Confusione

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Bugiarda!

Ti odio, perché glielo hai permesso?

Ho paura, aiutami!

La fanciulla apre gli occhi di scatto, una figura minuta, vestita completamente di bianco, con il suo scalpitio tenue abbandona la stanza.

La giovane, ridestandosi dal suo stato di veglia, si alza, intraprendendo lo stesso percorso imboccato poco prima dalla fonte che ha turbato il suo sonno.

Le sue iridi malinconiche si posano nuovamente sulle pareti di quel tetro corridoio, non scorgendo nessun dettaglio in particolare. Esso è completamente vuoto.

"Che abbia perso completamente il senno?", si interroga, oramai rassegnata al suo destino.

«Ed è un male?», mormora all'improvviso una voce sconosciuta, facendo sobbalzare la ragazza.

Si volta di scatto, ritrovandosi dinanzi la figura di un giovane dalla carnagione lattea. Essa è imbrattata da delle labbra di un rosso cremisi, accostate a degli occhi color nocciola che richiamano la stessa tonalità di quelle ciocche ondulate che impreziosiscono il suo volto.

È vestito completamente di nero, mentre fissa la fanciulla con un'espressione incuriosita.

«Sei stato tu a turbare il mio sonno?», chiede confusa.

Il ragazzo si discosta dalla parete contro la quale si era adagiato e scuote il capo in senso di diniego, riducendo la distanza che li separa.

Di riflesso la fanciulla indietreggia.

«Non hai motivo di temermi», mormora il giovane con voce pacata.

«Non amo stare in compagnia e quando succede io devo...».

«Esercitare il controllo su ogni cosa, non è vero? Sistemare al meglio la maschera e recitare impeccabilmente il copione che ti sei imposta, lasciando che il mondo sia sempre un qualcosa di distante. Se è lontano non può feriti, la tua solitudine può essere calibrata, il dolore da essa scaturito è facilmente gestibile. Il tuo cuore riesce ancora a resistere, a sopportarlo», esordisce lo sconosciuto, interrompendola.

Lei resta in silenzio, aggrottando la fronte.

Le sue parole sono penetranti, si inoltrano in quel vuoto così estenuante per lei. Intimidita, si volta, ritornando alla sua quotidianità con l'intento di ignorarlo.

«Perché resti confinata così in profondità?», chiede il giovane, seguendola.

Lei fa spallucce, indicando le catene.

Prosegue per la sua strada, senza voltarsi.

«Non mi sembrano tanto invalidanti».

Con uno scossone il giovane le scuote, facendo sussultare la ragazza, che si gira, concentrando nuovamente la sua attenzione sulla figura dinanzi a sé.

I suoi lineamenti vengono sporcati dall'incredulità di quel gesto.

«Come ci sei riuscito?», chiede.

Stavolta è il ragazzo a fare spallucce, incrociando le braccia al petto.

Il silenzio li avvolge, risucchiando ogni cosa nel suo torpore.

«Era la bambina», sussurra all'improvviso il giovane.

«La bambina?».

Annuisce.

«Lo fa spesso, sai?

Sei tu che non l'hai mai ascoltata», continua a dire.

Aggrotta la fronte. «Che ci fa una bambina in un luogo simile?».

«Non lo so, dimmelo tu. È a te che appartiene».

La giovane lo fissa tramortita. «E questo cosa dovrebbe significare adesso?», gli chiede esasperata.

«Se vuoi, possiamo scoprirlo insieme».

La ragazza inarca un sopracciglio. «Quindi tu saresti una sorta di Virgilio?».

Il giovane scoppia in una risata fragorosa. «Oh, credo che l'Inferno di Dante c'entri ben poco con tutto questo, non trovi?».

La fanciulla annuisce, il suo viso si oscura.

Lei non è una semplice viandante, ella è l'Inferno. Un luogo angusto, tetro, svilito, non aperto a chiunque, ha un'accezione personale, individuale ed è questo frangente a renderlo atroce. Esso non può essere compreso.

D'altronde è naturale, quali parole potrebbero essere adatte per descriverlo?

Chi si cimenterebbe in un'impesa simile?

Ma soprattutto perché dovrebbero farlo?

Quando ti circondi di vuoto, esso è l'unica che ti resta. Un veleno corrosivo che lacera ogni parte del tuo Io, annaspi, cercando di proteggere quello sprazzo del tuo cuore capace di farti provare ancora qualcosa, ma a volte non basta. Si, perché quando riesce a contaminare il tuo centro vitale, beh, tutto è perso. La tua anima diviene evanescente, scomparendo del tutto. Diventi una semplice macchina di carne e sangue che vaga per il mondo, un destino terribile che nessuno noterà, fin quando i respiri di quel semplice automa non cesseranno di vivere. E solo allora, forse, nella confusione della morte, pochi osservatori attenti avranno chiaro quanto accaduto.

Le iridi della fanciulla sono vacue, mentre il giovane si accosta a lei e le sussurra ad un orecchio: «L'importante è cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'Inferno, non è Inferno, e farlo durare, e dargli spazio...»; (Italo Calvino, le città invisibili).

«Non è mai tutto perduto, si può sempre riemergere se lo si desidera», conclude infine il ragazzo, sorridendo.

Intreccia le sue dita a quelle della dama dallo spirito malinconico, conducendola fra i sentieri della sua prigione dimenticata.

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