<3

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Quello era il suono del mio orologio che mi avvertiva che era giunta l'ora che temevo da tutta la settimana.
Quello era il suono del mio orologio che mi avvertiva che era giunta l'ora che temevo da tutto il giorno.
Ora di andare a casa di Deku, a parlargli.
Parlargli di cosa?
Non lo so bene nemmeno io, dato che tutt'ora non ho idea di quello che gli dirò.
Magari niente.
Magari arriverò alla sua porta e poi me ne andrò, sarò codardo.

In ogni caso, mentre mi tormento e cammino a pugni stretti, non mi accorgo di aver appena superato la mia meta.
Faccio un passo indietro e mi giro, rigido, trovandomi proprio di fronte alla porta di casa sua.

Controllo l'ora, sono le 18 precise, ho spaccato il secondo.

Allungo una mano per bussare, ricordo quando eravamo bambini e giocavamo sempre assieme innocentemente, a quel tempo fare questo tragitto e bussare così sarebbe stato normalissimo, ora mi fa sudare il collo, la schiena e le mani.
Passo la mano che non sto alzando sui pantaloni per asciugarla.

Non tocco nemmeno la porta, che una testa di capelli verdi e arruffati mi si para davanti aprendo la porta di botto, con gli occhi chiusi strizzati in una smorfia tesa.

<C-ciao K-Kacchan!> Esclama, per poi scostarsi e lasciarmi entrare.

Lo sorpasso in silenzio, con espressione truce e aggrottata, e mi dirigo in camera sua, conoscendo il percorso a memoria.
Mi siedo sul letto a gambe incrociate, reggendomi con le braccia puntate indietro.
Lui si siede sui talloni un po' distante da me, sul materasso.
Non siamo uno di fronte all'altro (io sono rivolto verso il muro, lui verso di me), né ci guardiamo; entrambi siamo tesi, anche se io non lo do a vedere.

Conoscendolo, lui lo ha capito comunque.

Alzo lo sguardo su di lui e incrocio i suoi occhi profondi, che come sempre mi guardano con una vena di paura, sì, soggezione, forse, ma soprattutto rassicurazione.
Mi trattengo dal distogliere lo sguardo, mi ha sempre fatto sentire debole, come se avessi veramente bisogno di aiuto.

E magari ho davvero bisogno del suo, di aiuto.

Lo odio, quello sguardo.
O forse non é proprio così.

<E non guardarmi in quel modo, MerDeku!> Sbraito, a voce troppo alta.

Lui si ritira chiudendo gli occhi e alzando le braccia per proteggersi da una mia possibile reazione violenta, e mi rendo conto che vedere come lui abbia solo paura di me mi rende triste e mi fa arrabbiare con me stesso.

<Scusa.> Borbotto, senza guardarlo negli occhi.
Fa strano, sentire quella parola detta da me, come se non fossi veramente io a pronunciarla.

Deku spalanca gli occhi e mi fissa, e io mi sento scaldare le guance.
Mi irrita questa sensazione.

<E non fare tanto il sorpreso!> Urlo ancora, ma stavolta non si ripara.
Vedo che irrigidisce le spalle, ma mi guarda di sottecchi, cercando evidentemente di non guardarmi in "quel modo" come gli ho detto io, ma non sapendo bene come fare.

<Sono venuto per parlarti, non per picchiarti o urlarti contro.> Il fatto che lui si sorprenda nel sentirlo, anche se lo nasconde, mi fa stare male.

Sbuffo rumorosamente per concentrarmi e rilassarmi, poi lo guardo negli occhi e sento un brivido.

<Fino ad adesso, ti ho sempre creato problemi. No, anzi, sono sempre stato io, il tuo problema. Ma tu mi facevi sentire forte e invincibile, da bambini, e avevo...>

Mi costringo a essere sincero con me stesso più che con lui, e vado avanti distogliendo lo sguardo e fissandomi le mani intrecciate.

<Avevo così paura che smettessi di considerarmi in quel modo che pian piano ho dimenticato da dove avevo iniziato a diventarlo: facendo finta di essere un eroe con te. Alla fine ho mentito così tanto a me stesso da non sapere più quale fosse la vera versione di me.>

Oneshot • Confessione {Katsudeku}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora