Capitolo 3

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Uscii dal dormitorio e mi diressi alla sala comune nell'ala est dell'Università. Ve ne erano due, praticamente identiche, per ospitare tutti gli studenti.
Erano grandi stanze provviste di divani e poltrone di vario colore disposte attorno a tavolini di vetro, macchinette con qualunque cibo o bevanda esistente, una libreria assortita e— rullo di tamburi— un massiccio bancone di legno da barman provvisto di bevande alcoliche, che veniva usato un paio di sere al mese per serate a ritmo di musica e vodka.

Ogni tanto Loila, non so come, riusciva a rubare qualche bottiglia di rum o vino rosso e il giorno dopo era subito post-sbornia.

Presi un caffè  distributore e mi diressi alla segreteria, determinata a scoprire di più su quel ragazzo.

Sapevo solo che si chiamava Isaac e che frequentava teologia, credevo che bastasse. D'altronde, quanti Isaac potevano mai esserci in teologia?

Chiesi alla segreteria ma non risultava alcun Isaac iscritto a teologia.
Che cosa strana, pensai.
Che avesse detto il falso sulla sua facoltà? E perché, poi, avrebbe dovuto farlo?

Allora chiesi a Marise, la gentile sessantenne che lavorava alla segreteria, a quale facoltà risultasse iscritto questo ragazzo.
<< Mi dispiace, Diana, ma non risulta nessuno con questo nome. C'è però un Isacco iscritto a Filosofia. Forse è lui che cerchi.>> disse la donna con mia grande sorpresa.
Ringraziai Marise e uscii.

Non aveva senso. Conoscevo di vista Isacco, ragazzo grassoccio alto quasi quanto me, e non era il misterioso ragazzo che avevo incontrato il giorno prima.

Mi sedetti sulla panchina davanti alla biblioteca, usata anche come aula di studio e costituita da un immenso edificio su due piani dove si trovavano libri di ogni genere e su qualunque argomento, misi i gomiti sulle gambe e appoggiai la il mento sui pugni chiusi. Sbuffai pensando a chi potesse essere.

Improvvisamente sentii alle mie spalle una voce. <<Salve, ragazza senza nome.>>
Mi voltai e vedi Isaac avvicinarsi in pantaloni beige e camicia bianca. Quel ragazzo aveva proprio stile!

<<Diana, mi chiamo Diana>> dissi. Sembrò leggermente sorpreso.
<<Ah, capisco.>> disse con tono di voce basso. Qualcosa non andava.
<<Cosa c'è che non va con il mio nome?>>
<<Sai qual è il suo significato?>> feci cenno di no e lui continuò <<Beh significa "divina", "celeste" o anche "che porta il giorno">> Non capivo ancora cosa ci fosse di strano, ma decisi di non continuare l'argomento e di andare direttamente al sodo.

<<Chi sei veramente, Isaac?>>
<<Io sono chi tu creda che io sia. Cosa credi, Diana?>>
E questo cosa accidenti significa?, pensai.
<<Credo che tu non abbia detto la verità su di te.>>
<<Io non ho detto nulla su di me.>>
Era lì, in piedi, davanti a me con il suo maledettissimo viso angelico e la sua aura positiva.
Ero arrivata all'esasperazione.
<<Non sei iscritto all'università, nessuno ti ha mai visto nè ha mai parlato con te.>> dissi <<Sembra che tu sia un fantasma venuto a tormentarmi!>> conclusi alzando il tono di voce e rendendo chiaro il mio nervosismo.
Lui rise di gusto e mi sentii un idiota.
Ma cosa cavolo stavo dicendo?!
<<Facciamo così: se vuoi saperne devi uscire con me stasera.>> si mise una mano dietro la nuca, come se fosse in imbarazzo <<per conoscerci meglio.>> concluse.
<<Non se ne parla proprio>> era diventato matto?!
<<Allora perirai con i tuoi dubbi.>> disse. Poi si voltò per andarsene.
<<Va bene.>> dissi controvoglia e lui si giró con un sorrisetto soddisfatto.
<<Però ci vediamo domani pomeriggio in biblioteca.>> Non gliel'avrei data vinta così facilmente.
Il sorriso gli morì sul viso per un attimo per poi ricomparire. <<Prima o poi cederai.>>
<<Ti piacerebbe>> replicai.
<<Ci vediamo domani, Diana>> disse voltandosi e scomparendo tra le persone appena uscite dall'università.
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LUCI ED OMBREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora