La biblioteca
"Quando sei confusa, ripassa ciò che eri e ciò che hai fatto per poi andare avanti". Questa è una bella citazione, un consiglio che Lei diede a me e solo a me, per riflettere. Ebbene, eccomi qui, con un quadernetto dalla copertina rigida, con gli angoli smussati e fogli ruvidi, a quadretti, a scrivere... chi ero e che cosa ho fatto. Per capire cosa fare, perchè giuro, potrei impazzire.
La mia storia iniziò dopo. Dopo cosa?, vi starete chiedendo. Beh, dopo il suo arrivo. Era stato come una sberla in pieno viso, una di quelle che ti fa rendere conto che hai sbagliato tutto. Fin dal principio. Ma non posso iniziare direttamente da lì. Rimarreste confusi.
Io sono Margot. Vivevo in un quartieraccio in periferia di Shantalla. Sì, è un nome di schifo, ma si trova vicino a Galway, che, invece è abbastanza famosa. Di recente quel tesoro di Ed Sheeran ci ha fatto una canzone. Vivevo con il mio cane e mi guadagnavo da vivere rubando borsellini alla gente che passava (ero molto brava) e cantando nel locale di un amico. Già, cantavo. Era una grande passione, trasmessa da mia madre morta di cancro al seno. Ave atque vale (era professoressa di latino, praticamente parlo quella lingua meglio dell'inglese). Ho una bella voce, o così mi dicevano e dovevo sfruttarla per fare qualche soldo e per pagarmi la scuola, l'affitto, cibo e sigarette. Gli affari andavano bene, o meglio, bastavano per ciò che volevo raggiungere io. Un semplice lavoro in un qualunque palazzo fuori da questa inutile città. Volevo solo vivere una vita fuori da quella miseria. Fuori da quella casa che mi ricordava troppo della mamma. Mio fratello era già riuscito a scappare, lasciandomi da sola con il mio cane senza una gamba. Hope. Un dolce Carlino addestrato da guerriero. Perse la gamba in uno scontro tra cani e quindi lo lasciarono lì pensandolo morto. Lo trovai e lo portai dal veterinario. Lottai per convincere quello stupido dottore che c'era ancora speranza. Quegli occhietti mi avevano incantata. Non potevo resistergli. Ed ecco che lo adottai pure. Fui fiera di ciò che avevo fatto, ma mio fratello non era d'accordo. Dopo la morte della mamma era diventato violento. Il giorno dopo avevo un occhio nero. Ma ne era valsa la pena, perchè lui ne aveva due di occhi neri, e anche un polso slogato. Mi facevano bene quelle lezioni gratis di Mathias riguardo all'autodifesa. Bisognava prevenire a quei tempi. E sempre a quei tempi, non era facile. Se lo riaffrontassi adesso, quel bastardo di mio fratello, sarebbe morto e io non avrei un graffio. Ma purtroppo non ho idea di dove sia, forse rintanato in Russia. Era sempre stato il suo sogno, la Russia. Non so perchè ma era così. Ma non voglio parlare di lui. È solo uno stronzo e non si merita spazio nella mia storia. Insomma, per chiuderla qui, dopo quasi due anni che si lamentava, lo cacciai di casa, o se ne andò lui, non ricordo. Certe cose è meglio togliersele dalla testa.
Insomma, fatto sta che vinsi. Ma non ero felice. Non lo sarei mai stata, questo fu il mio primo pensiero. Gli amici andavano e venivano, morivano drogati, o investiti. Perchè funzionava in quel modo a Shantalla. Ben presto fui una dei pochi rimasti. Mi sentii come se fossi stata in guerra, un forte guerriero che ha visto tutti i suoi amici andarsene con una pallottola in testa o salvati da una ferita al piede che li ha rispediti a casa. Ma io non ne sapevo niente. Ero una stupida. E allora fumavo. Quando ero nervosa, fumavo. Quando non sapevo che altro fare, pur di non commiserarmi, fumavo. Quando ero depressa, fumavo. Quando qualcuno se ne andava, fumavo. Ero ormai una dipendente dalle sigarette. Non so da cosa nacque quel vizio. Forse proprio da mio fratello. Anche lui fumava. Mi insegnò lui come fare, mi comprò lui il primo pacchetto di sigarette. Ma non importa. A voi queste cose, probabilmente, non interessano.
Fu un brutto periodo. Tra droga, alcool, feste eccetera quasi lasciami morire di fame Hope. Non me lo sarei mai perdonata se fosse successo. Ma non successe e, in più, quella sera, in discoteca, avevo incontrato un ragazzo. Gilbert. Uno della zona, carino, alto, capelli scuri e occhi altrettanto marroni. Forse era un po' più piccolo, di qualche anno, ma per nessuno dei due aveva fatto differenza. Era speciale Gilbert. Forse un vero principe azzurro. Ci siamo conosciuti quando un ubriacone ci ha provato con me. Lui deve aver pensato che fossi anche io sbronza o peggio, ma in realtà ero appena arrivata e mi ero semplicemente messa a ballare con alcuni amici che poi avevo perso nella foga del momento. Perciò, me la cavai benissimo da sola, con un paio di pugni ben assestati, un calcio tra le gambee una gomitata tra le scapole. Era rimasto a bocca aperta, parola mia. Da lì siamo scappati dall'altra parte della sala, ai tavolini e ci siamo presentati e messi a chiacchierare con un buon cocktail davanti. Né io né tantomeno lui avevamo capito perchè si trovava lì. Buffo, lo so, ma lui avrebbe preferito essere a casa sua con popcorn e tv. Mi sentii leggermente offesa, ma lui di questo non se ne accorse, continuava semplicemente a guardarmi sorridente e a parlare. Dopo un po', però, mi venne un'idea. Gli chiesi di andare a casa sua e guardare un film con popcorn.
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La Trappola Del Diavolo
Misteri / ThrillerIl Diavolo può avere tante forme, può essere tante cose, può farsi credere tante cose. E anche qui si parla del Diavolo. Ma non esattamente quella presenza dalla pelle rossa e le corna e la coda a punta... piuttosto un'ombra, dal sorriso affilato, g...