- Fuggi, fuggi, fuggi!
Ripetevo a me stesso. E fuggivo. Fuggivo sempre dalla realtà. Iniziavo a scambiare pezzi di fantasia con pezzi di realtà, una sorta di scacchiera che prendeva vita nella mia testa, la mappa di un mondo virtuale crittografato. Avevo iniziato fin da piccolo, il tempo aveva solo affinato un po' le mie capacità come l'acqua fa con la roccia.
A sei anni ero fuggito, a sedici ero fuggito, a ventisei ero fuggito. Ancora.
Cos'hanno questo questi tre numeri in comune?
6 6 6
Esatto. proprio lui, il demonio.
Avevo impiegato ventisei anni a capire di essere il figlio illegittimo del diavolo.
- Ragazzo, girati dall'altro lato!
Mi giravo.
Sentivo i gemiti di mia madre.
- Le fai male!
- Su, fai il bravo, non guardare.
Diceva lei.
Lei, che non aveva ancora imparato a riconoscere il demonio.
Lei, che portava me all'inferno.
A sei anni non riconosci il male neppure se lo guardi dritto in faccia.
Ed io lo vedevo bene. Vedevo la sua nuca che presto sarebbe diventata pelata.
Il diavolo?
Suppongo vogliate sapere che aspetto abbia. Ora, non lo so per certo, ma all'epoca era un essere senza volto, tanto da non conoscerlo col suo vero nome. L'uomo dai capelli bianchi, così si faceva chiamare, mentre si prendeva l'anima di mia madre tra un gemito e l'altro.
Quella povera donna non ha mai saputo riconoscere il male neppure se incontrandolo avesse avuto le corna e fosse stato circondato dalle fiamme.
Aveva l'abilità di innamorarsi delle botte.
Forse anche lei era predestinata, se nasci da un demonio alla fine per quanto tenti di allontanarti dall'inferno, ci resti dentro fino al collo, un po' come quando finisci nella merda, il tanfo non va via facilmente, resta, come l'odore dello zolfo.
- Tieni. Questi sono per te ragazzo, vai a comprarti qualcosa.
Il diavolo mi aveva scambiato per il pappone ad ore di mia madre.
L'inferno?
Non era altro che una stanza male arredata in uno squallido condominio. All'epoca confondevo le parole condomino ed abominio, forse ero un genio precoce, la capacità di vedere oltre le cose era innata.
I doni che il diavolo mi aveva trasmesso.
Non tutto il male viene per nuocere. Ora ne capisco il senso. Quando stringi un patto col diavolo, lui si fotte tua madre e a te restano i super poteri.
Andavo a comprare qualcosa poi tornavo. Tutto normale, c'è sempre gente che va e viene dall'inferno.
C'è più traffico all'inferno che nella via delle camelie, che guarda caso sono vestite di luce.
Lucciole. Male. Odio. Bombe.
Che allegra grande famiglia.
I sei gradi di conoscenza avevano permesso al male di diffondersi a macchia d'olio in tutto il pianeta. Sudicio. All'incirca come il letto dove rientrando a casa trovavo mia madre e il diavolo.
Sudore. Liquidi. Fumo.
L'inferno non brucia, sono le anime che vanno a fuoco. L'inferno odora di sigarette e uova andate a male, a volte filtra un po' di sole dalle finestre.
E dall'ombra compare un fanciullo con il mal de vivre. Un Baudelaire in miniatura negli anni novanta.
- Ragazzo, sei già tornato?
Non serviva rispondere, il diavolo era come un avvocato, non faceva domande di cui non conoscesse già la risposta.
Ed eccomi qui.
Forte come non mai. Con tutti i problemi che derivano dall'abuso di alcol e droghe, passivo.
La mia lettera scarlatta.
Astemio. Apatico. Asociale.
Hawthorne sarebbe stato fiero di me. Ma che ne era stato dell'adolescenza ribelle.
Sesso. Droga. Rock 'n' Rolla.
A casa mia non esistevano i dischi, troppo poveri.
Ho sempre fatto a botte, il sesso arrivò tardi, ma imparai a combattere fin da piccolo.
Merito del mio vecchio che me ne dava tante.
La mia soglia del dolore era più alta di quella degli altri marmocchi della mia età.
- Non mollare Gian!
Anche se incitato dai compagni di classe, Gian era spacciato, e loro lo sapevano bene.
Fin da piccoli ci piace la violenza, forse assistiamo a troppi combattimenti.
Alla fine Gian finiva sempre con la faccia a terra, nel fango, io me la cavavo con qualche graffio.
Poi me ne andavo.
Fiero. Vittorioso. Solo.
Un giorno arrivò a salvarmi con la sua spada e il suo scudo.
L'arcangelo Michele.
Si presentò alla mia porta insieme alla sua compagna. Capelli neri. Occhi chiari.
- Sei pronto?
Il pacco era pronto. Io non lo ero mai. Presi il mio zainetto.
Iniziava l'avventura.
La prima fuga della mia vita. Il mio viaggio verso l'ignoto. Altro che Kerouac, il suo On the road non reggeva il confronto con la storia della mia vita. Eppure avrei scambiato volentieri la mia con la sua.
Dov'ero rimasto?
L'arcangelo Michele. Non aveva ali, o almeno non ero in grado di vederle.
Forse crescendo stavo perdendo i miei super poteri.
Il diavolo dà, il diavolo prende.
L'arcangelo era forte, ma presto avrei avuto bisogno della mia spada e del mio scudo.
Avevo imparato a combattere per strada come un cane randagio.
In una vera lotta contro la vita, e credete la vita sa essere spietata, avrei perso.
Anche gli angeli sanno prendere a schiaffi la faccia di un moccioso strafottente.
Ma l'arcangelo Michele era diverso. Non ho mai visto il male in lui, forse odio.
Chi non odierebbe di tanto in tanto un moccioso arrogante, ingrato per averlo portato via dall'inferno?
Ma purtroppo per quanto lontano andassi, l'inferno era dentro di me, me lo portavo appresso, e lo avrei fatto per molto tempo ancora.
Io ero troppo piccolo.
Il mondo era troppo grande.
Mi sentivo come una di quelle luci che se si fissano svaniscono e se si guarda da un'altra parte si percepiscono.
Ero una sorta di effetto ottico.
Come quando appena sveglio senti l'odore del caffè ma non è ancora pronto.
I sensi alterano tutto.
I sensi e chi ne ha la percezione.
Tutti siamo nati per essere casse di risonanza.
Ad ognuno la sua melodia.
Mozart aveva la sua ouverture.
Io avevo a mala pena un flauto stonato, all'occorrenza diventava un'arma impropria.
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Salverei La Sua Spina Dorsale
NouvellesIn queste storie nessuno muore davvero. Tutti combattono sul serio per non perdere contro se stessi. Ragazzini incasinati, donne che seducono, incontri del terzo tipo. Una raccolta intrisa di una romantica follia erotica. Queste storie contengono la...