Yukiyo è come un libro aperto.
Un bel tomo privo di indice e divisione in capitoli, aperto su una pagina a caso e scritto in aramaico antico.
La prima volta che l'ho vista, quando ancora andavo alle medie, non mi ha suscitato particolare interesse.
Certo, è alquanto inusuale per una giapponese avere per natura dei capelli così biondi e mossi (e so per certo che entrambi i suoi genitori sono giapponesi, perché li ho visti l'anno scorso, quando sono venuti a fare visita alla figlia durante un festival scolastico), ma apparte questo non aveva nulla di particolare.
Era solo l'ennesima ragazzina smorfiosa e piena di amici, incapace di stare da sola e di cedere la luce dei riflettori a chiunque non fosse ritenuto da lei "all'altezza".
Ovvero, chiunque non fosse un adulto o un suo familiare: gli unici esseri umani verso i quali si dimostrava sempre rispettosa e impeccabile.
A primo impatto mi ha dato l'impressione di essere una persona estremamente superficiale, ma ora che ci penso io stessa lo sono stata, etichettandola in quella categoria di persone senza neanche averle mai rivolto la parola.Quando invece ha iniziato a parlarmi, poco più di un mese fa, la mia opinione nei suoi riguardi è passata da "egocentrica e antipatica" a "l'essere più fastidioso e incomprensibile che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare".
Chiaramente con il passare del tempo passando più tempo con lei ho avuto modo di cambiare idea e ultimamente, con il fatto che ci siamo avvicinate così tanto, mi ero quasi illusa di essere riuscita finalmente a conoscerla davvero.
Inutile dire che mi sbagliavo.
Eccome se mi sbagliavo.Yukiyo non è la subdola e gelida yuki-onna nella quale tempo fa avevo pensato potesse rispecchiarsi, ma neanche la kuchisake-onna con il sorriso perennemente stampato sul volto.
Sono ancora convinta che sia lei il mio filo del ragno, ma si tratta di un filo così sottile e corto che, per quanto salti e mi sbracci per agguantarlo, è ancora lungi dall'essere alla mia portata.
La prima volta che mi si è avvicinata si è comportata in modo a dir poco assillante, imponendomi la sua presenza senza curarsi affatto di ciò che ne pensassi io.
Poi da assillante è diventata irritante, sorridendo beffarda ogni qualvolta riuscisse a farmi perdere la pazienza.
Quindi aveva iniziato ad insistere affinchè acconsentissi a farle fare su di me qualche sorta di "analisi psicologica", solo che non le avevo mai dato la mia approvazione e così alla fine aveva rinunciato.
Infine è diventata di punto in bianco più... Non so, più piacevole, forse.
Non mi assillava più ogni volta che ne aveva la possibilità, nè provava intenzionalmente ad irritarmi.
Certo, le frecciatine non sono mai mancate, ma se è per questo non sono mancate neanche le risate e le conversazioni "pseudo-filosofiche", con le quali ha dimostrato di non essere poi così superficiale come l'avevo sempre ritenuta.Vista da questo punto di vista, può sembrare che con il passare del tempo abbiamo imparato ad aprirci l'una all'altra (e vi prego, so che l'avete già fatto, ma non pensate male, è ancora presto per quello), ma in realtà non è affatto così, perlomeno per quanto riguarda lei.
Perché anche quando sorride vedo quegli hitodama bruciare nei suoi occhi e quando si irritata, non noto rabbia nei suoi gesti, ma solo un profondo terrore.
E quando rimane ad osservarmi in silenzio, a dispetto del sorriso caloroso che le illumina lo sguardo, la sento gelida come non mai.
E poi c'è quello sguardo che mi ha rivolto solo pochi giorni fa.
Quell'espressione vacua, anzi, vuota.
Come l'abisso nel quale fino a un mese fa mi sentivo sprofondare.E poi non sono ancora riuscita a rispondere alla domanda che più mi assilla.
Il primo dubbio che mi è sorto quando lei mi ha rivolto la parola per la prima volta.Perchè ha deciso di rivolgermi la parola?
All'inizio credevo fosse per una questione di interessi in campo scolastico, una sorta di "dare per ricevere", ad esempio: "io ti do questo cornetto e tu mi dai un bel voto, ok?".
Ma come ho già detto più volte, io non sono affatto una dei più bravi della classe e anzi, molti di loro sono già nella sua cerchia di amici.
Allora mi aveva sfiorato il pensiero che fosse stata spinta dalla compassione.
Magari nel vedermi sempre da sola alla fine aveva deciso di fare un'opera di carità e tenermi un po' di compagnia.
Ma non è il tipo.
So di aver detto solo poco fa di non avere idea di che tipo di persona lei sia realmente, ma di sicuro non perderebbe mai tempo dietro a qualcuno solo per compassione.
Quindi che avesse semplicemente scoperto di essere attratta da me?
Ma perché solo un mese fa e non prima?
E poi mi sembra alquanto improbabile che si sia potuta prendere una cotta per me solo considerando il mio aspetto.
Non che soffra di qualche strano complesso di inferiorità, ma obbiettivamente parlando so di avere un'aspetto che può rientrare giusto nella media.
E poi se si fosse tratto solo di attrazione fisica, non avrebbe avuto davvero alcun senso che se ne fosse resa conto solo dopo tre anni.La cosa più assurda di tutte però è il fatto che proprio adesso che ci eravamo avvicinate così tanto, ha improvvisamente iniziato ad allontanarsi.
Così, senza alcun motivo apparente.
Due giorni fa ha iniziato a non fermarsi più con me in classe dopo il termine delle lezioni, ieri non si è presentata durante la ricreazione, che ha passato in cortile con alcuni dei suoi amici, mentre questa mattina quando è entrata in classe non è venuta al mio banco per salutarmi.
Anzi, si è presentata in contemporanea allo squillo della campanella e il fatto che non mi fosse sembrata affatto preoccupata del suo quasi ritardo o sollevata di avercela fatta appena in tempo, mi fa pensare che sia stato tutto voluto.Quindi in sintesi cosa so di lei oltre al suo nome?
Che quando ride sembra triste;
che quando si arrabbia sembra spaventata;
che quando mi osserva in silenzio sorride con le labbra e grida con gli occhi;
e che mentre mi dice di non limitarmi a pensare, ma anche di dare voce a ciò che mi passa per la testa, lei mi da tanto l'impressione di fare tutto il contrario, ovvero di limitarsi a dire le cose, senza però pensarle.E già da queste poche osservazioni, piene di "sembra" e "mi da l'impressione", potete ben capire che, in sintesi, io non so assolutamente nulla di Yukiyo.
Solo che da un mese a questa parte è diventata il mio filo del ragno.
Un filo del ragno sottile e fragile che, dopo essere stato conquistato con tanta fatica, ora mi sta lentamente scivolando via dalle mani.
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il filo del ragno //yuri//
RomansAvete presente quella storia? Quella riguardante il filo della tela di un ragno. Avete presente, no? Quella continuamente abusata e rivisitata da tutti... Quella dove un criminale che in vita salva un ragno, dopo essere morto ed essersi ritrovato ne...