2 - OCCHI COLOR SERENITY

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Emilia

Non ho mai capito per quale motivo tutto ciò che aspetti, accade quando meno te lo aspetti; e ancor meno, perché deve essere così diverso, da quello che si credeva sarebbe stato.

Avevo deciso di fermarmi ad Amsterdam per la vigilia di Natale per aiutare Clotilde a riprendersi il Dongiovanni, e mi ero ritrovata a organizzare un piano di conquista anche per una sua amica, Elis. Di certo, non avrei mai potuto immaginare che quelle scelte mi avrebbero portato faccia a faccia con lui.

Avevo capito con un solo sguardo, chi era. L'uomo che indossava disinvolto una camicia Burberry blu navy dell'inverno 2017/2018, dal cui colletto sbottonato potevo intravedere la caratteristica tartan, non era semplicemente il fratello di Josh, né lo stronzo che giocava con i sentimenti di Elis.

Era la persona che avevo cercato per tutta la vita.

I suoi occhi color serenity, della tonalità esatta che Pantone nel 2016 aveva definito colore dell'anno - e di cui io avevo la maggior parte dell'intimo anche se ormai fuori moda- mi avevano parlato prima ancora di scambiarci una sola parola, prima ancora di presentarci.

Quello era un problema enorme. Lo era per almeno quattro motivi: primo, era il ragazzo di Elis; secondo, era il fratello di Josh; terzo, io andavo a letto con J, che era sicuramente un suo amico; quarto, l'ultima persona che aveva avuto un effetto vagamente simile su di me, si era rivelato un bugiardo senza scrupoli.

Quindi, non potevo nemmeno lontanamente permettermi di pensare ciò che stavo pensando. Il mio stupido cuore romantico doveva smettere di battere così forte e lui doveva abbassare il suo sguardo.

Non doveva guardarmi in quel modo. Non doveva guardarmi e basta!

Per fortuna venne distratto da J e io potei tornare a respirare.

- Smetti di fare la cretina - provai a convincermi, e per una ventina di secondi ci riuscii.

Finché lui non si avvicinò a me, rimanendo fermo a fissarmi senza parlare.

Ma che problemi aveva? Se pensava che avrei rotto io quel silenzio si sbagliava di grosso!

Lo sfidai, alzando leggermente il mento, trattenendo a stento una smorfia arrogante.

Mi sembrava di essere tornata d'improvviso alle elementari, quando io e mia sorella vincevamo l'ultimo biscotto della scatola a colpi di "chi ride per prima perde".

Solamente che in ballo non c'era un biscotto, ma il mio orgoglio, e non si perdeva ridendo per primi, ma presentandosi.

Non avevo mai perso un biscotto, di certo non avrei ceduto in quel momento!

«Non credo di averti mai incontrata prima» mormorò lui improvvisamente, porgendomi la corona della vittoria.

Tuttavia, la sensazione di vittoria durò poco, perché compresi che oltre agli occhi aveva una voce.

-È il ragazzo di Elis. Trattalo come tale! - mi ricordai e il nervosismo scomparve all'istante.

Mi presentai senza allungare la mano verso di lui, aspettando invano di sentire il suo nome, di cui già ero a conoscenza. Ciò che fece, mi sorprese: non mi porse un saluto di circostanza, ma mormorò qualcosa di simile a: «Lo avevo capito, Ricciolina» e poi sorrise, lo stronzetto, sfiorandomi i capelli.

Perché mai lo stava facendo? Voleva far ingelosire Elis? Non aveva senso!

Quella ragazza moriva per lui, non aveva bisogno di stupidi giochetti.

Sbattei le ciglia, confusa, mentre lo sguardo di Ares assunse pericolose tonalità.

Per un istante, un momento della durata di un sospiro, un'illusione si spacciò a noi per una realtà concreta. Un'antica favola dimenticata fu sussurrata dal vento alle orecchie di un'anziana saggia, che la rivelò a un merlo, che la cantò volando sui tetti della città innevata, svelandola a noi.

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