00 | Estate, 1973

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00 — Estate, 1973

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00 — Estate, 1973

           

     Strana l'estate del 1973.

     Il mantello chiazzato delle Grandi Pianure cade di velluto sulla schiena ambrata di Buffalo County.  Con lunghe e fitte distese di coltivazioni a grano, bassi fusti d'alberi da frutto e capannoni vuoti ricopre la sua pelle lentigginosa. Sono le tre del pomeriggio e la macchina agricola che regola la magra economia del luogo sembra essere fossilizzata sotto al calore invadente dell'aria. Il solleone regola, come un sergente con la fanteria, l'attività sprigionando raggi e sudore a suo piacimento: nessuno sta a tranciare le spighe ritardatarie con aratri, evoluti macchinari d'agricoltura intensiva o dita insanguinate di fatica campestre quando il cielo pare un inferno in fiamme. Solo il frinire di cicale a battere sui timpani, solo il pizzicato di quelle lunghe zampette moleste e l'arco di crine a scivolare sui campi vuoti. Conseguenza imprescindibile è il principio cardine che scandisce la vita rurale, la legge non scritta scolpita negli annali di quel posto dimenticato da Dio: il cielo s'apre del tutto, le nuvole si spostano lasciando campo libero al bollore estivo, il vento non s'appiccica più sulle gote paonazze e umidicce; giù dai trattori, dagli aratri e via al fresco delle proprie tane, rintanati in un letargo al sapor di limonata ghiacciata, rischio congestione annesso - questo è il principio, vizio di tutti. Dondolanti sotto agli alberi o sbracati su fresche lenzuola di lino, non fa differenza. Si tiene sottocchio l'orologio appeso alla parete, ché appena le lancette battono sulle quattro e mezza si ritorna al lavoro di braccia. Per ora basta rispettare la legge del riposo e non mettere piede fuori; meglio assaggiare una rotella di liquirizia salata che il sale dell'arsura sulla pelle.

     Welcome to Kearney, the Great Platte River Road: la vecchia Dobytown sulla Pista dell'Oregon, la vecchia Kearny senza la e di troppo - residuo di dettatura affrettata -, s'affaccia sul corso Nord del Platte, l'acqua calma del Nebraska che l'ha battezzato. I quartieri di prefabbricato traballano alla base d'argento del mantello, sfiorati dalle Grandi Pianure e dalla Grande Siccità. In questa cittadina di trentamila anime c'è chi, preso da guizzi frenetici di ribellione, quel solenne postulato decide di mandarlo al diavolo. In qualche cortile, infatti, intorno a quella massa color pastello di case in compensato, qualcuno trasforma con lame di forbici arbusti sempreverdi in siepi dalle forme pittoresche e pianta fiori sradicati da chissà quale terra ospitale; si alza al cielo il pollice verde come torcia olimpica, sbandierando quell'utopia di vita che negli inferi su terra nasce pian piano. Qualche metro più in là si sta come colonie animate di nani da giardino, a strappare i viluppi d'edera parassita e assassina dai muri; l'erba secca tra le fughe delle travi in veranda fa la stessa fine, condanna capitale per aver intoppato l'armonia dei tre chiodi - quello a destra a fissare, quello a sinistra a trattenere, quello al centro a consolidare. Quei teatri d'assi legnosi dal sapore vagamente Impressionista resistono inanimati alla canicola senza tentennare al minimo acciacco.

     Che la regola vada all'inferno pure per i lavoratori dei giorni alla giornata - o sfaticati che cercano un impiego giornaliero per redimersi dai sensi di colpa. In fondo alla via, tre operai stanno vestiti con pesanti tute in acetato ed elemosinano torpore ad Apollo trionfante; si dividono i compiti tra catrame crivellato di vecchie buche sparse e macchine vibrofinitrici arrugginite. La gestione comunale non se ne preoccupa molto, sono semplici ditte autogestite che si prendono la briga di rimettere apposto le strade di quartiere. La sostituzione degli aggeggi non sta in nessuno dei tre programmi prossimi all'elezione - senza stupore, nessuna novità. Sono le donazioni dei cittadini che sorreggono fiere il piccolo universo di Kearney. E mentre il popolo Atlante trattiene anche la dignità di quel microcosmo rimasto alla base della scala sociale, il cielo s'allarga ancora portando in parata quei raggi accecanti e dolorosi che s'infilano nella retina a raschiarla.

     In quella cerchia di normalità, in quel rullino d'autoscatti e quotidiana fatica, le anime inquiete degli abitanti pregano di non ritrovarsi un morto sulla coscienza, la loro o quella di qualche famigliare. È Ray Hott, un bel ragazzo originario del Montana, figlio di mandriani, ad essere come caduto in una voragine poi richiusa su se stessa, scomparso nel nulla assoluto e più buio. La voltante della polizia sta parcheggiata di fronte al commissariato, inerte davanti alla spianata di fondamenta rotte che la signora Hott implora di costruire. Lei piange da mesi sul corpo in bilico del figlio, il padre si riposa dal sole della canicola e spera con la moglie.

     Il sole picchia ancora e le mani placide, come il Platte in secca che scorre a qualche miglia di distanza, dei fratelli Hartford aspettano con impazienza qualche neonato alito di vento a riportarli a casa, mentre quei brividi bollenti ricoprono le scapole allo sbando dello Springwater Supper Club.

     Strana davvero l'estate del 1973 a Kearney, Nebraska. Strana come la distesa di papaveri rossi nati nel mezzo dei granai dorati ed inospitali, merito di quella verace madre ferrigna di gioie e dolori, di mostri e bellezze, di vita o di morte terrena. Arcigna aguzzina di brividi e sudore - oh, natura.





  ©metaphysika


Questa è la nuova versione di quella che è stata Little Black Submarines, poi Dog Days e Black Dog Days, ora definitivamente Bolero.
Più avanti - sperando di arrivarci - si capirà il perché del titolo.
Ho pubblicato il prologo e spero abbiate pazienza per il primo capitolo, come al solito.
È Fatemi sapere cosa ne pensate, spero vi piaccia!

buona serata! Un bacio

Nico xx

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 11, 2019 ⏰

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