CANTO III

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Quell'uomo re ma d'animo non regio

poscia ch'a noi s'ebbe accostato,

cacciando ogni sorta di privilegio

dallo spirto suo, ove avean regnato

a lungo, umilmen lo sguardo chinò

e, dopo aver lo ginocchio appoggiato,

come grande città che dominò

in lungo e in largo per poi lo stendardo

gettar poscia ch'el rival la bruciò,

innanzi a noi cadde quell'uom ghepardo

che sul Nilo Azzurro mille ruggiti

avea dato per stancar ogni dardo

con i moschetti dei suoi Arditi.

Quel leone ora era lì con il rieccolo

ed ambedue, nell'animo feriti,

a me venivan pentiti perché Eolo

lì l'avea portati col suo respiro

e con voce trafelata: "Eccolo,"

mi disse il leone dopo un sospiro:

"quel drappo ch'i' son costretto a vedere,

dopo che la sabbia dal grande Ciro

desiderata i' dovetti offendere

per amor di quel docil bel Paese

che con dolor fui costretto a vendere

in quell'amaro settembrino mese

per salvare la mia misera pelle.

Non rividi mai più il mio pavese,

la madre dell'uom delle caravelle;

il verde, il bianco e il vermiglio

lasciarono il mio corpo imbelle

ma dimmi tu, della mia patria figlio,

figlio pio e giusto e amabile e pietoso,

dolce figlio dell'Amoroso Giglio,

potrò mai questo regno increscioso

lasciar, potrò mai veder quella luce

che rende ogni uömo gioioso,

potrò mai raggiunger l'eterna pace?"

Poscia che l'ebbi udito a me pensai,

quando leggendo il viaggio ch'el Giudice

Sommo al sommo poeta, dei guerrafondai

nemico, avea allestito mi chïesi

pauroso se il Dio ch'amo e che tanto amai

perdon desse a color che non ascesi

eran al Regno annunciato da Cristo

e ch'Egli definì Regno dei Cieli,

a color che mai ebbero intravisto

il dolce monte sorto in mezzo al mare

ove ogni uomo mai è tristo

benché nel pianto e sogna di raschiare

la lettera ultima dalla sua fronte

per nei due Fiumi il suo corpo lavare.

Per i dannati non c'è Orizzonte,

non verranno ai lor occhi mai svelate

L'InfernoWhere stories live. Discover now