Capitolo 6

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Ogni mattina è sempre stata la stessa routine: il suono della sveglia che rompe, un forzato risveglio per il troppo sonno e il desiderio di dormire ancora, andare in bagno, accorgersi che sei uno zombie appena ti svegli al contrario delle persone che come si svegliano sono già perfette, fare la pipì, mangiare la colazione, prendere i vestiti, andare a lavarsi, vestirsi, mettersi le scarpe e uscire per qualsiasi motivo.

Quella mattina io feci tutte queste cose per andare da Giada.

Mi preoccupavo leggermente perché non la conoscevo e non sapevo se era una di quelle ragazze che si credevano chissà chi, una di quelle perfettine, perché altrimenti l'avrei odiata dal primo momento.

Finalmente, però, avrei lasciato quella stanza d'albergo che mi iniziava a rompere.

L'unica differenza di quella mattina che la colazione fu l'ultima cosa che feci prima di uscire, visto che per mangiare dovevo andare nella sala e non si può andare con il pigiama, che fra l'altro io adoro.
Quel pigiama è bellissimo: è maschile (l'ho voluto io), infatti mi va larghissimo ed è per questo che lo adoro. Mi sento libera e comoda!

Quindi mi preparai, scesi, mangiai e pagai l'albergo, dopo di che me ne andai.

Per arrivare alla mia nuova casa presi un taxi visto che non sapevo nemmeno in quale punto di Milano mi trovavo!

Avevo camminato così tanto che avevo perso l'orientamento e c'ho guadagnato anche mal di schiena e gambe.

Durante il viaggio, durato circa 20 minuti, osservai il paesaggio, ma non feci caso alla strada che percorremmo.

Il tassista era un uomo di mezza età molto simpatico, che mi disse che se avevo problemi di chiamarlo subito.

Scesi dall'automobile e mi ritrovai in un quartiere con case tutte uguali e all'apparenza molto belle e lussuose. Mi ero trovata proprio una bella casa e anche a poco prezzo.

Ce n'era solo una diversa: le altre erano tutte gialle, curate e piene di piante anch'esse curate, mentre questa era rossa e non c'era nemmeno l'ombra di un filo d'erba.

Guarda caso, questa era proprio la mia, con numero civico 205.

Il campanello era molto carino e si vedeva che lì dentro ci abitava un'adolescente visto che era una casa tutta moderna e anche dal fatto che era l'unica diversa dalle altre.

Erano le 9:45, era il mio solito arrivare in anticipo, odiavo fare ritardo, e la mia famiglia non era mai puntale (un altro motivo per cui odio soprattutto mia mamma).

Decisi di aspettare le 10:00, ma c'era un sole accecante, e ci ripensai su, quindi suonai.

Rispose Giada, l'avevo capito dalla voce, e aprì il cancelletto di ferro.

Dovetti salire pochi gradini prima di giungere al portone, che era aperto, ma di Giada, non c'era nemmeno l'ombra.

Entrai comunque, visto che aveva aperto, andai.

Mi ritrovai sotto un arco che conduceva al corridoio, il quale aveva circa  5 porte da un lato.
I colori erano freddi e neutri: bianco, nero, bordeaux, rosso, tortora e tutti i colori attualmente moderni. Le pareti non erano semplici, ma tutte ben decorate con effetti: una era ruvida, un'altra glitterata... Il tutto era ben decorato con quadri che rappresentavano soggetti naturali o paesaggi che si basavano sempre sui medesimi colori.

L'altro lato non aveva porte, era tutto unito in un salotto, collegato alla cucina.
Il salotto comprendeva un divano in pelle beige posizionato in un angolo davanti ad un televisore ultrapiatto e grandissimo come quelli dei ristoranti di lusso.
In quella casa mi sarei divertita un mondo.

Tutto d'un tratto mi venne un profumino di pancake, così mi girai e vidi una ragazza di spalle, magrolina e di statura normale. Indossava un semplice jeans con una felpa corta nera; i capelli castani e biondo platino sulle punte erano raccolti in una crocchia disordinata.
Stava armeggiando ai fornelli e si vedeva che non era pratica come me: muoveva tutto in modo confusionario e tutta l'isola della cucina era disordinata e sporca.

<<Scusa, io...>> iniziai a parlare, dato che la ragazza non si girava, non notando la mia presenza.

Tutto all'improvviso si voltò e rimase per un paio di secondi immobile, confusa, come se non capisse cosa stesse succedendo, ma subito si riprese dallo stato di shock e mi disse: <<Oh, eccoti qui! Tu devi essere Clio! Mi presento... Io sono Giada. Fa come se fossi a casa tua, perché da questo momento lo è! Sto preparando i pancake, ma purtroppo, da come puoi ben vedere, non sono molto brava>> ed ecco che si mise a ridere.

Quella risata era talmente contagiosa che mi misi a ridere con lei.

<<Oh, non ti preoccupare. Dopotutto, dato che d'ora in poi, vivremo insieme, dovremo dividerci i compiti e visto che, al contrario tuo, cucinare è una delle mie passioni, me ne assumerò la responsabilità>>.

<<Che bello! Finalmente si mangerà bene da questo momento>>

Stavo ridendo a crepapelle, finalmente dopo un paio di giorni pieni di casini.
La aiutai a terminare di cucinare, dopo di che mangiammo i pancake che non erano per niente male e, infine, mi fece fare il tour della casa.
Metà dell'appartamento, come già detto, era occupato da salotto e cucina.
Nella porta adiacente alla cucina si trovava un bagno, semplice e carino. Da quanto capii successivamente, oltre a quello, ce n'era uno in ogni camera.
Qui di fianco si trovava la camera da letto di Giada: la sua era una stanza sui toni del viola, che riconobbi come il suo colore preferito, come mi confermò poco dopo.
A sua volta, a fianco a questa si trovava la camera degli ospiti e infine, l'ulotima porta a destra conduceva alla mia nuova camera.

La porta era molto diversa dalle altre: era di un colore più rossastro, quasi color ciliegio e quando Giada aprì la porta, rimasi a bocca aperta.
Una stanza enorme si presentava dinanzi i miei occhi.
Era semplicemente WOW!!!
Una stanza con due pareti parallele bianche, quella su cui era attaccata la testiera del letto blu elettrico e l'ultima, quella di fronte, acqua marina. Infine, c'era il soffitto, azzurro.
Il colmo era che quelli erano i miei colori preferiti!
Il resto era tutto spoglio e non mi dispiaceva. A dire la verità, non mi sono mai piaciute quele camere piene zeppe di oggettini e di disegni attaccati alle pareti.
La cosa che mi ha stupefatta di più, però, oltre ai colori è stato il letto matrimoniale enorme, sempre con lo stesso legno della porta, da cui partiva, dalla testiera, una grandissima libreria.
Quella cosa era spettacolare.
DI fronte al letto si trovava un'imponente armadio, al quale, di fianco si trovava una scrivania accompagnata da una sedia girevole di pelle nera.
Su una parete, si trovava una finestra, che si affacciava su uno splendido parco.
Infine, sull'ultima parete, si trovava una porta che conduceva al bagno, che avrei visto più tardi.

<<Mi dispiace se non ti piace, ma questa era la camera di mio fratello...>> mi disse Giada.

Io intanto ancora ero con la bocca spalancata e i miei occhi castani al di fuori delle orbite.

<<Io...>> non sapevo proprio come esprimermi <<Giada, è stupendo!>>
Alla fine dissi questo, mentre che le saltai al collo, stringendola in un abbraccio.
A sua volta lei fece lo stesso e poco dopo mi disse: <<Adesso ti lascio riposare, se hai bisogno di aiuto dimmi pure, ma ti avviso: dopo pranzo usciamo, andiamo a fare shopping principalmente perché stasera andremo ad una festa. Non obiettare.

Senza darmi tempo di parlare, mi lasciò nella stanza e mi buttai sul letto, lasciandomi alle spalle una vita che mi faceva pena.
Non dormii, il pomeriggio, con la luce del sole non riuscivo mai a dormire, così sistemai la poca roba che avevo con me e successivamente decisi di concedermi ad un bel bagno caldo.

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