Posso sempre ucciderlo

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(capitolo della seconda parte)

Arianna
Posso sempre ucciderlo

Posso ucciderlo. Non vedo perché no. Nessuna giuria mi condannerebbe. Cioè, sarebbe quasi legittima difesa! Se non lo uccido io, lui finirà per uccidere me.

A ogni gradino di questa scalinata interminabile sono sempre più convinta. Il bastardo si sta divertendo a torturarmi e non smetterà. Ogni giorno mi devo ripetere che lo faccio per un bene più grande. Porto i suoi maledetti zaini, gli sistemo la camera, mento a suo padre nelle schede di valutazione, e sopporto quel sorriso bastardo sulla sua faccia da schiaffi perché al termine di tutto questo, avrò un futuro.

Ma il punto è arrivarci viva, a quel futuro.

Quando finalmente entro nell'aula della Bestia, lo faccio a testa bassa. Ormai tutti in quinta A hanno capito che sono una schiava nelle mani di Gregorio. Un paio di ragazze mi guardano con compatimento. Un ragazzo ride sotto i baffi. Io cerco di fare in fretta. Prima finisco, prima esco. Mentre sistemo le cose della Bestia, lo sguardo mi cade sul suo banco. Il bidello non lo ha ripulito ci sono ancora dei disegni a matita. Un seno stilizzato degno di un dodicenne, e due ridicole donne nude, poi noto un altro particolare. Un canestro.

Quello è disegnato benissimo, con precisione. Ci sono le maglie della reticella e il tabellone, ha perfino messo un'ombreggiatura. E come se tracciando quello avesse deciso di fare sul serio, come se lo rispettasse troppo per disegnarlo male e ce l'avesse messa tutta.

«Arianna».

«Lorenzo!»

Trasalisco. Non ci voleva. Incontrare Lorenzo suscita pensieri irripetibili e picchi di ansia da prestazione.

Non sono mai pronta a trovarmelo davanti, mai preparata ai suoi occhi cristallini e a quel sorriso che ti fa sentire solo, disperato e infelice solo perché non puoi baciarlo! Ha un tipo di bellezza che ti fa piangere.

«Come stai?», domanda.

«Bene, dai», cerco una posa disinvolta ma, nell'appoggiarmi al banco, lo manco completamente. Lorenzo deve reggermi per evitare che cada

Mi ci vuole un momento poi realizzo alcuni dettagli significativi.

Mi ha preso il braccio. Mi ha preso il fianco.

Il. Fianco.

Tecnicamente, Lorenzo, ovvero la cotta più devastante e resistente che abbia mai affrontato, mi sta toccando.

«Ehi, tutto bene?», si informa.

Pure troppo bene. Cioè, l'unico rischio che corro ora è l'arresto cardiaco, ma morirei felice. Certo non c'è un'intenzione romantica, ma chi se ne frega? La vita è troppo breve per rovinarsi un momento del genere con un eccesso di razionalità.

«Ehi, Arianna, ci sei?»

«Sì scusa, mi sono persa».

«Persa?»

«Nei miei pensieri».

Ora, deve spiegarmi come ci riesce. Come può il suo sorriso bellissimo trasformarsi in un sorriso ancora più bellissimo. Cioè ma come diavolo fa? È quasi ingiusto. La sua mano scivola via dal mio fianco lasciandomi addosso la sensazione di essere stata accarezzata.

«Non deve essere un brutto posto in cui stare».

Non ho idea di cosa abbia voluto dire, ma neppure questo momento è un brutto posto dove stare. Ci pianterei le tende e ci vivrei per sempre.

Qualcuno dei suoi compagni lo chiama, lui distoglie lo sguardo e io mi risveglio dall'incantesimo. Mi vedo per quello che sono. Una cretina stremata che non riesce a sostenere un discorso e che per poco non cadeva. Da ferma. Direi che è meglio se vado.

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