Capitolo 3

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Erano passate settimane dall'ultima volta che ero stata in ospedale: i giorni precedenti erano stati piuttosto stancanti; forse era per questo che quel venerdì sera avevo esagerato con l'alcool; o forse era perché non avevo amici, o forse perché nonostante fossi invasa dalle cose da fare, non riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo che la settimana prima avevo incontrato in ospedale.
Quella sera però, ero in ospedale non per aiutare, ma per essere aiutata:
Il sangue affiorava repentinamente dal mio fianco ed ogni pulsazione del mio cuore, aumentava la quantità che ne fuoriusciva dalla ferita.
Era luna piena, e la temperatura era rimasta costante per tutta la giornata, intorno ai 20 gradi.
Tuttavia nel mio corpo si diffondeva calore, come fossi vicino ad un fuoco; ero stesa per terra, sull'asfalto tiepido e graffiato dalla moltitudine di macchine che vi erano passate sopra.
La macchina capovolta aveva la maggior parte dei finestrini rotti, i quali vetri mi avevano provocato la maggior parte di emorragie che erano presenti sul mio corpo.
La mia mente era annebbiata e non ricordavo la dinamica dell'incidente; l'unica cosa che mi era rimasta impressa, era l'immagine della morte passarmi accanto mentre il mio corpo veniva scaraventato dall'interno della macchina, al suo esterno.

Appena uscita dall'ambulanza che mi aveva accompagnato dal lugo dell'incidente all'ospedale, mi portarono in sala operatoria e li, caddi in un sonno profondo.
Quando mi svegliai, immagina che fossero passate poche ore da quando mi ero addormentata, e francamente, non avevo la minima idea di quanto fosse accaduto poco tempo prima. Pochi minuti dopo i ricordi iniziarono a riaffiorare nella mia mente, ed ecco, il mio corpo scaraventato fuori dalla macchina. Ad un certo punto, dietro un vetro che separava la mia camera dal corridoio, scorsi mia madre, con le lacrime che le rigavano il volto, stretta attorno a mio padre, il quale le pronunciava parole di conforto.
Avevo la vista appannata, tuttavia i miei occhi dovevano essere ben aperti dal momento che appena i miei genitori si accorsero che mi stavo svegliando vennero da me.
Mio padre mi diceva che sarebbe andato tutto bene e nel frattempo mia madre si muoveva avanti e dietro per la stanza nervosamente. Non dormiva da molto e si vedeva.

I giorni successivi in ospedale passarono tranquillamente e per fortuna, riuscii a studiare normalmente nonostante le mie condizioni.
Sebbene facessi il 4^ superiore, i miei studi erano progettati già verso l'università, dato che i miei professori, ma specialmente i miei genitori, volevano indirizzarmi verso un futuro perfetto, basato su principi fondamentali.
Per quanto amassi loro due, e tutto lo sforzo che negli anni precedenti avevano versato e continuavano a versare nei miei confronti, tal volta avrei preferito essere una ragazza più normale da questo punto di vista: questo stile di vita mi aveva privato di tutto ciò che per gli adolescenti era normale: feste, amici, ragazzi.

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