Morte 死

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17 ottobre 2014   - Hikari Kamiya -
Nonostante il mese è insolitamente caldo e il sole che penetra della finestra è quasi fastidioso.
Pensavo che sarei riuscita ad abituarmi al clima di Tokyo, ma ormai erano quasi tre anni che vivevo lì e ancora non riuscivo a capacitarmi che da quanto inquinamento c'era, la notte non si vedevano nemmeno le stelle; per non parlare del caldo afoso che si percepiva d'estate a causa dell'umidità.
Per me che ero nata in una delle regioni più fredde del Giappone tutto questo era insopportabile.
" L'esame di domani verterà sui dieci capitoli che abbiamo visto questo semestre, vedete di essere tutti presenti alla prima sessione oppure potete scordarvi di passare il mio corso!" disse con un sorriso compiaciuto la dottoressa di Biochimica riordinando i libri e uscendo dall'aula; ormai erano le 17. 30 e le lezioni erano finalmente finite.
Gli studenti uscirono tutti e alla fine rimasi sola, "Mi domando perché quella volta ho accettato di fare la capoclasse!?"  Dissi tra me e me prendendo il registro e verificando che fosse tutto in ordine.
Il corridoio vuoto dell'università era stranamente inquietante, l'edificio era stato ricavato da una vecchia scuola superiore risalente ai tempi del dopo guerra, i pavimenti in legno ogni volta che ci camminavi sopra scricchiolavano rumorosamente ma alla fine ci facevi l'abitudine, anche se i primi periodi pensavo che sarei finita al piano di sotto se avessi calpestato l'asse sbagliata.
Lo scricchiolio del legno mi ricordava il porticato della casa dove vivevo da bambina; a ogni passo il suono delle scarpe sulle assi riecheggiava per tutto il piano ed il legno era talmente lucido che il sole ci si rifletteva sopra come se fosse uno specchio d'acqua.
"Potrei fermarmi in biblioteca dopo aver consegnato il registro e dopo andare ai combini* vicino a casa per la cena, non ho voglia di cucinare"; superai le varie aule, i laboratori e la mensa; stavo per svoltare l'angolo e superare il laboratorio di Chimica ma la porta scorrevole si spalancò di colpo, venni afferrata per un braccio e trascinata dentro.
Il laboratorio di Chimica era inutilizzato da quando usufruivamo dei nuovi laboratori analisi all'ospedale vicino, ad ogni modo era buio, sporco, polveroso e pieno di cianfrusaglie che non venivano toccate da anni.
L'oscurità mi impediva di riconoscere il viso della persona che mi aveva bloccato contro l'armadio dei solventi; le boccette di liquido vuote tintinnavano dentro la vetrinetta come campanelle a vento, la polvere che era caduta da sopra un'anta mi fece tossire e fece tossire  anche la persona che era con me.
"Cavolo non pensavo ci fosse così tanta polvere quì dentro!!" Disse continuando a tossire l'uomo difronte a me; appena lo sentii pronunciare quelle parole, anche se non vedevo il suo viso con chiarezza, capii subito di chi si trattasse.
" Professor Miller che sta facendo? È impazzito!" dissi continuando a tossire e tentando di togliermi la polvere dalle spalle e dai capelli; Miller cercando di togliersi di dosso più polvere possibile accese una piccola lampada che era appoggiata sul bancone in ceramica bianco, che a causa dell'inutilizzo era diventato ormai giallastro , "Oh insomma Kamiya non si riesce mai a scherzare con te, dovresti rilassarti di più, perché non vieni a prendere un caffè con me nel nuovo locale che hanno aperto vicino alla stazione?".
La sagoma poco illuminata del professore era accompagnata dal pulviscolo che ci eravamo tolti dagli abiti e alla luce fioca della lampada sembrava quasi stesse danzando nell'aria, come se fosse felice che qualcuno finalmente avesse messo piede in quel vecchio laboratorio polveroso.
"Sí Miller davvero molto divertente, e comunque non credo proprio! Non uscirò mai con lei e io che pensavo avesse capito quando le ho detto di starmi alla larga!" dissi recuperando il registro finito a terra e avviandomi verso l'uscita.
Ryu Miller era diventato docente nella mia università da circa sei mesi, ed era già diventato il sogno erotico della maggior parte delle donne che la frequentavano; professoresse, studenti e persino la cuoca della mensa lo guardava come una fetta di dolce di quelle che serviva all'ora di pranzo.
Aveva solo ventotto anni e già da studente, a mio parere , era abituato alle attenzioni che gli riservavano le donne. Era il tipico uomo che essendo consapevole della propria bellezza la sfruttava a suo vantaggio.
Dopo essersi laureato in America, in medicina, come cardiologo aveva trovato che fosse decisamente più appagante e sicuramente meno faticoso, non che più divertente, insegnare invece di lavorare in un ospedale.
Da quando avevo iniziato a seguire il suo corso aveva cominciato a girarmi intorno come un avvoltoio con una carcassa.
Probabilmente il fatto di essere un sangue misto e la conoscenza di vecchia data con mio fratello gli faceva pensare di avere qualcosa in comune con me, ma se così fosse stato non poteva pensarla peggio.

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