remember not to get too close to stars, they're never gonna give love like we

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Storia n.3

Il cielo ormai è blu petrolio, saranno le tre del mattino circa; forse in discoteca siamo andati un po' troppo per le lunghe ma la musica era bella, bellissima, e fuori tutto troppo squallido per essere guardato. Cerco freneticamente le chiavi di casa nella borsa, quando finalmente le trovo le infilo nella serratura e giro tre volte. Mi lascio il fresco della notte alle spalle, sostituito dalla sensazione di chiuso che mi provocano i muri di casa ogni sera, quando mi costringo a rientrare e abbandonare la consapevolezza delle stelle sopra di me. Appena entro in camera, facendo attenzione a non svegliare papà, mi chiudo la porta alle spalle e corro a spalancare la finestra. Mi appoggio al davanzale, anzi, più precisamente mi ci aggrappo, per impedirmi di cadere. Guardo fuori. Tutto è scuro, illuminato solo da quello che è rimasto della luna, probabilmente anche lei preferisce restare nascosta alla banalità di questo mondo, scegliendo di mostrare solo una piccola parte di sé. Faccio un profondo respiro e mi costringo a rimanere in piedi.

Prendo il pigiama dall'armadio e vado in bagno, quando passò davanti alla sua stanza chiudo gli occhi come sempre, preferisco non vedere quelle pareti spoglie e gli scatoloni pieni accantonati da una parte, in attesa che qualcuno se ne disfi.
Non appena entro in bagno la prima cosa che faccio è aprire la finestra. Apro l'acqua e mi bagno la faccia, come se volessi svegliarmi da chissà quale sogno, ma non succede nulla, solo il mascara che mi macchia le guance. Cerco di toglierlo strofinandomi gli occhi, ma faccio solo peggio. Sbuffando mi alzo sulle punte per prendere il cestino più in alto, con lo struccante.

Una volta pulita da tutto quel trucco inutile e bugiardo passo a spazzolarmi i capelli, intanto guardo lo specchio. Di solito le ragazze passano ore davanti allo specchio, si osservano e si ritoccano il trucco finché non vedono quella che per loro è la cosa più simile alla perfezione che si possa raggiungere con il fondotinta. Stanno lì a mettere e togliere, mettere e togliere per decine di volte l'eyeliner, finché tutti e due gli occhi non sono perfettamente identici, poi, una volta finito questo capolavoro di trucco hanno bisogno di almeno altri venti minuti per fissarsi alla specchio, ammirando e criticando il loro lavoro peggio dei giudici di un talent show. Io non lo faccio. Mai. E, badate bene, non lo dico per modestia, o per lodarmi, io non potrei fare altrimenti, visto che per quanto ci provi, nello specchio non vedo nulla, assolutamente nulla, se non una fugace ombra, ma quella non sono io.

Vedo solo un riflesso estraneo, e lo so, lo conosco da diciassette anni quel riflesso, ma ancora mi pare sconosciuto. Esco dal bagno senza essermi cambiata, i pensieri mi hanno rapito e mi rendo conto di avere ancora indosso il vestito solo quando sono di nuovo in camera. A quel punto non vale più la pena di tornare indietro. Mi butto sul letto senza darmi la pena di alzare le coperte o di mettermi qualcosa di più comodo. Non so neanche cosa ho intenzione di fare ora... di certo non dormire, se trovo banale la vita reale, i sogni sono anche peggio, che senso ha credersi felici solo per poi essere strappati da quel desiderio dopo pochi minuti? È una sofferenza inutile, che se non fosse per questo bisogno inutile di dover dormire, io eviterei...

Fisso il soffitto per un po', sforzandomi di trovare i disegni nascosti nelle macchie del legno. Quando per la centotrentesima volta li trovo tutti mi alzo. Mi avvicino alla finestra e mi arrampico sul davanzale, graffiandomi le gambe. Cado dall'altra parte. Da qui, sopra la collina, si vede il mare che impetuoso si abbatte sugli scogli, cammino e dopo appena due metri i miei piedi entrano in contatto con la rugiada e il fresco: l'erba. Mi lascio cadere sul prato ignorando tutto il resto. Il vestito si bagna e si macchia di verde, l'acqua arriva alle gambe e un brivido mi percorre la schiena. Mi sdraio completamente e i capelli si disperdono intorno al viso.

Alzo le braccia e le allungo come per voler afferrare una stella. Guardarmi le mani mi ricorda un sogno di cui mi vergogno, qualcosa che nascondo nella parte più profonda nella mente, che cerco di ignorare: Eravamo su un prato come questo, ma in riva ad un lago, intorno a noi tutti si godevano lo spettacolo dei riflessi sull'acqua, qualcuno suonava pezzi nostalgici con la chitarra.

Lui era affianco a me, mi prendeva le mani tra le sue e iniziava a parlare, riuscivo a sentire solo alcune delle cose che diceva, del tipo "sei bellissima", oppure "ti ho aspettato tanto", o ancora "sei mia dal primo respiro". Sono cose romanticissime, e un po' mi vergognavo di non averlo ascoltato, ma ero troppo distratta dai suoi occhi grigi che brillavano mentre mi guardava. Sono cose del tutto surreali, lui non avrebbe mai detto nulla del genere, non a me che sono così poco sdolcinata, eppure il solo incontrarsi dei nostri sguardi, è sempre riuscito a provocarmi i brividi lungo la schiena. Ora però lui non c'è, se n'è andato, si è lasciato alle spalle i fantasmi del nostro passato, il suo cuore spezzato, e anche me, che gli ricordo costantemente ciò che un tempo ha amato e perduto. è scappato da me, ma soprattutto da lei, dal ricordo di lei, diceva che il dolore era troppo forte, che non sopportava di vedere i suoi lineamenti nel mio viso; eppure io lo sopporto, vado avanti lo stesso, perché so che è quello che avrebbe voluto lei. Forse non l'amavo quanto l'amava lui? No, questo è impossibile. Ma io lo so che sono sbagliata fin nel profondo, il pezzo di un puzzle incastrato male, so anche che lui non è mai stato davvero mio, quel sogno, però, era talmente reale, talmente palpabile, che potrei credere sia successo tutto in un altra vita. Una vita meno banale di questa.
Continuo a fissare il cielo nella speranza di vedere qualcosa, ma so bene che non succederà niente di niente. Cosa dovrebbe accadere del resto? I miei occhi si riempiono di blu e mi addormento sforzandomi di trovare qualcosa che sia più importante delle stelle, dei colori, del ricordo.

L'amore, forse, o questa placida e breve esistenza?

END.

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