we fall apart as it gets dark

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Storia n.1

La tempesta è solita trascinare via i colori del sole, la pioggia spazza via ogni maschera, ti mette a nudo difronte ad un mondo fin troppo critico, ti ritrovi spoglio di quella tua innocenza con cui ti facevi scudo. L'acqua lava l'impurità, dirada l'opacità dalla mente. In queste fresche giornate si riesce a vedere attraverso quel velo traslucido che ricopre ogni cosa, però, a volte, la realtà che vi si nasconde dietro è troppo crudele per poter essere accettata.
Alice camminava a passo svelto e deciso, con le spalle dritte, stava attenta a mantenere lo sguardo ben fisso davanti a se, per evitare che qualcuno potesse scorgere nei suoi occhi un traditore squarcio di paura. Non avrebbe lasciato che nulla la scalfisse. Facendosi strada tra la gente canticchiava assorta, persa nel suo mondo senza quasi vedere i muri rigati d'acqua e i lampioni che emettevano un caldo alone in quella notte fredda.

Gocce d'acqua gelata le correvano lungo le braccia donandole uno strano senso di consapevolezza. Se non fosse stato per il soffio pungente del vento sulla pelle, il ruvido strusciare della seta sulla schiena o i capelli che le solleticavano il collo, Alice sarebbe svanita completamente in qualche buio luogo nella sua mente, in un groviglio di pensieri e congetture.

Nonostante lo sguardo assente, però, in fondo ai suoi occhi era ben visibile un velo d'arroganza e sicurezza, lei sapeva di essere forte senza il bisogno che nessuno glielo ricordasse, proprio per questo, a volte, si concedeva di chiudersi al mondo per dedicarsi all'esaustivo compito di racimolare tutte le farfalle che le si agitavano nello stomaco e chiuderle in una piccola scatolina nella mente, in modo che pensieri concreti e di senso compiuto le impedissero di sembrare debole.

Odiava lasciarsi guardare, temeva che, una volta scorta la parte più profonda di lei, quella dove si annidavano tutti i suoi desideri e le sue insicurezze, chiunque si sarebbe spaventato, o sarebbe inorridito.

Quando la strada affollata si interruppe, a ridosso della piazza, Alice si fece largo tra la gente, sfiorando o scostando talvolta qualcuno che le bloccava la strada. Girò in una delle vie laterali, che saliva, conducendo alla parte più alta della città. Più andava avanti, più la via diventava meno agevole, eppure la folla non diminuiva, anzi, erano aumentate notevolmente le persone che, a passo svelto, si avviavano alla ricerca dell'agognato divertimento, che, a parere di Alice, era solo una falsa aspettativa. Tutti si affannavano per un briciolo di svago, che alla fine, però, non ripagava i noiosi sforzi.

Quando riuscì a sentire la musica capì di essere quasi arrivata. Le note di una canzone sparata a tutto volume tremavano nell'aria umida, arrivando fino a lei. Si fece strada tra la calca di gente all'entrata della discoteca scostando tutti senza troppo riguardo, una volta dentro fu pervasa da uno strano senso di oppressione, le parve di soffocare. Una centinaia di corpi accaldati si dimenavano strusciandosi l'uno sull'altro, sotto le luci blu a led. Alice si costrinse a restare impassibile e si guardò intorno, alla ricerca di volti conosciuti, quando li trovò, in un angolo appartato, si affrettò a raggiungerli.

"Ti stavamo dando per dispersa" Andrea si alzò dal piccolo divano che divideva con altri tre e la raggiunse per baciarla. Alice gli sorrise lievemente prima di rivolgere lo sguardo agli altri, seduti intorno a un tavolino di vetro, posizionato ad un angolo della discoteca, stracolmo di bicchieri vuoti e cicche di sigaretta. "Grazie per la fiducia" Disse lei sarcastica, senza guardarlo. I suoi occhi cercavano impazienti due persone, ma non sembrava che la fortuna fosse dalla loro. "Mi fa piacere che la Francia non ti abbia reso meno impertinente" Lui la conosceva bene, e sapeva stare attento. Dopo anni aveva imparato a giocare col fuoco senza scottarsi. "ci vorrebbe ben altro" a quelle parole Andrea le sorrise sornione, senza replicare. "Perché il festeggiato non ci allieta con la sua presenza?" disse Alice rivolta a Claudio, che però non parve comprenderla, dato che al suono della sua voce alzò lo sguardo e le rivolse un versetto spaesato ed interrogativo. "Perché Julian non è qui? Mi sono scomodata uscendo di casa solo per salutarlo e avvertirlo che il gelo in svizzera potrebbe rovinare la sua delicata carnagione" Disse alzando la voce, con una nota di disappunto e sarcasmo evidenti. Una voce alla sua destra rispose: "è solo uscito a fumare, e non è necessaria la sua presenza per divertirsi"

Fece dietrofront e si diresse verso l'uscita ma una mano si strinse attorno al suo polso, fermandola. "Amore dove vai? Credevo volessi divertirti..." Disse Andrea "Sai che odio ballare, sono qui esclusivamente per dire addio a quello stronzo, voglio chiuderlo fuori dalla mia vita una volta per tutte" Disse senza voltarsi. Poi si liberò dalla sua stretta e corse fuori, sotto i colpi spietati del vento e l'odore acre del fumo delle sigarette. Si appoggiò al muro e, per quanto l'aria fosse viziata, face grandi respiri, cercando di prendere coraggio.

Aprì gli occhi di scatto, al suono della sua voce. "Non credevo saresti venuta" Julian la squadrò dall'alto al basso, si sentiva nuda e spoglia di qualsiasi indifesa difronte allo sguardo di lui, ma l'orgoglio le impose di drizzare le spalle e mantenere un espressione composta. "Di recente sbagli su molte cose" Lui le lanciò un sguardo di fuoco "Non tirare la corda Alice, anche io so mordere, e il mio veleno è più letale del tuo"

La continua sfida di due cuori, troppo incerti per non darsi battaglia, ma abbastanza orgogliosi per portarla avanti accompagnata da una falsa ma ben recitata soddisfazione.

"Credimi lo so, sono qui per salutarti, nient'altro" Distolse lo sguardo dalle pozze ambra che erano i suoi occhi, per rivolgerlo davanti a se, senza davvero vedere ciò che la circondava. Non le interessava. "Ora mi hai salutato" Disse lui atono.

Alice voleva, in qualche modo, trovare qualcosa da dire per trattenerlo, per fare in modo che quello straccio di conversazione continuasse, perché, anche se non lo avrebbe mai e poi mai chiesto esplicitamente, non voleva lasciarlo andare. Cercare di frenarlo era impossibile, lei l'aveva sempre saputo, Julian era un sognatore, qualsiasi parola sarebbe stata inutile. Era come tentare di afferrare il fumo a mani nude.

Fu lui a parlare, con sollievo di lei "Le cose non sono andate nel verso giusto, Alice. Io non volevo questo, e anche se sei troppo testarda per ammetterlo, neanche tu lo volevi" lei fece per controbattere, ma lui la zittì con un gesto della mano "Non interrompermi" disse con occhi lampeggianti "Sta zitta, per una buona volta. So che è così, smettila con questa tua recita" Le catturò i polsi e li portò sopra le loro teste, schiacciandola tra il muro gelido e il suo corpo caldo. "Sono stanco delle tue stupide bugie! Sei così egoista da non accorgerti che vicino a te ci sono persone che soffrono, ricorda che è per colpa del tuo orgoglio del cazzo se siamo in questo schifo di situazione" Lo disse avvicinando la bocca al suo orecchio, quasi ringhiando, le disse ciò che per tutti quei mesi avevano solo ignorato e represso, fingendo indifferenza. "Tu hai avuto paura, e hai preferito fare finta che io non esistessi piuttosto che affrontarmi, lasciarmi entrare" stavolta il suo tono non era aggressivo, le parlò quasi con dolcezza, mentre lei faticava a respirare. Julian spostò le labbra sul suo collo, trattenendola ancora con più forza conto il muro e sussurrò "La verità è che sei una codarda, amore mio" l'alito caldo di lui sulla gola le diede un brivido di elettricità pura, che cercò di inutilmente di ignorare. "Lasciami" Soffiò tra i denti. ma lui non si mosse, accostando una seconda volta le labbra, stavolta più su, sotto l'orecchio "Per favore" chiese ancora, e allora lui l'accontento, lasciandole liberi i polsi, ma senza scostarsi. La guardo, era soddisfatto ora, era riuscito a piegarla, se pur di poco. Le aveva ricordato l'effetto che poteva esercitare su di lei. La lieve nota di supplica e terrore nel tono di lei, un lampo trionfante negli occhi di lui, una soddisfazione squisitamente maschile nel suo sorriso.

Poi lei scivolò via dalle sue braccia e prese a corre verso la piazza, con le lacrime che le rigavano il viso. Quando, dopo pochi secondi, non resistette alla tentazione di guardare indietro, si voltò. Lui non c'era più, se n'era già andato, sfumando nel'ombra della notte. Aveva lasciato la presa, e lei allora capì che senza la sua mano a trattenerla, come aveva sempre fatto, sarebbe annegata.

END.

Spazio vongola:
Questo social è per me un modo di imparare e sperimentare, di certo non ho la pretesa di scrivere già racconti seri, ma con il tempo spero di migliorare il mio stile di scrittura.
Grazie a tutti se siete arrivati a leggere fin qui e...
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E... niente, latte e Pan di stelle a tutti! 🙃♥️

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