Capitolo 5.

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Interminabili minuti di silenzio seguirono la nostra entrata in macchina.

I ragazzi avevano deciso di prendere quella della famiglia Moore, in quanto era dotata di sette posti, e di guidare a turno: un'ora ciascuno così nessuno si sarebbe stancato troppo.

Al momento Chad impugnava con fermezza il volante, mentre di sottecchi lanciava delle occhiate furtive alla ragazza seduta al suo fianco: Isabelle. Sicuramente si stava chiedendo cosa fosse successo e perché la sua ragazza stesse fissando imbronciata le proprie mani, indecisa sul da farsi.

Dietro di loro, Daniel accarezzava i capelli setosi di Norah, sorridendole per rassicurarla e calmarla.

Scossi la testa e un sorriso affiorò sul mio viso: neanche in una macchina la mia migliore amica riusciva a stare composta. Non appena si era seduta al suo posto, subito si era distesa, accovacciando le gambe e poggiando la testa sulle gambe del suo spasimante.

Girai la testa verso la mia sinistra e ridussi i miei occhi in due fessure: il mio premurosissimo ragazzo stava già con gli occhi chiusi, tra le braccia di Morfeo.

Ma scherziamo?

Indispettita, racimolai dalla mia borsa le cuffie, le collegai al mio telefono, alzai il volume al massimo, cominciai a guardare fuori dal finestrino e mi feci trasportare dai Kodaline a tre anni fa, come se gli alberi davanti al mio sguardo si smaterializzassero per la velocità dell'auto, facendo prendere loro la forma di mille ricordi.

Una chioma prese la forma di una Norah goffa che, il primo giorno di liceo, inciampò e mi rovesciò addosso tutto il suo pranzo.

Io, inviperita com'ero per l'accaduto e l'agitazione del giorno, cominciai a rifilarle tutti gli insulti e le maledizioni possibili fin quando lei, con i suoi smeraldi incastonati all'altezza degli occhi, non mi folgorò per l'aria di innocenza, purezza e ingenuità che emanava.

Aveva sussurrato un flebile: <<Vieni con me in bagno, posso aiutarti a lavarti e prestarti dei vestiti.>>

Imbronciata più che mai le concedetti il beneficio del dubbio e la seguii.

Un'ora e mezza dopo avevo imparato che io e quell'impacciata avevamo molto in comune: dall'immancabile adorazione verso Grey's Anatomy ed ogni adone di quella serie tv, all'amore per i libri gialli, un buon Starbucks la mattina e tanta dose di caffeina durante il giorno, all'odio per i peperoni, i romanzi rosa e il troppo silenzio in una stanza.
Così, da quel giorno, non mi staccai più da quella ragazza dai capelli neri quasi sempre raccolti in chignon disordinati perché odia avere i capelli sempre davanti alla faccia o che le volano di qua e di là "potendole benissimo cavarle gli occhi qualche volta" – sue esatte parole a cui ovviamente risposi che a questo punto poteva benissimo rasarseli a zero.

Mai più dirò una cosa del genere a quella che poi è diventata la mia migliore amica.

Avevo rischiato di perderci una mano, visto che era pronta a bucherellarmela con la forchetta.

Il viso di Norah poi si tramutò in quello di Isabelle.

Da poco era entrata a far parte del nostro gruppo.

Noi ci conoscevamo tutti dal primo anno, mentre lei è entrata a far parte delle nostre vite al terzo.

Era una delle migliori amiche di Savannah O'Connor: regina indiscussa di ogni prom e della scuola stessa.

Non si è mai capito perché le due si fossero allontanate.

Fu un distaccamento improvviso: mentre un giorno erano insieme, l'altro non più e nemmeno quelli a seguire.

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