Un rientro forzato
Il taxi si era avvicinato lento all'aeroporto, zigzagando fra le auto, avanzando a scatti tra le strade ricolme di traffico della caotica ed eclettica New York.
Mise piede nel terminal, avvolto da una commistione di sensazioni contrastanti che gli toglievano il respiro.
Stava lasciando la città che gli aveva offerto riparo negli ultimi sette anni, il luogo dove il suo piccolo e prezioso figlio era nato.
Scorpius era irrequieto e in cerca di attenzioni: desiderava che loro -la mamma e il papà- lo facessero volare e per questo aveva ripetuto la stessa parola diverse volte.
«Ancola.»
Draco lo osservò ridere felice, dopo che aveva espresso la sua richiesta, racchiusa in quella parola pronunciata male.
«Scorpius, fa' il bravo, tuo padre sta portando la valigia.»
Draco guardò la moglie e scosse la testa. Non gli era mai piaciuto che sgridasse il figlio a quella maniera. Capiva che seguisse l'unico modello di educazione da lei conosciuto, la stessa educazione che le era stata impartita, ma non per questo doveva condividerlo.
«Non essere così severa con lui. Non voglio che cresca come noi.» Il suo fu un tentativo di ricordarle quali fossero i loro accordi. Quante notti avevano discusso, alzando il tono, in uno scontro di vedute acceso?
«Sono stanca. Io mi siedo un momento.»
La osservò sedersi. Lasciò l'unico bagaglio che stavano portando con loro -il resto era stato spedito- e avvertí un moto di stizza irrigidirgli il viso.
«In blaccio.» Prese il figlio in braccio e gli depositò un bacio sulla fronte, pensando che Scorpius rappresentasse l'unico reale motivo per cui una minuscola parte di lui avrebbe sempre voluto bene ad Astoria e gli avrebbe impedito di odiarla davvero.
I sentimenti nei confronti di sua moglie avevano rappresentato una costante confusa nella sua vita, sin dal momento in cui gli era stata promessa in sposa: non erano mai stati chiari, dai contorni ben definiti, ma torbidi, perché sporchi, incapaci di tramutarsi in sentimenti sinceri e puliti.
«Andiamo a fare il check in, così poi potrai riposarti.» Le offrì il braccio, sorridendole. Si era ripromesso di essere gentile, di non mancarle di rispetto, per quanto Astoria cercasse di farlo innervosire.
«Va bene.»
La vide alzarsi, appoggiarsi a lui e sorridergli in maniera tirata.
Draco camminò per il terminal storcendo il naso: per quanto ormai fosse abituato ai babbani -che si erano rivelati redditizi per i suoi affari- era più forte di lui, la sua espressione facciale palesava ancora il disprezzo che a lungo aveva nutrito nei loro confronti. Era come un riflesso automatico, come se il suo sangue nobile si sentisse in dovere di manifestarsi e i suoi lineamenti fossero l'unico mezzo per farlo.
Strinse la mano di Astoria, che in un gesto all'apparenza affettuoso intrecciò le dita alle sue, in una tacita rivendicazione di possesso che lui tollerava poco. La sua signora procedeva impettita, rigida come se fosse di pietra eppure al contempo sinuosa ed elegante.
Col braccio libero Draco sosteneva e stringeva a sé quell'esserino tanto importante, quella parte di sé senza cui non sapeva immaginarsi.
Scorpius aveva compiuto da poco tre anni e lui non era in grado di rammentare un singolo istante in cui guardare il suo bambino non lo avesse reso felice, ricolmo di una sensazione che non aveva mai davvero provato e che, in fondo, lo stava cambiando lentamente.
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Reach out for my hand
FanfictionDramione che non tiene conto di TCC nè del 19 anni dopo. Grazie a Nemain per la copertina. #disclaimer... i personaggi e il mondo di HP appartiene a JKR.