«Signora Tomlinson, io sto cercando di essere obiettivo.»
Johannah alza gli occhi al cielo, trattenendo malamente una risata sarcastica. Se solo Mark non fosse presente, farebbe uno dei suoi discorsi a cuore aperto.
«E come, se permette? Dicendo a me e a mio marito che nostro figlio è pazzo?» Arriccia le labbra, indignata. Chi si crede di essere quell'uomo? Il fatto che sieda dietro una scrivania non gli dà il permesso di pronunciare determinate affermazioni.
«Jay, tesoro...» Mark tenta di intromettersi, di calmare le acque, ma la moglie gli rivolge un cenno disinteressato della mano. Può risparmiarselo, perché nulla riuscirebbe a placare la sua rabbia e la sua umiliazione in quel momento.
«Mio figlio non è pazzo, signor Wilton. Non ha bisogno dell'aiuto di uno psichiatra.»
Il direttore sospira pesantemente. Si passa una mano sulla fronte e va alla ricerca delle parole giuste da utilizzare. Ha davanti un osso duro, una madre spaventata, colpita e ferita nell'orgoglio, che non è capace di pensare a mente fredda. E lui ha bisogno che quella donna capisca, altrimenti il figlio potrebbe rimetterci in mille e uno modi, non solo scolasticamente parlando.
«No, signora Tomlinson. Ha ragione» concede quindi. «Io dico solo che per il bene di Louis varrebbe la pena fare un tentativo.»
Johannah fa per protestare ancora, questa volta a gran voce, ma Mark le posa una mano sulla coscia e lei, d'istinto, va a stringerla.
«È senza dubbio un ragazzino dall'immaginazione fervida e lucida; si impegna e non ci sono problemi riguardo il suo andamento scolastico generale. Purtroppo però, i miei colleghi mi hanno fatto notare che nei suoi elaborati traspare qualcosa di più della semplice voglia di raccontare una storia e far provare qualcosa al lettore. Paura? Inquietudine? Insicurezza? Non saprei dirle, non è chiaro come vorremmo che fosse e nemmeno Louis, qui, è di grande aiuto. La docente che segue il suo corso di scrittura creativa e quella del corso di Letteratura credono che ci sia una richiesta profonda, qualcosa che il ragazzo non è in grado di esprimere a parole. Mi avvarrei di un aiuto esterno anche solo per togliere il sassolino dalla scarpa, fossi in voi. Non è...» Wilton muove una mano in un gesto eloquente, per poi aggiungere: «Non è necessario che sia a lungo termine. Potrebbe essere tutto e niente, ma se Louis dovesse avere bisogno di aiuto come pensano le mie colleghe, allora sarebbe meglio provvedervi quanto prima, per evitare di peggiorare la situazione.»
Mark aggrotta le sopracciglia, confuso. Se suo figlio avesse avuto bisogno di un qualsiasi genere d'aiuto ne avrebbe parlato da sé, senza bisogno di coinvolgere i professori o il preside. Lo conosce bene, dal momento che l'ha cresciuto. Comincia a pensare che Johannah abbia ragione e che il signor Wilton stia abusando della propria posizione. Eppure, la serietà della situazione, il silenzio del figlio e l'agitazione della moglie non sono elementi a favore della sua teoria. Forse Louis sta davvero nascondendo loro qualcosa.
O forse, Johannah ne è al corrente e stanno facendo in modo che lui sia l'unico a non venirne a conoscenza.
*
«Louis, perché continui a scrivere cose del genere? Stai facendo preoccupare tutti per niente.»
Johannah non riesce a trattenere l'ennesimo sospiro. Non capisce davvero cosa sia preso a suo figlio, per quale ragione continui a raccontare sciocchezze simili. Pensava di avergli insegnato a distinguere la realtà dalla fantasia, pensava di avergli insegnato che i sogni non sono reali e che lui non ha nessun genere di superpotere. Pensava che lo psicologo da cui l'aveva mandato da bambino avesse fatto un lavoro permanente. Era convinta che Louis avesse superato quella fase della sua vita. E invece, dopo la chiacchierata con il preside non riesce a fare a meno di sentirsi sconfitta. Tanti soldi sprecati e un marito che è pronto ad andarsene nel caso la situazione diventi insostenibile.
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Shine your light down on me || l.s
FanfictionLouis si sente un ladro nei panni che è costretto a vestire ora, ma non ha ancora avuto il coraggio di confessarlo a nessuno. Forse è una sensazione passeggera, nulla di cui debba davvero preoccuparsi. Per il momento. «Aidan.» Sussurra quel nome in...