Chi ama non tradisce

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Avrei voluto addormentarmi e svegliarmi con Dylan affianco. Avrei voluto dire di essermi svegliata con il cinguettio degli uccelli ed il profumo fresco dell'aria mattutina, ma non era stato così. Avevo avuto un risveglio alquanto turbolento, a tratti quasi traumatico. Dylan, era stato cacciato a calci nel sedere dal mio letto.
Mia nonna, aveva dimostrato di possedere una forza soprannaturale. Quella donna, continuava ad essere una sorpresa continua.

«Nonna, era necessario cacciarlo via in malo modo?» domandai.

«Sai già la risposta, perché me lo chiedi?» ribatté. Il mio sguardo cadde su una rivista che aveva tra le mani, notai subito la mia immagine sulla copertina. La guardai confusa, in cerca di spiegazioni che non tardarono ad arrivare. «Guarda, sei in prima pagina sulla rivista Forbes» esordì.

«Belle e capricciose le "figlie di papà" più ricche al mondo» lessi.

Incuriosita, aprii la rivista e notai che c'era anche una classifica. Rimasi sconcertata quando vidi che ero seconda.

«Non ci posso credere! Ivanka Trump, è al primo posto» sbottai.

«Si, purtroppo. Secondo la rivista, risulta regina indiscussa della vita sociale d'élite» rispose.

«Quante baggianate! La figlia di quello sbruffone non può avermi sorpassata» reclamai.

«Tesoro, tranquilla. Provvederò subito a presentare le mie lamentele al direttore»

«Grazie» sorrisi.

Alcune volte riusciva ad essere una persona fantastica. Infondo, ci scontravamo perché su certi aspetti eravamo simili, anche se lei era molto più perfezionista. Qualunque cosa facesse era sempre impeccabile e avvincente.

«Bene, io vado. Hai mezz'ora per prepararti, prima di andare all'università» dichiarò.

Mentre stava per uscire dalla mia stanza, si fermò sulla soglia della porta. «Diamond» si girò verso di me.

«Dimmi»

«Secondo te, che colore sono i capelli di Donald Trump?» chiese.

«Non saprei...forse carota» affermai.

«Giusto. Lo penso anch'io» concordò, guardandomi divertita.

Risi, era letteralmente impazzita. Guardai il mio orologio Cartier, era tardissimo. Mi vestii e mi truccai velocemente, presi la mia Porsche e sfrecciai via, verso l'università. Dovevo arrivare prima che avesse inizio la partita di football, a cui non potevo assolutamente mancare. La nostra squadra doveva scontrarsi con i Princeton Tigers. Riuscii ad arrivare in tempo, nella folla intravidi Chloe, una ragazza che mi stava abbastanza simpatica. Decisi di chiamarla a gran voce, sperando che mi avesse sentita.

«Diamond, finalmente sei arrivata!» esclamò.

«Dov'è Justin?» chiesi notizie di suo fratello.

«Andiamo, è appena sceso in campo» strepitò, trascinandomi dietro di sé, aprendosi un varco tra le persone. Riuscimmo a raggiungere velocemente il campo, avevamo i posti riservati nella prima fila. Tra i giocatori, individuai Justin che rivestiva il ruolo di quarterback.
I Columbia Lions, cominciarono a cantare il nostro inno, seguiti successivamente da tutti gli studenti della Columbia University, compresa me. «Roar, Lion, Roar» urlammo, in coro. Le cheerleader, si scatenarono ed eseguirono una coreografia per incoraggiare la nostra squadra durante la gara. Le ragazze, indossavano una divisa striminzita di colore azzurro e bianco, con sopra lo stemma della nostra università. Avevo da sempre disprezzato le cheerleader, sembravano dei cloni. Avevano tutte i capelli biondo ossigenato, occhi azzurri, pelle di porcellana e un'intelligenza parecchio scarsa.
Anch'io avevo gli occhi azzurri ed ero bionda, ma naturale e, a differenza delle mie coetanee non aspiravo ad un semplice ruolo di cheerleader, ma puntavo molto più in alto.

New York, i love youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora