Anne ricordava bene il giorno in cui aveva visto per la prima volta il signor Rochester, o, come lo chiamava semplicemente suo padre; il 'socio'.
Aveva circa dodici anni, era una ragazzina dai capelli indomabili, e suo padre cercava di sbancare il lunario con degli spettacolini nelle fiere estive fra Inghilterra e Scozia. Giravano parecchio, ma adesso erano tornati a Liverpool; ed era lì, che in un tardo, piovoso pomeriggio di ottobre, lo vide: era alto, con una bombetta color fumo a coprire la stempiatura di cui, col tempo, la giovane aveva compreso lui si vergognava parecchio; e come al solito, George Burns ordinò a lei di andare a preparare del tè, lasciandoli parlare di affari.
«Quella è la mia bastarda, sua madre era una vera puttana..», spiegò Burns, sedendosi con Rochester in salotto.
L'uomo diede una risata fredda, glaciale, mentre invece lei, ostinatamente, rimase concentrata sulla teiera. Le parole del genitore la continuavano a ferire, nonostante da tutta la vita, specialmente con estranei, ribadiva la sua posizione di figlia illegittima. Lei non aveva mai chiesto di sua madre, che da quanto aveva potuto intuire, comunque, l'aveva lasciata al padre e se ne era andata altrove. Non che potesse biasimarla, dato che era spesso un uomo intrattabile, e da quanto sentiva dire dalle giovani attrici e ballerine con cui collaborava, non era affatto quello che si poteva definire un gentiluomo, ma era pur sempre suo padre.
«Le figlie danno sempre grane..», fu il semplice, duro commento di Rochester, mentre Anne riempiva le due tazze buone di porcellana con il tè caldo, portandole ai due uomini, prima di tornarsene in cucina.
Dopo almeno una mezz'ora in cui li sentì parlare di soldi e varie questioni, sfogliando svogliatamente la sua consunta copia di 'Le Due Città', i due si misero cordialmente d'accordo, diventando così soci in affari.
Da allora lo aveva visto praticamente ogni giorno, per tutti quei cinque anni. A volte lo aveva visto fissarla coi suoi penetranti e glaciali occhi azzurri, un sorrisetto strano sulle labbra nascoste da spessi baffi. Se ci pensava ancora, un brivido le percorreva la schiena, facendole rizzare i peli sulla nuca. Ma in quel momento doveva concentrarsi e pensare ad altro. Seduta al vecchio pianoforte a muro, in un angolo del palco, davanti ad almeno una cinquantina di spettatori, fra cui forse due o tre parevano rispettabili, iniziò a suonare la melodia di una canzone popolare, che la migliore cantante della compagnia, Betsy, iniziò a cantare con la sua voce melodiosa. Parlava di raccolti, campagna, ed estate, oltre a una storia d'amore. Era quel genere di cose che generalmente attirava il pubblico, secondo suo padre, e spesso era così.
Con la coda dell'occhio, osservò le due ballerine mettersi a ballare, e alcuni uomini del pubblico fischiarono in modo volgare, cosa che capitava spesso. Suo padre, a dirigere il tutto dietro le quinte, alla sinistra della ragazza, con i suoi abiti di scena per lo spettacolo che aveva imbastito, e sarebbe iniziato subito dopo, sembrava ancora piuttosto pensieroso, e la cosa era normale, anche perché era morto il suo socio, nessuno al suo posta sarebbe stato pienamente nelle sue facoltà fisiche e mentali.
Appena ebbe finito di suonare e suo padre, iniziò il suo effettivo spettacolo — più precisamente, il terzo e ultimo atto — una produzione fatta un po' alla buona di 'Otello', Anne si mise lo scialle sulle spalle e uscì dal teatro. L'aria lì dentro era irrespirabile fra tabacco, alcol e sudore, e quando fu sulla strada antistante l'edificio, non vista, prese un profondo respiro, che le riempì i polmoni, rinfrescandole le idee.
«Vedo che vostro padre è tornato a lavoro..».
Anne sobbalzò. Alla luce dei lampioni a gas, già accesi visto che il sole stava ormai inesorabilmente calando, vide la figura dell'ispettore Roth, a cui sorrise lievemente, stringendosi sotto il tessuto dello scialle ricamato.
«Dobbiamo guadagnarci il pane, signor Roth», rispose lei, e una nuvoletta di condensa le uscì dalle labbra, per il freddo pungente che stava calando. «E se non tornavamo a lavoro, mio padre si sarebbe ubriacato di nuovo».
Il giovane uomo annuì con fare grave, lasciandosi così osservare dalla ragazza per un attimo di troppo. Era qualcosa di strano, sembrava qualcosa che aveva letto nei tanti libri che aveva preso in prestito negli anni, e aveva letto e riletto.
«Come mai è qui fuori, signorina?».
«Potrei farle la stessa domanda, signor Roth..», ribattè Anne, pungente. Se ne pentì subito, però il giovane ispettore schiuse le labbria in un lieve sorriso che appariva decisamente divertito, e anche, forse, imbarazzato. Una strana sensazione, come se le sue viscere avessero fatto diverse capriole, la riscaldò, procurandole anche un lieve rossore sulle guance.
«Colpito..». James alzò le mani, come se si fosse arreso, ridendo ancora una volta. Non capitava molto spesso, ad Anne, di poter stare insieme a giovani che avevano comunque all'incirca la sua età. Certo, c'erano le ballerine, o le attrici, ma molte di loro non erano esattamente un buon tipo di frequentazioni, e suo padre non la incitava a fare amicizia con i membri della compagnia. Era stranamente tassativo su queste cose, nonostante in genere apparisse burbero con la figlia. «Volevo chiedervi di fare una passeggiata, se vi va. È l'ultimo spettacolo, no?».
«S-sì, mio padre detesta avermi troppo intorno..».
E allora, come se avessero un tacito accordo, si avviarono fianco a fianco, il classico imbarazzo di due sconosciuti che li faceva stare vicini eppure a una distanza di sicurezza. Anne si stringeva fra le dita delle mani le braccia magre, come per darsi maggior calore, nonostante lo scialle fosse comunque abbastanza pesante da ripararla dal freddo londinese di quell'autunno.
«Mi chiedevo se voi aveste altri dettagli sul signor Rochester..».
Anne sollevò lo sguardo dall'orlo del proprio vestito, uno dei migliori che possedeva, nonostante fosse di fattura decisamente semplice, per fissare le sue iridi scure sull'interlocutore, mordendosi l'interno della guancia. Quando era andata a dare i propri sospetti a Scotland Yard, due sere prima, aveva detto tutto ciò che le era passato per la mente; poi aveva portato il giovane investigatore, col collega Roberts da suo padre e dagli altri membri della compagnia, e in quella giornata, invece, era stata decisamente tranquilla.
«Vi ho detto tutto, signor Roth, purtroppo so che non era molto, ma mio padre tende sempre a lasciarmi fuori dai suoi affari..».
James sembrò capire. Affondò le mani nelle tasche del suo cappotto, abbassando la testa su cui era calato il cappello un po' consunto che gli aveva visto sempre addosso. Sembrava in imbarazzo, un po' come lo era Anne. Per un attimo, la giovane desiderò di essere fra le pagine di qualche libro, magari 'Jane Eyre'; o proprio 'Le Due Città'. Lì i personaggi femminili avevano sempre qualcosa da dire, erano forti e volenterose. Per un po', lasciò che il silenzio veleggiasse fra di loro,che quasi temette che James udisse gli ingranaggi del suo cervello continuare furiosamente a girare, in un tentativo di ricominciare a parlare. Le vie dell'East End diventavano più popolose la sera, con i frequentatori dei bordelli che andavano in cerca di prostitute, le donne in abiti succinti, palesemente ubriache, che cercavano clienti agli angoli delle strade, per accoppiarsi poi in anfratti sudici, dato che gli uomini, solitamente, non adavano tanto per il sottile.
«Comunque, uhm.. A voi piace leggere?».
James la sorprese, riprendendo lui a parlare, di qualcosa, finalmente, che non riguardava la brutta circostanza che aveva portato i due giovani a fare conoscenza. «Decisamente, signor Roth. Voi?».
L'argomento, decisamente neutro, sembrò far rilassare l'atmosfera, e questa cosa, insieme al sorriso che le rivolse il giovane con la sua risposta affermativa ed entusiasta, le causò nuove capriole, e battiti accelerati.
NOTA DELL'AUTRICE
Buonasera gente! Sì, ho deciso di provare a iscrivere questa mia piccola opera ai Wattys, giusto per provare finalmente a buttarmi! Primo vero capitolo dedicato al POV di Anne, ragazza decisamente problematica. Per lei ho preso spunto da diversi personaggi di classici, mentre James, chiaramente, è ispirato a classiche detective stories, giusto per non farci mancare nulla!
STAI LEGGENDO
L'Uomo che Ride
Mystery / Thriller1886, Londra. Pochi anni prima che Jack lo squartatore terrorizzasse Whitechapel con la sua serie di brutali omicidi, il giovane ispettore James Roth di Scotland Yard, nella sua prima indagine ufficiale, si ritrova nel regno del vizio, in mezzo a vi...