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Bianco infinito

Era un bell'uomo, Adam Hogg. Un predatore nato, un gentiluomo dagli strani modi. Poteva sembrare pericoloso, un pazzo, per certi versi. E anche lui talvolta si definiva così. Gli piaceva quella parola. Aveva una suono duro, ci voleva cattiveria e rabbia per dirla nel modo giusto e ci voleva in aggiunta odio e tristezza mescolata a rancore per far venire i brividi. Era quello ciò che gli piaceva di più: quella piccola sfumatura che cambiava ogni significato. Certi pomeriggi, quando si sdraiava sul divano tortora e iniziava a rigirarsi la sua pallina da tennis (segno che qualcosa lo turbava), ripeteva quella parola talmente tante volte da farle perdere significato, la rigirava da sopra a sotto, la intendeva in un modo diverso, ci giocava e poi appuntava tutto ciò che secondo lui doveva essere appuntato sul suo tacquino. Nel primo caso, quando una persona diceva "pazzo" per cattiveria e rabbia, era perchè non conosceva il presunto malato di mente, ma lo considerava tale per il semplice motivo che era superiore, diceva cose che tu non avresti mai detto nè pensato, faceva calcoli che tu non saresti mai riuscito a calcolare, riusciva a ragionare come tu non avresti mai potuto. Ecco: persone come Maksym e Polina Kaminski conoscevano bene quel tipo di modo per dire "pazzo". Lo facevano spesso contro la villetta di Adam, che non ascoltava e si divertiva a scandire il loro accento ucraino e riderci un po' su, ignorando anche il resto delle brutte espressioni usate per descriverlo, dato che gli risultava tanto curioso ( non che ce l'avesse con il loro accento, sia chiaro ). E... insomma, nel secondo caso, quando una persona diceva "pazzo" per odio e tristezza mescolata con un pizzico di amore e rancore, era quando la vera pazzia prendeva il sopravvento, e la persona che ti sta accanto, nel tuo percorso verso l'Inferno, ti urla cascate di parole, ma per il tuo bene. Di questo brivido, però, Adam non ne sapeva nulla. Nessuno gli voleva tanto bene da aiutarlo a non oltrepassare i limiti. Nessuno gli aveva sussurrato all'orecchio quelle parole. Parole di odio e amore, perchè il confine tra le due cose non è spesso quanto sembra, anzi, è solo una patina sottile, che puoi attraversare facilmente, ci puoi guardare attraverso e osservare cosa potrebbe succedere ad unire le due cose. Ecco: questo lo appuntò sul suo tacquino come un piccolo scarabocchio che solo lui avrebbe capito. "Il tacquino indecifrabile di Adam", questo è il nome poco originale che i suoi amici gli diedero quando lo trovarono spalancato su un tavolino in vetro del salotto, dove l'uomo passava la maggior parte del suo tempo a pensare. Pensare e contare.

Lui affermava che contare lo aiutava a risolvere gli enigmi che si formavano nella sua testa. La matematica era la chiave di tutto. Bastava contare e prestare attenzione ai dettagli. Ricordò quando fu invitato ad un ricevimento, per non si sa quale motivo di preciso, e, preso dalla noia iniziò a contare. 62 invitati, 124 forchette, 186 piatti, 10 mazzi di fiori disposti lungo il centro della tavola, un grande lampadario al quale mancava l'undicesimo candelabro delle ventidue candele. Ed ecco che, trovata l'imperfezione di quella sala che tutti pensavano perfetta, si sentì meglio, perchè nulla è perfetto.

Era, quindi, anche una persona strana, Adam Hogg. In grado di attirare sguardi e attenzioni da chiunque, ma non in grado di mantenere a lungo la relazione. Con quegli occhi da gatto, di un turchese speciale, con una nota di freddezza in quello che sembrava il Paradiso e il volto perfettamente simmetrico, labbra rosee e carnose, mascella squadrata e capelli biondo ramato, avrebbe potuto far innamorare chiunque. E poi la sua voce... il suo modo di parlare era così intenso che faceva sciogliere il cuore e tremare le gambe. Con una cadenza lenta e una voce calda, costringeva i suoi ospiti a seguire il movimento delle sue labbra e, quindi, rimanere intrappolati in quello che era il "fascino di Adam Hogg". Ma non gli importava davvero ( e questa era una triste verità ), di avere tanti amici e non gli importava del giudizio della gente, di quello che andavano a spettegolare. Perciò faceva tutto ciò che gli pareva. E la legge non lo scalfiva minimamente, così come i sensi di colpa. Non vorrei annoiarvi, o mettervi in imbarazzo raccontando le stupide avventure di Adam. Ne avrei alcune pronte, come quella della Marijuana durante il matrimonio del Duca di Forshire, quando arrivò mezzo ubriaco, galoppando sul suo cavallo e pronto a fumare coinvolgendo anche i presenti, rimasti ovviamente scioccati da quella vista, oppure quando, dopo una nottata tra alcolici ed eroina, nel bel mezzo di Londra era uscito mezzo nuto dall'Hotel e aveva iniziato a cantare a squarciagola l'inno irlandese (Irlanda del sud, ovviamente), seguito poi da quello gallese. Insomma, avrete capito, lui esagerava sempre. Ma era il suo modo di essere e solo in pochi lo avevano capito.

La Trappola Del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora