Lettera a Erre.

82 1 0
                                    

In silenzio sei andata vis, così, una domenica mattina di fine aprile. Si sta avvicinando il mio compleanno e ripenso al fatto che tanti anni fa, cinque dei miei compleanni li ho festeggiati con te, anzi, con tutti voi. E adesso ne compio ventuno.
Mi aspettavo che questa cosa non accadesse mai, pensavo di avere tutto il tempo necessario di dirti tutto ciò che, in questi anni, è maturato dentro di me. Poco male, mi starai ascoltando comunque.
Te la ricordi ancora quella lettera di Titti? Io si. È uno dei ricordi più belli che ho della mia infanzia che piano piano cadeva a pezzi.
Insomma, il punto è che a partire da quella lettera, da quel primo giorno di scuola, tu hai, insieme alle tue colleghe, per cinque anni, creato uno dei pezzi di quello che sono oggi, e adesso che non ci sei più, tutto questo mi sembra incredibile. Impensabile. È successo proprio a te, che col tuo fisico flebile eri più dura di una montagna. Eppure è così.
Volevo dirti tante cose, volevo dirti che ho scelto di prendere la tua stessa strada, volevo dirti che il modo in cui tenevi la classe mi ha ispirato come poche cose nella vita lo hanno fatto, e la mia scelta di voler stare dietro una cattedra con davanti un paio di dozzine di bambini incontrollabili è dipesa anche da te. Volevo dirti che col tempo ho capito cosa ti teneva lì dietro, ho capito la gioia e la grinta che ogni sfida educativa ti dava.
Di qui a pochi mesi dovrò fare domanda per un tirocinio in una scuola, e indovina a chi avevo pensato? Esatto, a te. Sei stata la prima persona a venirmi in mente quando ho iniziato seriamente a valutare a chi rivolgermi, perché eri l'esempio, in una scuola italiana che funziona e non funziona, tu eri l'eccezione che confermava la regola. Tu sapevi cosa voleva dire il bastone e la carota, realmente io ricordo più bastoni che carote, ma quei bastoni, oggi, mi permettono di non avere alcuna difficoltà con una lingua bella e complessa come la nostra, e io, che di lingue ora ne conosco quattro, ho capito cosa volevi dire quando ripetevi che la nostra era la lingua più difficile di tutte.
Invece non ho avuto tempo di poterti dire niente, e te lo dico adesso. Il tirocinio lo farò, ma purtroppo non con te, non avrò la possibilità di fare pratica con te che eri il mio esempio, di farmi insegnare ancora, ma non più l'italiano, bensì a essere un'ottima insegnante come lo eri tu. Ma mi impegnerò comunque, affinché i tuoi sforzi non saranno stati vani.
In fondo al mio cuore, avrai sempre un posto speciale, ma spero che dopo tante sofferenze adesso tu stia meglio. Ciao maestra.

Bunch of my bad thingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora