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London, 1935.

The Dying swan, Camille Saint-Sëins.

James era seduto in una delle comode sedie scarlatte del Duke of York Theatre, quella sera. Daisy aveva insistito tanto perché fosse presente.
Era buio, tutto intorno, e solo la straziante melodia del pezzo risuonava dagli archi dell'orchestra del teatro.
Un solo, unico faro, puntava sulla fragile ed elegante figura di Daisy sul palcoscenico.
I movimenti aggraziati e morbidi, il sorriso velato di malinconia.
Sulle punte, in bilico, ampie gestualità delle braccia per simulare un battito d'ali più fragile, che si spegneva insieme al cigno che il compositore aveva voluto rappresentare.
Daisy era meravigliosa, candida ed eterea nel suo tutù bianco e in quelle scomode e flessibili scarpette che solo col tempo era riuscita a sopportare.
I due protagonisti del pezzo erano il violoncello e il pianoforte. Il primo a rappresentare il leggiadro incedere del cigno, il secondo lo specchio delle acque scintillanti di un lago.
E ovviamente Desdemona, leggiadra, la degna continuatrice dell'arte di Anna Pavlova, la bella ballerina per cui Saint Sëns aveva composto quel pezzo.

...

Anche tra le pareti disadorne del vecchio casale di caccia della sua villa sul Tamigi era risuonata, vibrante, quella stessa melodia.
Si erano creati un po' di spazio, tra i teli impolverati che coprivano casse e attrezzature.
James aveva sistemato sul fondo della stanza un grosso specchio, per lei, e poi avevano trascorso in quei luoghi infiniti pomeriggi di prove "private".

"Dai rifai da lì, da quel punto!"

Lo aveva richiamato lei, col viso in fiamme e accaldata dagli sforzi.
Indossava le scarpe da ballerina, i lacci semisciolti ma nessun tutù, solo una gonna sbarazzina e i capelli sciolti e selvaggi a incorniciarle il viso.

"Devo riprovare questo passaggio"

James l'accontentò. Aveva improvvisato lo studio de la morte del cigno apposta per lei.
Benché fosse un pezzo scritto esclusivamente per violoncello, era riuscito a ben adattare il pezzo alle corde del proprio violino.
Era un'ottima scusa per stare insieme, un'ottima scusa perché James potesse perdersi nella sinuosità di quei movimenti aggraziati quando lei non guardava.

Daisy canticchiò il punto in questione. Era il finale.

"Credi che riesca a rendere l'idea di un cigno che muore?"

Domandò irriverente, avvicinandosi a lui.

James rise, abbassando il proprio violino per scorrere lo sguardo su di lei.

"I tuoi occhi sono così pieni di vita che a un cigno morto non potresti mai somigliare, Desdemona".

Daisy si finse offesa a quel commento.

"Stai mentendo, violinista da strapazzo".

Gli prese il mento con una mano e James la lasciò fare.
Sì, mentiva, ogni suo movimento, ogni sua espressione era perfetta.
La leggerezza e l'eleganza di quei movimenti erano come una droga per lui, non avrebbe smesso mai di studiarli, di perdercisi coi pensieri, coi sogni.

Allora non poteva sapere che in realtà sarebbe stato veramente così, e che l'avrebbe fatto per tutta l'eternità.

An ordinary nightmareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora