CANTO I

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La mia giovane età non sprezzate

s'i volete voi aprir li occhi vostri

e esti puri fogli voi non stracciate

s'i volete voi veder li rostri

ch'i sto per al peccato lancïare

per lo bene degli spiriti nostri,

e lasciatevi la mente irradiare,

tergiamo insieme este oscure anime

s'i volete voi i vizi abbandonare.

Era un giorno di festa sublime

e io pacato ero dove adesso sto

quando li occhi versaron lacrime,

lo splendente cielo color cambiò,

a dar lo fischio cominciò lo vento

e la divina mia palma seccò.

Dopo ch'ebbe el Sommo il sole spento,

la gente corse via per il terrore

lasciando a terra lacrime d'argento

e io via anche correa senza onore

per le strade della Santa Città,

percorse anche dal divin Salvatore

che, per trar via l'uomo dalla viltà,

avea versato Sangue di salvezza,

salvezza dell'intera umanità.

Io, trasportato dalla giovinezza,

voltatomi più volte all'alte case,

vidi a un tratto dinanzi a me fortezza

fatta d'alte piante con chiome rase

sicché fui preso da più paura

e lì il corpo lasso fermo rimase.

E com'ogni vivente creatura

che, stanca, si stende e si riposa,

anch'io m'adagiai con tanta cura

innanzi alla macchia non luminosa.

Si sentivano dolorose grida,

grida della passione amorosa,

grida della furïa omicida,

grida della furia iraconda,

grida della furïa suicida,

sicch'io, come barca spinta dall'onda

che vaga per lo mare alto e funesto,

sbigottito da quell'angusta Fronda

ribelle al Sovrano sommo e modesto,

scorrazzai vïa per altra strada

come il glorioso Achille lesto.

Di quel tragico evento niente aggrada

lo cuore mio e il mio esile spirito

se solo io vi ripenso e la spada

ch'allora colpì l'animo ferito

mio ancor colpisce e rovinosa angoscia

torna a regnar nello mio cuor smarrito.

Corsi ancor per la nuda strada e, poscia

ch'ebbi sentito lo cuor mio sicuro,

la corsa arrestai e come neve bioscia,

L'InfernoWhere stories live. Discover now