1. Check-in e cibo per Archie

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Avevo sistemato le valigie, ero pronta a raggiungere i miei traguardi. Avevo un po' di soldi per ricominciare e in tasca tantissime speranze, tanti sogni. Presi un taxi per andare all'aeroporto e mi ritrovai nel traffico più assurdo di sempre. Ero nervosa, lanciavo sguardi ovunque, ero in ansia, stavo per intraprendere un viaggio, da sola, per allontanarmi da tutto e da tutti, per realizzarmi e trovare il luogo adatto per me ed il mio gatto, Archie.

Ero una persona con la mente dispersa però mi ritenevo piuttosto solare. Possedevo un letto ma dormivo spesso sul divano, andavo a dormire piuttosto tardi, i libri mi mantenevano alquanto sveglia. Ogni tanto scrivevo piccole poesie senza alcun senso, e per addormentarmi ascoltavo la playlist "suoni della pioggia" su Spotify. Vivevo in una città al sud d'Italia, e il suo noioso velo mediterraneo non mi attirava più come una volta. Infatti, mi stavo per trasferire in Inghilterra, data la mia ossessione per l'inglese ed il suo clima imprevedibile, adeguato al mio stato d'animo. Mutevole.

Quando il traffico si fece più scorrevole, il taxi accelerò facendomi ritrovare all'aeroporto in un batter d'occhio. Una volta fatto il check-in, andai direttamente alle sale d'imbarco, erano vuote e ne approfittai scattando un paio di foto che poi avrei messo sul mio profilo instagram. Dedicai cinque minuti ad un caffè squisito e ad un biscotto al cacao ricoperto con cioccolato al latte. Archie dormiva nel suo piccolo trasportino e lo guardavo con occhi da mamma innamorata, il che mi fece ricordare, dovevo chiamare mia madre.

«Mamma, sono in aeroporto, dieci minuti e salgo, volevo solo dirti che ti voglio bene e potrai venire quando vorrai a trovarmi». Lasciai un messaggio in segreteria, non rispondeva mai, sempre operativa, gestiva una ditta importante di costruzioni a livello mondiale. Mio padre, invece, non l'avevo mai conosciuto.

Dopo un lungo viaggio arrivai in hotel per niente stanca, con una voglia immensa di liberare la turista che c'era in me. Dovevo organizzarmi, fare una doccia, sistemare la valigia, comprare del cibo per Archie, e successivamente, farmi una bella passeggiata. Meritata.

Ero a Manchester, finalmente. L'hotel non era un granché, ma non potevo ancora permettermi un piccolo appartamento. Dopo aver fatto la doccia ed asciugato i capelli, misi un paio di jeans non molto stretti, una maglietta a caso, nera, e delle Vans ormai vecchie. Per coprirmi, un cappotto color beige. Dovevo uscire in cerca di qualche negozio per animali, un supermercato e tentare definitivamente di trovare un lavoro.

Quando uscii dal "Premier Inn Rochdale", la brezza mi "trafisse" la pelle e mi fece tremare. Nel mio piccolo paese in Italia portavo sempre Archie con me, ma essendo una città sconosciuta ai suoi piccoli occhi gialli, decisi di lasciarlo in camera.

Camminavo per strada come se conoscessi tutti i locali, le persone, i loro sguardi, come se fossi nata per vivere qui. Mentre i miei pensieri volavano da una parte all'altra, trovai un supermercato Tesco, e feci la spesa per il giorno e la sera. Un paio di panini, due mele, latte e acqua. Mi fermai in un bar, ordinai un caffè e latte e qualcosa di sostanzioso, era mezzogiorno e la fame si faceva sentire. Una volta finito, pagai e trovai a due passi dal bar, un negozio per animali, dove comprai il cibo per Archie.

Quando tornai in hotel, il mio piccolo amichetto peloso dormiva dentro il bagaglio, spensierato. Quando mi vide, saltò sul letto in cerca di coccole, decisi di togliermi i vestiti e mettermi la felpa della Champions, che usavo come pigiama. Archie si addormentò mentre la mia calda e dolce mano sfiorava con delicatezza il suo mantello color nero e provai a richiamare mia madre, la quale, questa volta, rispose.

«Sophia, cara, ho sentito il tuo messaggio. Perdonami, ero indaffarata. Come va la sistemazione?»

«Mamma, non volevo insistere, volevo soltanto avvisarti del mio arrivo, sono in hotel, la stanza è piccola e i muri sembrano di carta, però devo dire che è abbastanza accogliente. Archie è calmo e lo sono anch'io. è una giornata splendida»

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