Mia madre si asciugò con una manica le gote bagnate. Il suo sguardo era stanco e incupito, entrambe osservammo il tavolino lucido diventato improvvisamente interessante. Eravamo distratte e leggere, una leggerezza non da interpretare come assenza di problemi, ma come un tentativo da estraniarsi dalla realtà troppo pesante che ci circondava.
Nessuna di noi due aveva intenzione di proferir parola. Ci trovavamo bene in quel silenzio colmo di significato.
- Ho noleggiato un film.- disse improvvisamente mia madre piegandosi per prendere la sua borsa nera lucida, dalla quale afferrò una copertina rigida che recitava "Now you see me".
Scattai sull'arte ti sullo sgabello, era da tanto tempo che non vedevo un film insieme a mia madre, o che non facevo una qualsiasi altra cosa assieme a lei. La guardai elettrizzata e corsi in salone per accendere la TV, lei intanto mi seguì con passo lento e con un sorriso sulle labbra,così bello quanto raro da vedere, i capelli dorati le incorniciavano il volto e ricadevano in morbidi boccoli sulle spalle strette in una giacca nera.
Ci sedemmo sul divano in pelle ed io mi allungai sulle sue gambe.
Iniziammo a vedere il fil, durante tutto il film continuavo a pensare a come sarebbe stato bello utilizzare anche io la magia, come i protagonisti del film, poter scomparire con ampi gesti o poter imbrogliare gli sguardi con uno piccolo, pur sapendo che tutto quello era solo illusione.
Dopo circa un'ora chiusi gli occhi solo per un momento, le palpebre erano così pesanti..
Quando le riaprii mi sentivo più leggera. Non ero più sul divano, ero fuori, sulle scale del giardino di casa. Una macchina color cremisi si fermò sul via letto, dalla quale scese un uomo, con la testa china, che faceva fatica a stare in piedi correttamente.
Indossava una camicia bianca macchiata e abbottonata male e un pantaloncino sgualcito e strappato all'altezza del polpaccio.
Si avvicinò con passo traballante alla porta.
- Mi scusi, signore. Credo che abbia sbagliato casa.- avanzai di qualche passo e delle foglie colorate dall'autunno scricchiolarono sotto il mio passaggio.
L'uomo si voltò e il suo sguardo vitro mi si puntò addosso, ma non sembrava mi stesse davvero guardando. Il suo sguardo mi passò attraverso.
Lo guardai in faccia e mi parve di riconobberlo in alcuni volti sfocati di fotografie strappate trovate in soffitta , in un giorno di curiosità, furiosamente seppellite in uno scatolone. Lui era mio padre.
L'uomo si girò e proseguì verso la porta, prima che si chiudesse sgusciai dentro casa.
Si sedette su una poltrona bianca dopo aver preso una birra dal frigo.
- Te ne devi andare. Questa non è più casa tua! Non lo è più da molti anni ormai!- tenendomi a distanza continuai a urlare ingiurie tenendomi a distanza. Non sembrò però sentirmi, guardava il vuoto con lo sguardo perso.
Mi avvicinai di alcuni passi timorosa.
- Mi hai sentito?! Non puoi entrare qui come se nulla fosse.- cercai di impormi.
La porta di casa scricchiolò una seconda volta.
Sussultai.
Mia madre entrò con delle buste della spesa.
Sembrava strana, stanca, fragile, trasandata, con i capelli crespi raccolti in una disordinata cipolla e l'andatura gobba.
- Mamma! Lui è in salotto. Avevi detto che non sarebbe arrivato prima della settimana prossima. Ha bevuto, è ancora alcolizzato. Lo sapevo. Non dovevi fidarti. Chiama qualcuno. Caccialo!- dissi velocemente gesticolando allarmata.
Lei tranquillamente iniziò a riporre gli alimenti negli scomparti a loro dedicati.
-Mamma?- chiesi timorosa avvicinandomi al suo volto.
Si girò di scatto facendomi sobbalzare.
Mi passò oltre e non sembrò avermi notata. Ma io avevo notato la sua pancia, teneramente rigonfia, annuncio di una dolce attesa.
stavo per dire qualcosa quando un rumore di vetri infranti mi fece girare di scatto. Sulla soglia della cucina era apparso quell'uomo.
Si avvicinò pericolosamente a mia madre e la prese per i capelli. Lei tentò in tutti i modi di ribbellarsi, ma tutti i suoi tentativi furono vani.
Le arrivò una manata in pieno volto, poi un'altra.
-Bastardo!- urlai prendendo il primo oggetto che mi capitò a tiro scagliandoglielo conto.
Continuai così per un po' ma non riuscii neanche a spostarlo, anzi sembravo quasi indurlo a stringere la presa sul fine collo di mia madre.
Ad un tratto poco più lontano da dove mi trovavo vidi un grosso coltello per la carne. Lo presi velocemente e lo conficcai nella schiena di quel mostro, così da allontanarlo da mia madre.***
Mi svegliai accaldata sul divano.
Mi guardai intorno: ero sola, il film era stato rimosso e riposto nella sua custodia giacente sul tavolino in vetro e di mia madre nessuna traccia.
Poco dopo udii alcuni sussurri provenire dalla cucina.
Mi avvicinai e schiusi la porta. Era mia madre che stava parlando al telefono.
- No! Ti ho detto che non posso, mi sono presa la giornata libera... Non ci pensare proprio, oggi non lavoro... Non mi interessa. Che se ne vadano al diavolo.... Te l'ho dett... Ma .... Okay... Vengo. Dammi 10 minuti. Ciao.-
Attacco il telefono passandosi una mano fra i capelli, si buttò a braccia conserte sul tavolo ed il suo sguardo si perse fuori dalla finestra per pochi minuti prima di sospirare ed alzarsi.
Corsi verso il divano e mi ci buttai fingendo di dormire. Non so perchè avessi fatto questa cosa però ero sicura che se fossi stata sveglia gli avrei detto di restare e l'avrei fatta sentire combattuta o peggio, le avrei vomitato addosso tutti gli improperi che mi venivano in mente e me ne sarei salita in camera.
Sentivo i suoi passi leggeri avvicinarsi al divano, fermarsi, la sentii respirare forte e poi allontanarsi verso la porta.
Se ne stava andando, di nuovo, e non avrei fatto nulla per fermarla.
Aprì la porta e uscì. Poco dopo, quando sentii le gomme della macchina stridere sull'asfalto, aprii gli occhi e mi misi a sedere sul divano.
Sapevo di non avere nessuna ragione logica per avercela con lei, ma la rabbia iniziò a farsi strada, annebbiando la mia ragione. Iniziai a maledirla mentalmente, a maledire il suo stupido lavoro, quella stupida chiamata, i suoi superiori ed infine i gemelli.
Tutto sembrava riportare a loro.
Guardai per un tempo sconosciuto un punto definito della stanza decidendo sul da farsi.
Presi un libro dallo scaffale dei libri ancora da leggere, presi le chiavi è una giacca e mi diressi spedita verso un parco non molto distante da casa mia che veniva frequentato di rado, se non da quelli che abitavano nel quartiere.
Mi sedetti su una panchina e mi immersi nel mio piccolo grande mondo personale della lettura e della fantasia.
Più facile a dirsi che a farsi.
Con quei pensieri nella testa leggevo parole che non assumevano un vero significato nella mia testa.
Mentre ero assorta nei miei problemi sentii una voce alle mie spalle.
- Hey bambolina!-
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Odi et Amo
RomanceGiada, estroversa, forte e intraprendente, condivide la propria vita con i suoi quattro migliori amici, ma a rendergliela più movimentata ci penseranno i due gemelli che, con scherzi e provocazioni, metteranno a dura prova la sua pazienza.