La stanza era satura di peccato, ma i due continuavano comunque a far finta di niente. Mentre parlavano fitto fitto, non smettevano di guardarsi negli occhi, evitando però qualsiasi tipo di contatto. Era palese che i due volessero disperatamente possedere il corpo dell'altro, addirittura le ombre si rincorrevano sul pavimento della camera. Sì, la camera: non era grande, e l'arredamento era elegante ma non sfarzoso. Pareti bianche, due poltroncine di pelle nera, la scrivania di legno chiaro e una sedia da ufficio, anch'essa rivestita in pelle nera. I muri erano spogli, non fosse stato per un paio di quadri qui e là, chiaramente messi solo per non lasciare il vuoto.
Lui era un uomo sulla quarantina, avvenente quel tanto che bastava a reggere la sua intelligenza. Decisamente affascinante.
Lei, una ragazza di vent'anni, anche lei intelligente, impacciata ma naturalmente sensuale. Lui era senza dubbio rapito.
Si stavano raccontando le loro vite, quel pomeriggio. Si stavano spogliando di tutti i segreti che portavano dentro, prima di spogliarsi dei vestiti, anche se privarsi di questi ultimi sarebbe stato sicuramente più facile, comodo e meno doloroso per entrambi.
Mentre la conversazione andava avanti, sempre più fitta di confidenze, la ragazza si sbottonò a tal punto da permettere a una lacrima di rigarle il volto. Se ne vergognò, e molto anche, ma quando l'indice dell'uomo le sfiorò la guancia per cancellare quella riga di sconforto, sentì del sollievo dentro di sé crescere sempre di più, fino a quando i loro visi non furono così vicini da squarciare quel velo di candore e liberare tutte le fantasie ed anche le speranze: quando le loro labbra si incontrarono, l'errore era ormai stato commesso.
A quel punto non importava più chi fossero e dove fossero, le vite complicate, i problemi insolvibili, gli impegni. Il centro di gravità era spostato su di loro, proprio nel punto in cui le loro bocche si erano unite. Furono secondi infiniti quelli che li tennero uniti prima di riportarli alla realtà. Nell'attimo stesso in cui le lingue si sfiorarono, entrambi ebbero l'istinto di ritirarsi indietro, e di scatto il bacio si interruppe.
Tuttavia, ormai i sapori delle loro bocche si erano intrecciati e dividerli, in quella circostanza, era impossibile; e poi erano così vicini da sentire l'odore della pelle l'uno dell'altra, aprirono entrambi gli occhi, e appena i loro sguardi si incontrarono, fu chiaro che quello sarebbe stato solo l'inizio di un piacevole sbaglio.
Avevano aspettato, sulle spine, per troppo tempo ed ora che il bacio aveva definitivamente rotto gli argini del fiume della decenza, la cosa che più venne naturale alla ragazza fu afferrare un lembo della camicia dell'uomo, per tirarlo a sé il più possibile, ed approfondire la conoscenza di una bocca che aveva assaggiato con troppa fretta, e quel secondo bacio sapeva di sesso. Aveva il sapore pungente dell'eccitazione, e stranamente a lei non pesava. Questa volta lei non voleva fare l'amore. Voleva fare sesso con lui. Aveva voglia di concedersi a quella peccaminosa parentesi. I due desideravano così tanto quel momento che da quel bacio a ritrovarsi seminudi fu un attimo. Lei aveva cercato i bottoni della camicia, li aveva sbottonati uno ad uno per poi liberarlo da quell'inutile pezzo di stoffa e lui, nello stesso modo, stava liberando lei da un maglioncino troppo ingombrante. Senza staccare le labbra, si portarono a ridosso della scrivania, dove lei si poggiò a sedere, passando con le mani dalla schiena alla cintura dei suoi pantaloni. Prima di procedere oltre, diede uno sguardo al viso di lui, che aveva proprio quella espressione: perso nei meandri di quel bacio, si spingeva col bacino sempre più potentemente fra le cosce di lei. Il respiro le si fece più pesante, e strinse le gambe intorno a quel bacino che sfregava in modo via via più prepotente contro di lei. Anche i pantaloni di entrambi ci misero ben poco a finire chissà dove. A quel punto, un tessuto molto sottile divideva i due sessi, i quali, scalpitanti, reclamavano dopo tanta attesa il loro dovuto sollievo. Intanto, chiaramente, le loro mani scorrevano sui loro corpi come impazzite, il reggiseno era un ricordo già da tempo e la bocca di lui si stava lentamente avvicinandosi ai capezzoli di lei già turgidi. I respiri affannosi si erano fatti dapprima ansimi e poi piccoli gemiti, ad ogni colpo di lingua corrispondeva un suono che scivolava fuori dalla gola della ragazza e risuonava giù, nel basso ventre come una percussione.
Mantenendogli la testa sui propri seni, si stringeva ancora di più contro di lui, ed ormai sentiva il suo intimo così caldo e così umido che probabilmente gli slip erano bagnati.
Lasciò che l'amante si risollevasse e aggiungesse nuovamente le sue labbra, che morse intensamente, finché, con la voce piegata e arrochita dal desiderio, sussurrò su di esse
"Prendimi."
E lui la guardò, aprì la bocca per rispondere qualcosa, ma non lo fece. Si liberò dei propri slip ed evitando quelli di lei, la prese. Un urlo soffocato risuonò nella stanza, e i due tirarono contemporaneamente la testa indietro, esplodendo in un sospiro. Quell'attimo non fu come il bacio, infinito, ma fu veloce, desiderato, e lasciò subito spazio a profonde spinte che le sembrarono toccarle l'anima. Non erano colpi dritti, ma rotondi, armonici, e il movimento creato dentro di lei la portarono s stringere ancora l'uomo, affondandogli le unghie nella schiena e gemendo sulle sue labbra, in mezzo ai respiri profondi dell'amante che, improvvisamente, con la fronte imperlata di sudore e l'espressione contratta dal piacere, risultava ancora di più l'oggetto del desiderio che lei aveva sempre ammirato tenendosene alla larga il più possibile.
Continuava ad essere tutto sbagliato, mentre la sensazione che entrambi stavano aspettando iniziò a montare ad ogni respiro.
"Ancora, ti prego, non fermarti", implorava.
Lui annuiva, e le diceva che no, per niente al mondo si sarebbe fermato, che sarebbe rimasto in quel luogo caldo fino a morirne, e i gemiti si fecero sempre più forti. I respiri di lui ormai erano pesantissimi e lei strinse i pugni senza neanche accorgersene. Insieme alle mani, anche le gambe si irrigidirono, i muscoli che avvolgevano il sesso di lui si contrassero, strappandogli un gemito, e d'improvviso lei gettò la testa all'indietro ed un urlo, stavolta non era soffocato, squarciò il silenzio dell'ambiente.
E la stanza fu satura di peccato.
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Bunch of my bad things
Short StoryUn ammasso di tutti i miei racconti più fuori dagli schemi.