Capitolo 18

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Dedicato a NinaBlueStar.

~ * ~

Acker aveva tutta l'intenzione di passare la notte seduto davanti alla finestra della sua cabina a sorseggiare vino. La mente non ne voleva sapere di riposarsi, nonostante il corpo chiedesse requie.

Ripensò alla tempesta e al comportamento incomprensibile della duchessa. Perché voleva suicidarsi? Davvero vivere le era tanto insopportabile?

Aggrottò la fronte quando un'ipotesi si fece largo tra le sue riflessioni: non poteva escludere che la ragione dietro il gesto di lei fosse l'essere sua prigioniera. Il pirata aveva cercato in ogni modo di non trattarla come tale perché immaginava quanto dovesse sentirsi smarrita e in pericolo, tuttavia, forse a causa delle sue arrugginite buone maniere, la nobildonna poteva aver percepito il contrario.

"In ogni caso non la lascerò morire: non voglio seppellire nessun altro in queste acque, men che meno lei. Non ho ancora visto il suo vero sorriso, del resto."

Scosse la testa, infastidito da quella considerazione. Doveva smetterla di pensare a cose del genere, una buona volta: aveva fin troppi problemi da risolvere, non c'era tempo per i sentimenti.

"Sentimenti..."

Come la paura irrazionale che l'aveva colto al pensiero che l'austriaca sprofondasse tra i flutti. L'aveva vista annegare tra i neri marosi, farfalla di carta bianchissima sommersa dall'inchiostro, e aveva sentito qualcosa spezzarsi dentro di lui. Gli aveva ricordato il cadavere di suo fratello. Solo per questo l'aveva salvata; non c'erano sentimenti che lo legavano a lei, aveva agito per istinto.

In quel momento, non avrebbe saputo dire perché, gli venne in mente la strana visione che aveva avuto. Le parole della donna, la Morte, non avevano acquisito senso nel frattempo, ma gli parve di dover stare in guardia. Da chi o cosa lo ignorava.

Si portò una mano al petto. Poteva ancora sentire il gelo del pugnale, là dove la lama aveva morso la carne. Per qualche inesplicabile ragione quel sogno gli metteva addosso una strana agitazione. Si sentiva spettatore di qualcosa che stava accadendo a lui stesso e che non aveva il potere di fermare. Ma cosa stava avvenendo esattamente?

Bevve un sorso di vino, sperando che gli annebbiasse la mente.

~ * ~

La duchessa tremava sotto le coperte. Brividi di freddo le squassavano il corpo bollente mentre annaspava tra le lenzuola. Fiotti di sangue le salivano al viso, imporporandole le guance e arrossandole le labbra secche. I pensieri vorticavano senza posa, intervallati da immagini sconclusionate che la sua mente, sempre più distante e confusa, le mostrava. Sperava di scivolare presto nell'incoscienza.

Bruciava di febbre, ne era consapevole, e non faceva altro che darsi della stupida per essersi esposta alla violenza del vento e dell'acqua gelida senza batter ciglio. Ben le stava! Se fosse rimasta in cabina come le era stato ordinato non si sarebbe ammalata e nessuno le avrebbe impedito di compiere quanto voleva; l'avrebbero trovata quando sarebbe stato già troppo tardi. Invece adesso doveva dare spiegazioni ad Acker Tempest circa il suo comportamento e l'idea non le piaceva per nulla.

L'immagine del Pirata Grigio si fece largo tra quelle riflessioni: i capelli lisci e neri incollati al viso, la camicia che gli aderiva al torace, mettendo in risalto i muscoli sapientemente disegnati. Gli occhi grigio-blu taglienti e sconvolti che la scrutavano con un misto di rabbia e preoccupazione. Una fortunata goccia d'acqua gli era scivolata sul volto, accarezzando lo zigomo e l'angolo delle labbra.

L'austriaca voltò la testa di lato, cercando, senza successo, di scacciarlo dalla mente.

Percepì la stoffa bagnata sotto le dita come se si stesse ancora aggrappando a lui e un profumo che sapeva di mare e tè nero le riempì le narici. Ricordò il liscio velluto della sua pelle, nel momento in cui l'aveva sfiorata senza volerlo, e la possanza di quelle braccia che l'avevano sollevata da terra e portata lì, il senso di protezione che instillavano.

Si portò una mano agli occhi e li strofinò, come se potesse strappare via da sé quelle rimembranze. Ma nemmeno questo valse a qualcosa.

Sentì la voce roca del Capitano risuonarle nelle orecchie, accarezzarle l'epidermide in una minaccia che sapeva di promessa. Una promessa muta e suadente che riusciva a parlare al suo cuore e al suo essere donna. Si portò una mano al petto, il battito cardiaco accelerato e la libidine che cresceva in lei.

Bruciava di febbre e desiderio.

Lo immaginò distendersi al suo fianco, cominciare a baciarla sul collo, slacciarle piano le vesti. Incrociò le dita dietro la nuca di lui, tirandolo più vicino. Percorse i suoi lineamenti con le mani per poi scendere verso il pomo d'Adamo e ancora più giù, verso i pettorali ben delineati. Sentì i polpastrelli di lui sfiorarla, tracciarle linee invisibili sul corpo e provocarle altri brividi, diversi da quelli della febbre.

"No, no, basta..."

Qualcosa dentro lei protestò. Non poteva lasciarsi andare a quel genere di fantasie, nemmeno se causate dal delirio della malattia.

La voluttà che quell'abbraccio rovente emanava la trascinò di nuovo con sé. Le labbra di lui erano afrodisiache, calde, passionali. Eppure ebbe la forza di riemergere da tutto ciò: la morale le impediva di spingersi oltre.

‹‹Per favore, aspetta›› sussurrò debolmente.

L'altro non la ascoltò neppure. Non voleva saperne di lasciarla in pace. Non si sarebbe fermato finché non l'avesse fatta sua, lo comprese con una chiarezza disarmante.

‹‹No, lasciami›› cercò di spingerlo via, ma le sue mani incontrarono la resistenza delle coperte. Lui non si lasciò intimidire: divenne anzi più violento e impaziente. Le strappò i vestiti di dosso senza alcun riguardo.

‹‹Va' via!›› Lacrime rotolarono sulle guance mentre il terrore si dipingeva sul viso della bella duchessa.

Duchessa. Quanto, quanto valevano un titolo, un nome, un rango di fronte alla violenza che stava subendo? Non era per rispetto di queste formalità che lui si sarebbe dovuto fermare, bensì della sua dignità di donna e di essere umano. Invece le stava facendo passare quell'inferno.

Incrociò il suo sguardo mentre le schiudeva le gambe: le sue iridi erano fredde, distanti, nere come le ombre che si annidavano nel suo cuore. Era un demone. Nulla più. Non aveva nessun tratto del pirata che conosceva.

La nobildonna urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. La sua disperazione squarciò la quiete della notte. Soltanto allora aprì gli occhi, madida di sudore e ansimante. Si mise a sedere e premette una mano sul petto in un maldestro tentativo di calmare il battito impazzito. Era stato tutto un sogno.

Udì un rumore di passi rapidi, poi la porta si aprì con veemenza. Sull'uscio apparve Acker Tempest con una pistola in mano. Il suo volto esprimeva preoccupazione e stupore. ‹‹Che diavolo succede qui?›› chiese, entrando nella stanza con un paio di veloci falcate.

La duchessa scrutò il suo viso, diffidente, ancora turbata dall'incubo. Tuttavia i suoi dubbi si sciolsero nell'istante in cui incontrò le iridi di lui: il loro colore grigio-blu faceva trasparire tutti i tormenti celati nel suo animo, ma tra quelle tenebre non vide neanche l'ombra di quel nero così oscuro che l'aveva spaventata. Nonostante fosse un intrepido scorridore del mare aveva una sua moralità e non le avrebbe mai fatto violenza. Le sue fantasie non avevano fondamento alcuno. E forse questa era l'unica certezza che aveva.



~N.d.A.~

Ehilà, ciurmaaaa!

Avete trascorso delle buone feste? Spero di sì e, in ogni caso, vi porgo i miei auguri. ლ(╹◡╹ლ)

Sono tornata con un capitolo rovente (in molti sensi) che, spero, sia valsa l'attesa di tutti questi giorni.

Anyway, non vi tedio più.

A giovedì!

~Angel

The Revenge of Acker Tempest (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora