Capitolo 1

19 7 0
                                    

CAPITOLO 1

Un anno dopo.

"Dimenticare" era l'unico vero talento degli esseri umani. "Ricominciare" era un verbo facile da utilizzare quanto difficile da applicare perché denotava sempre un nuovo impiego di energie.

Quest'ultime Estelle, ormai da tempo, pareva averle del tutto smarrite.

D'altra parte non era immune quanto credeva agli eventi. Era agitata, completamente divorata dall'ansia, mentre percorreva i corridoi dell'istituto.

L'aria era pregna di disinfettante e profumi per l'ambiente che cozzavano tra loro, cercando di coprirsi a vicenda.

"Siamo arrivati, puoi aspettare qui" le ordinò la guardia che dall'entrata l'aveva guidata all'interno della struttura.

Si accomodò su uno dei divanetti marroni presenti in quella che voleva essere un'accogliente sala d'aspetto. Peccato che non riuscisse nel suo intento: i posti a sedere erano rigidi al solo sguardo e i muri bianchi risultavano essere più interessanti dei quadri che vi erano appesi.

Cominciò pertanto a scrutare con interesse le riviste poste sul tavolino accanto a lei. Ce n'erano di diverse tipologie, dalle malattie dell'età avanzata ai posti da visitare nei dintorni.

Involontariamente l'occhio le cadde sua brochure riguardante Chapel Point. Il solo pensiero di quella città la fece rabbrividire.

"Signorina Collins, è un piacere averla qui" disse un uomo avvicinandosi a lei.

Dimostrava cinquant'anni e indossava un completo che aveva certamente visto giorni migliori. Estelle notò che i polsini della giacca erano quasi logori. Aveva un sorriso rubicondo e spesse sopracciglia ingrigite calanti sui piccoli occhi castani che l'osservavano con un inquietudine mal celata.

"Sono a capo di questa casa di riposo, la Sunny and Rise. Mi occuperò dei documenti riguardati la sua permanenza qui e mi augurò che sarà un periodo quanto mai... tranquillo" concluse, tentennando un poco.

Pover uomo. Estelle non poteva che compatirlo. La sua attività era costretta ad accettare gli scarti della società come lavoratori non stipendiati per tirare avanti. La ragazza si augurò di non incontrare altri nella sua stessa condizione. Senza realizzarlo, prese a torturarsi le mani dinanzi a quel pensiero.

((Sapeva bene che quello in cui era vissuta sino ad allora sarebbe dovuto essere un ambiente protetto, il solo trovarsi in quella struttura la metteva in soggezione.))

"La prego di portare i mie saluti ai suoi genitori "affermò in fretta come se si fosse improvvisamente ricordato un'importante battuta del suo copione.

Il nome della sua famiglia, o meglio il potere che questa deteneva, faceva sempre un certo effetto a tutti. Non vi era nessuno che non si piegasse per una determinata cifra di denaro, informazioni o favori, e quell'uomo pareva non far eccezione. Peccato che lei non avesse avuto nulla a che fare in quella trattativa, né tanto meno volesse usufruire dei vantaggi che da questa ne derivavano.

"Non mancherò, non si preoccupi" si ritrovò a dire, mossa dalle abituali formalità che da sempre vigevano nella sua vita.

Il direttore parve rallegrarsi di tale risposta e pertanto proseguì. "Qualche impiegato la osserverà mentre svolgerà i compiti che le verranno assegati. I risultati verranno poi riportati direttamente a me. In ogni caso le verrò incontro" annunciò poi convinto.

Estelle lo guardò allarmata. Cosa voleva dire? Non certo che avrebbe coperto ogni suo sgarro o ritardo, pregò.

C'era un limite a quanta avarizia potesse esser in grado di tollerare in un essere umano, mentre sapeva benissimo che i suoi genitori avevano un vero e proprio talento per alimentarla e compiacerla nel prossimo.

"Sono a conoscenza della sua situazione" mormorò tanto piano che Estelle quasi non lo udì. "E cercherò di aiutarla quanto più possibile per quanto riguarda gli orari e la flessibilità di questi" affermò tornando ad un normale tono di voce.

La ragazza realizzò di aver trattenuto il respiro per qualche secondo mentre l'uomo metteva in chiaro la questione. Era normale che il suo nuovo datore di lavoro sapesse del suo caso, in fondo era lì per scontare la sua pena.

"La ringrazio per la comprensione" si convinse a dire, senza aggiungere che avrebbe preferito tenersi quanto più lontana da casa in quel momento.

Là si sentiva prigioniera di un passato che voleva dimenticare.

"Adesso devo proprio andare. Mi dispiace, ma non ho modo di dilungarmi oltre sulle mansioni che la impiegheranno nei mesi avvenire" si scusò mortificato. "Sono stato invitato a prendere parte a un funerale. Routine, come può immaginare" spiegò prendendo in mano il suo orologio da taschino ed osservandone per qualche secondo il ticchettio.

"Ormai sarei in grado di tenere una funzione anche da me..." proferì assorto.

Come se si fosse d'improvviso ricordato di lei, tornò a rivolgerle la parola. "Oh ma non deve temere" esclamò. "Ho chiamato per lei uno dei nostri ragazzi migliori e più preparati per farle da guida"

Fece cenno a qualcuno di avvicinarsi ed Estelle si voltò per vedere chi fosse.

Da quanto era lì, in quel corridoio, ad ascoltare la loro conversazione? Si domandò, realizzando di non aver percepito minimamente la presenza di qualcuno alle sue spalle.

"Signorina Estelle, le presento Connor Myers"





NOTE: sentitevi liberi di lasciare un commento o anche solo una stellina se il capitolo vi è piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate!

In equilibrio su l'indomaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora