La mia peggior nemica

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Si era tinta i capelli di quel biondo innaturale solo per convincersi di appartenergli almeno un po'. Si era nascosta dietro la falsa illusione che le sarebbe bastato per entrare a fare parte di quella famiglia, per portare sulle spalle il peso e l'onore di quel cognome che in realtà non l'avrebbe mai abbracciata o rassicurata nelle freddi notti invernali. E mentre sistemava i biondi boccoli perfetti, ottenuti con una pozione, un'espressione di amara delusione le strinse la gola. Lui l'aveva fissata con il suo solito sguardo di ghiaccio, con quegli occhi che non la vedevano mai davvero e poi un sorriso carico di sdegno aveva contaminato le labbra che lei amava, che solo qualche ora prima avevano profanato la sua pelle.

Ricordava ancora il dolore che le parole pronunciate dal mai suo Draco le avevano causato: un dolore acuto, perforante, stridente. Non aveva pianto, non si addiceva a una donna del suo rango. Aveva ricacciato indietro le lacrime e si era ripetuta che pur di stargli accanto aveva sopportato ben altro e ora, solo per Scorpius, avrebbe agito come ci si aspettava da una madre degna di essere chiamata tale. Del resto, non si sarebbe venduta l'anima al diavolo pur di averlo, anche sapendo che il cuore di Draco era sempre appartenuto a un'altra? Non aveva mai scambiato la sua cortesia per affetto, il suo affetto per amore, la sua educazione per gentilezza. Non aveva mai pensato al sesso consumato fra le lenzuola candide e profumate come a fare l'amore. Allacciò l'ultimo bottone della camicetta, là, dove l'incontro fra i seni forma un solco, osservando i propri occhi scintillare di straziante rimpianto. Nonostante tutto riusciva a biasimare solo se stessa per non essere stata in grado di conquistarlo. Se persino una lurida Sanguesporco gli era rimasta impressa nel cuore e lei non era stata capace di scalzarla, di attutirne il ricordo, di cancellarne il sapore, be' lei doveva rappresentare un fallimento su tutta la linea: unico barlume di rivincita il suo piccolo principe, il solo amore della sua vita che l'avesse mai ricambiata. E lei lo stava per affidare alla sua peggior nemica. Ma, salendo sulla carrozza si ripromise di mettere da parte l'orgoglio, di pensare al bene del figlio ricordandosi che, in fondo, la sua unica e vera nemica era stata sempre lei stessa e la sua incapacità di accettare che Draco Malfoy non l'avrebbe mai amata. Amava Scorpius e questa consolazione doveva bastare, si ripeté, mentre la carrozza correva veloce ed elegante fra le strade del mondo magico.

Forse avrebbe perso Draco per sempre -si può perdere qualcosa che non si è mai avuto?- ma non gli avrebbe permesso di smarrirsi. Lo faceva per Scorpius, ma non solo. Lo faceva per l'uomo che non l'aveva mai amata: la vita poteva essere breve e ricca di imprevisti e lei non gli avrebbe concesso di morire col più grande rimpianto che possa bruciare il cuore di una persona: quello di non aver nemmeno provato a conquistare la donna che gli prendeva anima e corpo e della quale, nelle notti perseguitate da sogni di memorie passate e violente, aveva udito il nome sussurrato dalle di lui labbra.

Fissò Daphne e il suo piccolo principe che sbirciava estasiato fuori dal finestrino della carrozza e le immagini della notte scorsa le passarono veloci davanti agli occhi: aveva quasi supplicato suo marito di amarla per quella che forse sarebbe stata l'ultima volta e, anche se lui non aveva rifiutato, la certezza che fosse stato per pietà ora le faceva male, graffiandole l'anima.

«Se Draco scopre che non ti sto portando in ospedale per ciò che pensa lui, mi ucciderà» disse Daphne, sospirando. Per sua sorella avrebbe fatto qualsiasi cosa, come convincere Narcissa a coprirle in modo che potessero uscire. Non avevo saputo opporsi al volere di Astoria, anche se le aveva dovuto somministrare una dose ingente della pozione illegale, anche se l'aveva dovuta aiutare con un incantesimo per restituirle un aspetto perfetto.

«Gli dirai che avevi una cosa da fare per il bene di Scorpius, non avrà niente da dire. Puoi dirgli che eri sotto Imperio, se vuoi.» La voce le usciva flebile, parlare era faticoso e tagliò corto, risparmiando le forze per l'incontro per il quale cercava di prepararsi.

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