3. Danze dall'Inferno

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Cercai di stare tranquilla il più possibile ma era difficile.
Sapere di Mark mi aveva cambiato la giornata in peggio e oltretutto dire temporaneamente addio ai miei cari con quella faccia da cazzo in mezzo al party sicuramente avrebbe incrinato il mio umore già ad un passo dal tracollo totale.
Come poteva presentarsi così dal nulla dopo mesi di assenza, dopo avermi trattata come una stupida per anni, questo lo ignoravo.
Ben presto mi sarei accorta di quanto avessi sottovalutato quell'essere meschino.

Tuttavia quella sarebbe stata la mia ultima serata insieme ai miei amici e parenti e non volevo certo dare peso ad una singola presenza sgradita.
Avevo passato tutto il pomeriggio a prendere a calci e pugni i cuscini sul letto cercando di calmarmi, Astrid che era più lucida di me aveva poi ben pensato di far affogare la mia rabbia nell'alcol, a tal punto che poco prima di varcare il salone della festa a malapena mi reggevo in piedi. Non ero sbronza ma sicuramente la mia lucidità era andata a farsi un giro molto lontano dalla reggia.
Che beatitudine pensai è la mia ultima sera e stento a reggermi in piedi.
Astrid mi teneva saldamente a braccetto, pentita di avermi fatto bere quella quantità di alcolici.
"Ce la fai a reggerti in piedi?" mi chiese poco prima di farmi fare l'entrata in scena.
Le sorrisi sfoggiando un'espressione ritardata "Sto alla grandissima!" le risposi quasi urlando.
"Ssssh ma che diamine!" mi zittì "Vedi di riprenderti, non posso farti da badante tutta la sera!"
Alzai gli occhi al cielo svogliata "Stai tranquilla, mangerò qualcosina e vedrai che tornerò in forma".
"Si ok ma bada a non vomitare, mi hai promesso il vestito una volta finita la festa e non ci voglio il tuo sbratto sopra!"
"Serio? Ti importa più dell'abito che di una mia eventuale figura di merda?" domandai fingendomi offesa "Sei un'opportunista!"
"E tu un'ubriacona!" mi rimbeccò "E ora datti una sistemata che stiamo per entrare"
Mi portò le ciocche rossicce dietro all'orecchio cercando di ordinarmi i capelli, mi sistemò l'abito di modo che non sembrassi una scappata di casa e mi pizzicò lievemente le guance per far apparire un lieve rossore.
"Sei splendida" disse infine, con la voce che quasi le moriva in gola.
Guardai il vestito lilla scendermi delicatamente lungo il corpo fino alla punta dei piedi, piccoli diamantini incastonati ovunque quasi a farmi sembrare un lampadario di cristallo. I capelli tinta mogano erano stati raccolti in ciocche mosse e disordinate in una crocchia tenuta su da una piccola tiara, dovevo ammettere che Astrid era davvero brava ad acconciarmi.
Mi fece imbarazzo il suo complimento ma non potei fare a meno di sorriderle "Anche tu sei bellissima" ammisi "lo sei sempre stata".
Lei mi guardò con gli occhi lucidi, era la nostra ultima giornata insieme, mi si strinse il cuore al pensiero. D'ora in avanti avrei potuto vederla solo tramite lo schermo di un cellulare e nient'altro. Non sarebbe stata la stessa cosa ed entrambe lo sapevamo.
"Ti prego muoviamoci o scoppierò a piangere!" disse lei infine cercando di sistemarsi il trucco.
Eravamo dietro al grosso portone del salone da ballo, oltre quei pochi centimetri di legno si poteva già udire il vociferare delle persone, la musica e il banchettare allegro dei commensali.
Sarebbe stata una serata triste ma bella tutto sommato e, dovevo ammettere che nonna Ophelia era stata molto abile nel scegliere le decorazioni per il mio compleanno.
"Sei pronta Sophie?" chiese infine Astrid.
Non me lo feci ripetere due volte, annuii sicura ed insieme aprimmo la porta.


Quando entrai in sala tutti si voltarono, mio padre, il Re non fece niente di meno che annunciarmi con il suo gran vocione tanto da mettermi in imbarazzo.
"Ed ecco a voi la mia bellissima figlia Sophie signore e signori, la futura erede del Regno!"
Ci fu un forte scrosciare di applausi, tra mille e più volti che non riconoscevo.
Il salone era splendido, adornato dei colori marini che tanto mi piacevano, nonna Ophelia era proprio al fondo della sala seduta su un divanetto color crema e oro e mi osservava fiera come il giorno in cui venni al mondo.
Si alzò aiutata dalle ancelle e si incamminò nella mia direzione.
Gli ospiti si spostarono inchinandosi al suo passaggio, la Regina Madre quale era rappresentava un ruolo importante tanto quanto quello del Re.
Quando fu vicina mi prese dolcemente la mano e mi sussurrò all'orecchio "Sei bella come il primo giorno in cui ti ho vista, la Perla degli Oceani".
Sorrisi cercando di trattenere le lacrime.
Era un soprannome a cui tenevo molto quello.
Si basava su di una leggenda in cui una donna, figlia del dio Poseidone, si era innamorata di un mortale ma che, sentendo rifiutare il suo amore da quest'ultimo, aveva pianto così tanto da riempire le terre e creare i Sette Mari, per poi infine lasciarsi morire tra le onde. Si diceva che il suo cuore si fosse tramutato in una bellissima perla rimasta infine custodita nella leggendaria città di Atlantide, negli abissi del mare.

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