||Race Problems|| Ludwig Beilschmidt

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"Su, su! Sali nella soffitta!" La incitò una giovane donna, mentre con passo incerto si aggirava nella casa. Cominciò a salire le alte scale che conducevano ad una botola, stringendo le mani sul freddo metallo.

Con sé non aveva più nulla, se non i vestiti che indossava e le sue origini. Saliva le scale lentamente, arrivando poi alla botola, la aprì ed entrò nella soffitta.

Era larga e spaziosa, grigia, piena di polvere. La botola si chiuse d'improvviso con un tonfo, lasciandola da sola. 

L'unica fonte di luce era una piccola finestrella rotonda, posta sul lato ovest della stanzetta.

Non c'erano mobili ma la vecchia signora si era premurata di farle avere una coperta per non farle patire il freddo d'inverno.

Era riuscita, grazie ad un colpo di fortuna, a scappare in Italia da Berlino, ma nonostante non fosse in balia dei nazisti anche i fascisti non scherzavano, così se ne stava quatta quatta nella soffitta di una vecchia amica di famiglia.

Appoggiò la schiena al muro e tirò un sospiro.

Finalmente poteva considerarsi salva.

Prese un chiodo, appoggiato a terra in un angolino ed incise per terra "9 gennaio, 1942".

Così i giorni passavano ed il pavimento si riempiva di scritte, più flebili nei giorni tristi e più scavate nei giorni di rabbia.

Tristi, certo che c'erano giorni tristi: solo lei. Si era salvata solo lei, e non c'era giorni che non pensasse alla sua famiglia, ancora in Germania. Cosa avevano fatto di male? L'essere ebrei era una cosa così grave?

Rabbiosi, ovviamente c'erano anche quelli, e nella grande soffitta venivano lanciate imprecazioni contro il Führer, ed in generale, contro il Partito Nazional Socialista.

Era passato più di un anno. Non aveva idea di cosa stesse succedendo al di fuori di quelle quattro mura. Ogni tanto guardava fuori dalla finestrella e vedeva solo e soltanto soldati.

Italiani o tedeschi, su e giù per le strade. Così vicini ma allo stesso tempo così lontani da lei. Poi un giorno vide qualcosa che le parve assurdo. Tedeschi che sparavano ad italiani. Italiani che sparavano ai tedeschi.

E così andò avanti per giorni, finí settembre e ricominciò l'inverno che, gelido, avvolgeva l'Italia come un mantello di ghiaccio.

Ed altro tempo passava, ormai quasi non si ricordava più come parlare, ogni movimento era diventato più rigido e la coperta non bastava più a scaldarla.

Guardava fuori dalla finestrella, semi nascosta nell'ombra, guardando in alto le stelle e poi in basso le strade, dove si vedevano soldati camminare giorno e notte.

Poi un giorno qualcos'altro la sconvolse. Americani. Americani in Italia. Inizialmente era preoccupata, che avessero sconfitto l'Italia? Poi capì tutto. Era chiaro che l'Italia aveva firmato un armistizio con gli Alleati, e questo spiegava perchè si sparassero gli uni contro gli altri per le strade.

Ma cosa sarebbe successo ora ai tedeschi? Certo, lei sarebbe potuta tornare libera, ma cosa sarebbe accaduto alla sua gente?

La botola si spalancò. Non era orario di pranzo, né di cena, per cui si avvicinò curiosa, cercando di capire il perchè di una così improvvisa incursione nella soffitta.

Dalla botola sbucò un uomo. Era grosso, biondo e con gli occhi azzurri, se non fosse passato tanto tempo avrebbe potuto giurare fosse tedesco, ma non ci avrebbe scommesso una mano.

Era anche incredibilmente bello, e vedere un'altro volto umano dopo tanto tempo le pareva un sogno. Forse era un angelo?

In quella soffitta mangiava poco e niente e moriva sempre dal freddo. Che fosse arrivata la sua ora?

Di lui sbucava solo la testa e, appena si accorse della presenza di (nome) la guardò stupefatto.

Entrò completamente nella soffitta, richiudendo delicatamente la botola dietro di sé.

Incerta, la (c/c) si avvicinò all'uomo, studiandolo sempre da più vicino.

Indossava la divisa militare tedesca, quindi ci aveva azzeccato. Continuava a pensare che fosse bellissimo ed osservò che era davvero robusto.

Appena lei fu abbastanza vicina le tese la mano, aiutandola ad alzarsi e si presentò:

"Ludwig Beilschmidt, piacere di fare la vostra conoscenza, schön" (bella)

Disse, in un pessimo italiano.

"Ich spreche Deutsch" (parlo tedesco)

Lo rassicurò lei, facendogli tirare un sospiro di sollievo.

"Gott sei Dank" (grazie a dio)

E restarono nella cantina ancora per un bel po', parlando regolarmente e tenendosi compagnia, non sentendosi mai soli.

E piano piano anche i loro sentimenti si univano, crescendo in armonia tra i bombardamenti della città e gli spari.

Poi, finalmente, la guerra finì e dopo tanti anni tornarono a vedere il mondo, con occhi diversi.

Si innamorarono, si dichiararono e convissero per un bel po', fino a quando Ludwig non si propose. Che, per fortuna, non era più un problema legato alle razze.

Per troppo_cecio

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