confusione

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- Ehi. -

Solleva sorpresa lo sguardo verso di me nel sentirsi chiamare.

È da tre giorni che non ci parliamo più, senza considerare i brevi cenni di saluto che ci rivolgiamo prima e al termine delle lezioni, e io non ho la più pallida idea del perché.
Per quando ci abbia riflettuto non sono riuscita a pensare a nulla che possa spiegare perché abbia cambiato di punto in bianco atteggiamento così drasticamente, passando come se nulla fosse da un'eccesso all'altro.

E così, dopo essermi scervellata per ben due giorni sul da farsi, e aver scartato opzioni come il pedinamento, l'interrogatorio forzato e la ben più semplice alternativa di rinunciare e basta, sono giunta alla conclusione che un approccio diretto debba essere la soluzione più semplice ed efficace con lei.

Per alcuni istanti ci limitiamo ad osservarci in silenzio.
Io carica di confusione, lei di stupore.

Nel giro di un paio di battiti di ciglia mi passando per la mente almeno una decina di tutte le possibili reazioni che Yukiyo potrebbe mostrarmi di qui a pochi secondi.

Tra quelle più gettonate troviamo:
un "ehi" di rimando, seguito da uno sguardo così freddo da ghiacciare il sangue nelle vene;
un "che vuoi?", seguito da uno sbuffo e un rapido sollevamento dello sguardo verso l'alto;
un "la smetti di scocciarmi!?", gridato con la stessa foga con la quale una settimana fa mi ha sgridata per averle toccato i capelli;
la semplice indifferenza: ovvero una rapida occhiata verso di me, seguita da uno sbuffo e un'alzata di spalle, per poi passare ad occuparsi di altro, come i libri che stava tirando fuori dallo zaino prima che io la interpellassi.

A pensarci bene, queste sono tutte reazioni che potrei avere io più che lei, ma ciò non è importante adesso.
Perchè ciò che Yukiyo fece dopo aver realizzato che l'avevo appena salutata fu ben più sconvolgente della semplice rabbia o indifferenza.

- Ehi, ciao Naru-tan! -

Strabuzzo gli occhi.
Devo aver sentito male.
Sicuramente ho sentito male.
Dopo tutta la freddezza degli ultimi giorni non può semplicemente salutarmi con un "Ehi, ciao Naru-tan!".
Eppure è proprio così. Il sorriso a trentadue denti che mi sta rivolgendo in questo momento è un'ulteriore conferma del fatto che non ho le traveggole.

- Che hai? -

Domanda corrucciando leggermente lo sguardo.

Sono quasi sul punto di tirarle un ceffone, ma mi trattengo.
Cos'ho io!?

- Niente. - Le rispondo dopo aver preso un respiro profondo. - Invece non c'è qualcosa che devi dirmi tu? -

- Io? - Replica lei con un'alzata di spalle. - No, niente. Perchè? -

Sarei tentata di risponderle con un bello sclero, uno di quelli in piena regola, un grido che possa spaccare i timpani a lei e le corde vocali a me. Ma all'ultimo momento mi blocco.
Non perché mi sia resa conto che se lo avessi fatto avrei sicuramente attirato l'attenzione di tutti i nostri compagni di classe (e molto probabilmente anche di qualcuno di passaggio per il corridoio), ma per il semplice fatto che mi sono resa conto di non provare affatto rabbia nei suoi confronti.
Neanche un po'.
Solo una grandissima confusione.

- È da quasi una settimana che mi eviti. Perchè? -

Dico senza troppi giri di parole.

Lei mi osserva in silenzio per alcuni istanti, soppesando con attenzione le mie parole.
Il suo sguardo non lascia trapelare nessuna emozione che non sia la sorpresa, dovuta alla domanda che le ho appena fatto, ma le sue gambe, strette tra di loro con forza, e i polpastrelli delle dita della sua mano destra, diventati ormai quasi completamente bianchi a causa della pressione che sta esercitando sul libro di inglese, dicono tutt'altro.

- Beh, come ben sai la settimana prossima inizia il periodo degli esami, no? - Mi risponde alla fine allentando la presa sul libro e sorridendomi ancora una volta. - E come probabilmente saprai, io non sono esattamente una studentessa...Come dire... Studiosa, insomma. Così da una settimana a questa parte alcuni miei amici che si trovano nelle stesse condizioni hanno suggerito di incontrarci ogni pomeriggio per ripassare tutti insieme. Non ho proposto anche a te di venire con noi, perché so che i nostri compagni di classe non ti vanno esattamente a genio, pensavo che ti avrei solo infastidito, così... -

Yukiyo continua a parlare per altri due minuti buoni, ma io non sento altro. Semplicemente non ci riesco a continuare a sentire questa valanga di idiozie.

Voglio dire, anche ammesso che lei abbia davvero iniziato a trascorrere i pomeriggi a studiare con i suoi amici, ciò non giustifica perché non passi più con me neanche la pausa pranzo e soprattutto perché non mi saluti più.

- Yukiyo... -

Lei si interrompe di colpo, puntando nuovamente il suo sguardo perplesso verso di me.

- ...Come va? -

Strabuzza gli occhi, forse chiedendosi se ha sentito bene.
Quindi scrolla sbrigativamente le spalle e mi rivolge un'ennesimo sorriso raggiante.

- Male. A te? -

- Non ne ho idea. -

Questa non è certamente la prima volta che ci facciamo a vicenda una domanda del genere, ma non mi era mai successo di soffermarmi più di un paio di istanti sulla sua risposta.
Visto il sorriso raggiante con cui la accompagnava ogni volta, sono sempre stata propensa a pensare che stesse solo scherzando o provando a fare la finta melodrammatica, ma se invece...
Avesse sempre detto la verità?

- Perchè stai male? -

- Perchè tu non ne hai idea? -

- Perchè non so quale sia la tua risposta alla domanda che ti ho appena fatto. -

- Ah boh. - Mi risponde allora con un'alzata di spalle. - Durante la pubertà sono frequenti gli sbalzi d'umore, no? E poi mi sa che mi sta per tornare il ciclo. Sarà colpa sua. -

Aggrotto la fronte, osservandola incredula.
Ormai non capisco più se mi stia prendendo in giro scherzosamente, decidendo di buttarla sul ridere, o se davvero sia convinta che io possa credere ad una risposta del genere.

- Ma fai sul serio? -

Yukiyo ridacchia nel vedere la mia espressione ed è quindi sul punto di rispondermi, quando la campanella suona, segnando l'inizio delle lezioni.

- Ne riparliamo più tardi. Non provare a scappare in cortile. -

Le dico prima di voltarmi e darle le spalle, pronta a dirigermi verso il mio banco.

All'improvviso però sento la sua mano  afferrarmi per il polso e tirarmi leggermente verso di lei.
Deve essersi alzata in piedi, perché la sento bisbigliarmi direttamente nell'orecchio.
Il contatto del suo fiato leggero e tiepido contro la mia pelle mi fa rabbrividire, ma non è nulla in confronto al fremito che mi scuote da capo a piedi solo un istante dopo, all'udire le sue parole.

- Narumi... Tu non hai bisogno di un filo del ragno. -

il filo del ragno //yuri//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora