Capitolo I: "Benvenuto"

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"Benvenuto"

Quindi, ora sono qui, seduto di fronte ad una grande scrivania di legno vecchio e logoro, in una stanza che odora di gatto bagnato e sigarette. Le tende di colore rosso forte che coprono la grande finestra e la mensola con libri davvero vecchi - dei quali non riconosco nemmeno un titolo -, sono così pesanti che non mi sorprenderei se da un momento all'altro ci cadessero addosso. I vetri sono così puliti che quasi mi fanno male gli occhi per il bagliore e la poltrona su cui sono seduto mi fa prudere la pelle.

Sento un gatto miagolare, ma non so da dove provenga il rumore. Non mi piacciono i gatti. Voglio il mio cane Candori. Lo voglio qui, con me. Questa è la cosa più dolorosa del lasciare la mia casa; non sono consentite mascotte nell'istituto.

Una porta alla mia destra - tra una mensola di vecchie fotografie di Parigi e la Torre Eiffel -, si apre con uno scricchiolio. Mi si rizzano i peli e cerco di calmare i nervi. Ho ripreso a sudare e mi prude il collo; non posso grattarlo, devo dimostrare compostezza. Una signora grassottella e molto, ma molto bassa di statura entra nella stanza ed i peli vogliono uscirmi dai pori. I capelli grigi pettinati perfettamente in una coda di cavallo che sembra dolorosa, un vestito nero non favorevole al suo molto, molto, molto voluminoso corpo, con una cintura marrone con un'enorme fibbia di metallo rotonda, stivali da combattimento neri e una frusta in mano. Non sorride e mi rendo conto di essere grato per ciò. Ha occhi grandi, azzurri e ciglia lunghe, le labbra di color rosso forte e una cicatrice sullo zigomo destro. Le sue guance sono colorate di rosa ed il naso è piccolo e aquilino. La donna è una preziosa opera d'arte. Manca di bellezza ed è un po' astratta... come l'arte.

Si avvicina alla scrivania e giuro che sento i suoi passi scontrarsi con il pavimento di marmo. I miei genitori la osservano con minuziosa attenzione e so che mio padre è terrorizzato quanto me, lo leggo nella sua smorfia ed il labbro alzato; la sua espressione è epica.

Mamma sta piangendo sulla sedia; non smette guardare la donna, ma le lacrime le scendono come se fosse un tubo rotto e nessuno possa aggiustarlo. Io mi limito a ruotare gli occhi. Se le dispiace tanto che venga a vivere in questo collegio per i prossimi sei mesi, basta dire: Ce ne andiamo e portiamo nostro figlio gay con noi.

Ma lei non piange per quel motivo. Lei piange perché suo figlio è gay.

Maledettamente gay.

Si mette dietro la grande scrivania davanti a noi e lascia cadere il suo peso sulla sedia. Le sue mani si uniscono e le dita si intrecciano. Ci guarda fissamente e sento di non potere tremare di più. Quella donna è orribile.

- Buongiorno, famiglia Styles -. Oh mio santo Dio, quell'accento francese è bellissimo. Non negherò che la sua voce è bella, magari potessi fare qualcosa con la sua genetica. - Quindi sperate che accettiamo il piccolo Harry Styles quando il semestre è iniziato da due mesi.

Mia madre tira su col naso ed io riesco solo a fare una smorfia. Controllati, donna! È ripugnante. Mio padre si raddrizza sulla sedia; il suo corpo è quello di un militare, anche se non è mai stato nella milizia. Adora l'esercito ed essere un avvocato di rispetto non gli lascia molto tempo per esercitarsi ma, in qualche modo, ha sempre quell'aspetto, ben messo e con molti muscoli.

- È quello che speriamo. Abbiamo avuto pochi giorni per cercare un istituto appropriato per nostro figlio. Mia moglie, Anne, e io, speriamo che possa aiutarlo con il suo problema. Aggiustare la sua strada, sa, affinché si corregga. L'omosessualità è una malattia non accettata nella mia famiglia.

Una malattia! No, papà, questo non mi ha spezzato il cuore, non mi ha dato voglia di desiderare con tutte le mie forze una nuova famiglia.

- Mamma, smettila di piangere! - urlo, senza importarmene del fatto che Madame Dur mi rivolge uno dei suoi sguardi più freddi e mio padre si vergogna ulteriormente.

"INSTITUTO BOOSTER PARA HOMBRES" /Larry Stylinson/Donde viven las historias. Descúbrelo ahora