Prologo.

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Salve a tutti!

Sono nuova del sito, ancora inesperta e mi scuso per ogni eventuale errore. È una storia che tutti possono leggere tranquillamente, eventuali scene forti verranno annunciate prima. Spero vi piaccia, mi sono impegnata per definire bene questi strani personaggi.

Buona lettura,

May.

Si ferma, piega il capo verso destra, osserva la tela. Il rosso e il blu sono ovunque, prepotenti e accesi che sovrastano i colori chiari e freddi del paesaggio campano in sottofondo.

Non capisce, non approva, sente che manca qualcosa.

Un vuoto, freddo, che nemmeno quei colori vivaci possono colmare. Lancia un'occhiata rapida alla rosa nera che Yona le aveva regalato mesi prima. È quasi appassita, come la sua ispirazione.

La tela si rimpicciolisce, improvvisamente, mozzandole il respiro per qualche secondo.

La osserva, la studia, prova ad interpretarla.

Vuoto.

Un sospiro, il suo, due passi indietro, verso i suoi amici più cari. Li afferra dal manico, li lancia verso la tela, colpisce i punti scelti con precisione maniacale.

Forse non era destino, pensa.

Le manca Yona, la sua fonte di ispirazione, l'unico in grado di capirla. Tre mesi e ancora le sembra di sentire la sua voce il sabato mattina, quando scende a fare colazione in cucina.

La tela si squarcia, si apre.

Ferite profonde e inguaribili che si aprono su un dipinto fatto più per necessità che per altro.

Indietreggia ancora.

Uno, due, tre passi.

Si volta di scatto, immerge la mano destra nella vernice blu, poi in quella rossa. Con l'altra avvolge il pennarello indelebile, nero, che orna l'intera stanza.

Un tempo era bianca, ma gli anni hanno lasciato i loro segni.

Lei ha lasciato i suoi segni.

Preme la mano sporca contro la parete adiacente alla porta, poi scrive la data e lo stato d'animo sotto l'orma, sperando che un giorno tutto quello possa servirle a qualcosa.

Stacca la mano, getta via il pennarello.

Osserva i polpastrelli, pieni di residui di colore secco, e li sfiora con l'altra mano in un gesto involontario.

Sente che sta per cedere, lo percepisce. Si volta verso l'ampia finestra che lascia filtrare la luce del primo sole della giornata e avanza, verso i brandelli dell'ennesima delusione.

Forse ha sbagliato, forse ha sprecato sedici anni inutilmente, forse sua madre ha ragione.

Non lo sa.

Sulle pareti spiccano impronte delle sue mani con i colori più strani, con le combinazioni più bizzarre. Impronte impresse durante i sedici anni passati e solo in presenza del suo migliore amico.

Era lui che l'aveva spinta tra le braccia dell'arte, incoraggiandola, infondendole coraggio. Ma, ora che se ne è andato, le cose non hanno più senso.

Perché continuare, ora che il suo unico seguace non esiste più?

Si passa le dita sul viso, si sporca la fronte e gli zigomi con quel rosso incastonato al blu.

Non ce la fa, sta crollando.

Barcolla verso la porta in legno di quercia, solida e scura, la apre ed esce.

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