il lavoro, mentre la sua compagna, quella che avvolgeva la mia caviglia destra in una vaporosa nuvola di voluttà, lo portò a termine.

Proprio quello che si direbbe un ottimo "lavoro di squadra".

•••

Non cercare mai di dire amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora