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La pioggia cadeva a scrosci alterni, riversandosi al suolo con fragore.
Una figura correva sotto ad essa, saltando le pozze formate negli avvallamenti dell'asfalto. In un unico movimento, sistemò il cappuccio, che teneva tirato sopra la testa, e sollevò il bavero della giacca di pelle rossa che indossava. Una sciarpa color sabbia svolazzava sopra la sua spalla destra; i jeans neri, bagnati, erano infilati in un paio di anfibi.
Si rifugiò sotto ad un portico, stretta fra una vetrina e il muro d'acqua. Poggiò la schiena alla parete bianca e si lasciò scivolare fino a terra, sedentosi sulle mattonelle fredde. Si tolse il cappuccio e spostò i capelli biondi su una sola spalla, accarezzandoli lentamente. Rivolse lo sguardo di ghiaccio verso il cielo plumbeo, muovendo le labbra in parole senza senso. Si passò una mano sul cranio e si infilò una ciocca in bocca distrattamente.
Da dietro di lei udì arrivare il suono di passi, e poi una voce.
- Ehi, che ci fai qui? - a parlare era stato un quindicenne alto, con un cappello fradicio in testa e pantaloni neri larghi. Mosse un piede in avanti, e da esso arrivò il suono dell'acqua che era, probabilmente, entrata nelle sue Nike.
Il ragazzo rifece la domanda,sedendosi accanto a lei. La fissò per un istante e dopo sbuffó.
- Perché non rispondi? -
- Perché non lo so nemmeno io. -
- Cosa non sai? -
- Il motivo della mia presenza qui. - l'altro scosse la testa.
- Almeno sai da dove vieni? - lei, a seguito di una pausa si silenzio imbarazzato, fece segno di diniego.
- Il tuo nome? - rilanciò lui.
- È l'unica cosa che ricordo. Diamante. -
- Ma scusa, non ricordi niente? Nada? Nothing? -
- Ricordo il mio nome e questo. - tirò fuori da una tasca un pezzo di pergamena arrotolato e chiuso da un sigillo di ceralacca rossa, con sopra un simbolo che non aveva mai visto: un lupo che ulula alla luna. Si accorse che era aperto.

- Posso? - lei annuì.

- Perché ti fidi di me? Non mi conosci! - e srotolò piano il foglio.

- Perché lo dice il mio istinto. E tu, perché lo fai? - il ragazzo sorrise.

- Allora Diamante, io sono Tom. Posso leggere? -

- Certo. Nessuno te lo impedisce. - e ricambiò il sorriso.

Tom fissò la grafia precisa, scritta con tratti mutevoli e con inchiostro vecchio. Non sembrava opera di una penna. Prese un respiro profondo e iniziò a leggere.

Cara Diamante,

spero che tu possa leggere questa lettera il più presto possibile. La maga che ti ha addormentata dice che devo darti solo le istruzioni. Bene.

Per prima cosa troverai una mappa in questa stessa lettera. Dovrai seguirla fino al Castello dove il tuo corpo è addormentato; dopo andrai da un ragazzo che ti aiuterà nella tua missione. Essa consiste nel raggiungere il Palazzo di Ferro del Clan dei Vendicatori. Nelle fondamenta custodiscono una sfera di luce, l'Anima della maledizione che annienterà noi sovrani. Tu sei stata mandata nel futuro per liberarci. Dovrai, però, affrontare molte sfide, durante le quali non avrai la tua memoria. So che non sembra molto, ma tu sei la nostra unica speranza.

OCCHI DI DIAMANTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora