The End.

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Ho sempre desiderato sentire Quinn urlare.
Ma non da dietro la porta della sala parto del Sydney Hospital.

Immaginavo di sentirla urlare per via di qualcosa che entra nella sua vagina, non che esce.

Quando Dio ascoltava le mie preghiere devo essermi spiegato male.

Dopo un'ora nella sala parto, urla, teste che si intravedevano fra le sue gambe e tante tante urla, mentre sono addormentato nella sala d'aspetto, un infermiera esce con un una piccola coperta blu che avvolge un bambino che non faccio in tempo a vedere poiché lo porta via in un'altra stanza a passo svelto.

Quando il chirurgo esce dalla sala parto sembra esausto. Tanto da asciugarsi con il dorso della mano le goccioline di sudore sulla fronte.

Mi alzo di scatto con le gambe doloranti quasi correndo verso di lui.
«Posso entrare?» non mi preoccupo più di tanto a salutarlo.
Mi osserva mentre si toglie i guanti di plastica blu.
«Sei il padre del bambino?».
Scuoto la testa per dire di no.
«Sono solo un amico. Posso vederla?» richiedo.

Lascia un altro lungo sospiro prima di mettermi la mano sulla schiena, portandomi verso le sedie scomode su cui sono stato seduto per ore da solo.
A quanto ho capito il bambino doveva nascere tra due settimane e i suoi genitori sono ad un corso di ceramica ignari di tutto.

«Meglio se ti siedi».
Mi giro nuovamente verso di lui guardandolo negli occhi più azzurri dei miei.
«Sono le 3 del mattino, sono qui da un'ora, ho dormito su questa sedia scomoda, non la vedo da quando è scesa dalla macchina. Voglio solo vedere come sta» dico irritato. Pochi minuti di sonno non fanno molto bene al mio umore.

«Non puoi» afferma.
«Perche?!».

Mi afferra la spalla con una presa stretta, guardandomi intensamente con gli occhi lucidi.

«Non ce l'ha fatta. È morta».

Non realizzo fin da subito quelle parole. Sbatto gli occhi più volte e diventano lucidi solo quando capiscono che quello che stanno vedendo e quello che le mie orecchie stanno sentendo non è una fantasia.
No. Quinn è morta.
Quando una persona diventa la tua abitudine giornaliera, non pensi mai che un giorno possa scomparire. Pensi che finché tu esisterai, esisterà anche lei.
È come se ti strappasserò via un pezzo della tua vita, perché quella persona ne faceva completamente parte. Capisci che potrai rivederla solo nella tua testa, perché sai, che solo lì, dentro di te, non morirà mai.
Perché morte può rubare la presenza fisica delle persone, ma non può far scomparire il ricordo che abbiamo esse.
Quando qualcosa a cui tieni scompare, solo allora capisci quanto abbia influenzato sulla tua vita.
Capisci che ogni minima cosa ha le ore contate. Che ogni cosa finirà. Ma non sai che potrebbe finire così presto.
E quando te ne accorgi è sempre troppo tardi.

«Nah scherzo. Mi piace vedere la faccia dei pazienti quando lo dico, le loro lacrime mi divertono. Tra mezz'ora potrai vederla».

***

In tutta quella marea di neonati nelle loro culle, non è difficile capire chi è quello di Quinn. Ha la stessa faccia di cazzo di Ashton. E gli stessi polmoni della madre, urla da quando è uscito dalla sala parto. Sarà un bambino molto calmo.
Non capisco come Quinn sia riuscita a far nascere una creatura così bella, insomma considerando che è un spermatozoo di Ashton Irwin. La cosa mi sorprende parecchio.
È così piccolo e innocente.
Mi posiziono dietro il vetro che separa il corridoio dalla stanza di tutti i neonati, avvolti da coperte rosa e celeste.
Quando le infermiere capiscono che il bambino non smetterà mai e poi mai di urlare, dopo averlo lavato lo prendono per portarlo dalla madre.

Resto fermo sulla soglia per un po'. Non per cercare di non essere invadente, ma perché vedere la scena di Quinn che tiene per la prima volta in braccio suo figlio, che solo a contatto con lei smette di urlare, mi fa piangere a fiumi.

Chastity // Luke Hemmings. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora