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Atterro all'aeroporto di Linate. È una giornata acida, uggiosa. Di quelle in cui il grigio ti entra nelle ossa. La città sembra avvolta in una cappa di fumo. Immersa nella sua penombra. Ho le mani sudate e lo stomaco un blocco di marmo. Mi fermo al bar per bere un caffè e ingannare il tempo dell'attesa. Dovrei mangiare qualcosa, anche se non ho fame. sono due giorni che non mangio. Magari uno di quei croissant alla marmellata esposti sul bancone. Sono invitanti.
ho detto a Diana che ero di passaggio. Che arrivavo in aereo dall'America e che dopo un'ora sarei ripartita per Napoli. In realtà sono qui apposta per lei, per rivederla e ritrovare le mie radici.
Il barman mi serve il caffè.
«È amaro», dice.
«Grazie», rispondo.
Non mi va il caffè. Il solo odore mi disgusta. Lo lascio nella tazza, zuccherato.
È strano che Diana non sia ancora qui. Forse ci ha ripensato. La immagino varcare con passo lento la soglia di casa e poi tornare indietro. Sfilarsi il cappotto prima di lasciarsi cadere sul divano d'ingresso.
E invece, dopo un po' arriva. Leggera. Ossuta. Segnata dal tempo.

Noi Due Oltre Le NuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora