Se solo fossi lontana da qui, se solo potessi prendere tutto quello che ho e andarmene via, verso un posto migliore di questo, almeno sarei più felice.
Nonostante il fatto che le vacanze di Natale siano iniziate da una settimana e che abbia finito il mio 2o anno di Liceo, il mio malumore resta imperterrito nella mia mente, e non osa smuoversi nemmeno nei momenti più gioiosi.
Me ne sarei andata da un pezzo se avessi potuto. Mi sarei risparmiata tutte le torture che ho dovuto subire per due anni consecutivi. E sapevo che il peggio doveva ancora venire. Lo sapevo perché in tre anni poteva accadere di tutto.
Frequento le superiori, se non si fosse capito, e si dice che alle superiori tutto quello che accade ti rimane addosso per tutta la vita. Quindi, immaginate l'ansia costante mentre guardi ovunque l'occhio riesca a girarsi, e se non ci riesce ti giri tu per aiutarlo, guardi i volti di tutti i ragazzi e le ragazze della scuola, anche di coloro con cui non hai mai avuto a che fare, e di coloro di cui ti fidi, perché possono tradirti da un momento all'altro, di quelli che odi, per vedere che cosa stanno confabulando, quelli che ti guardano e ti fissano come per sfidarti...
Insomma, non puoi mai stare tranquilla. Sempre con le antenne puntate in su, a captare ogni minimo movimento o parola, e non puoi spegnerti, dato che il telecomando è oramai perso, caduto in chissà quale tombino della disperazione.
Sono stata vittima di bullismo psicologico. E dite, beh, almeno non ti hanno pestata. Credetemi, avrei preferito quello. Non avete mai sentito dire che le parole feriscono di più di una spada? Certe volte volevo buttarmi da un balcone per quante me ne hanno dette.
Ma non sono una di quelle ragazze.
Io almeno cerco di andare avanti.
Anche se alle volte, come adesso, avrei voluto andarmene. Lontano. Alle Fiji, dove il sole mi accarezza la pelle e l'acqua salata del mare mi bagna leggermente i piedi, come per invitarmi a tuffarmi. Le foreste tropicali piene di vita, con tutti quegli animali che almeno non vivono così di schifo come me.
E anche se il secondo anno era passato e finalmente le vacanze erano arrivate, non mi sentivo ancora sicura.
«Non ti devi rovinare le vacanze in questo modo, Sue» mi aveva detto mia sorella. Più facile a dirlo che a farlo.
L'ansia ed io siamo vissute insieme nello stesso corpo da quando ho frequentato la terza elementare, quando dicevano ai tempi degli esami di quinta. E quelle erano solo avvisaglie. La conobbi davvero in prima media. Le ho persino dato un nome. Annie. Io e la mia Annie siamo una cosa sola.
Fra pochi giorni sarebbe arrivato il Natale, dovrei avere un sorriso stampato sulle labbra, invece mi ritrovo sdraiata sul letto a leggere la Torre Nera di Steven King. Sono arrivata solo alla metà del primo volume, ma sapevo che avrei finito quella serie così come avevo finito di leggere la serie degli Hunger Games.
Quando Annie prevale in me, mi piace starmene da sola, a leggere un bel libro, a chattare con le mie amiche di infanzia con cui "fortunatamente" mi sono tenuta in contatto, altrimenti non avrei avuto amiche a cui scrivere. Infatti loro sono le mie Uniche Amiche che io ho.
E quando leggo, Annie si rilassa e mi lascia spazio.
Mentre mia madre prepara la casa con tutte le decorazioni di Natale prima del grande giorno, mentre mia sorella Kay guarda il catalogo Amazon alla ricerca del regalo perfetto per la sua amica del cuore, mentre mio padre se ne sta seduto sul divano a sorseggiare cioccolata calda, io me ne sto qui, persa nei miei pensieri, leggendo del famoso Roland di Gilead alla ricerca della fatilica Torre Nera, pensando a com'è essere un pistolero, avere i sensi sopraffini, capace di percepire l'arrivo di qualcuno ancor prima di sentire i suoi passi. Quei sensi mi sarebbero molto utili.
Quando leggo, tutto il mondo che mi circonda non esiste più. Ci sono io e il libro. Le parole girano nella mia mente, vengono analizzate e il mio cervello inizia a sognare, e mi sento dentro al libro. Penso che sia capitato anche a voi, mentre leggevate il vostro libro preferito, magari Harry Potter, oppure Shadow Hunters.
«Sue, stai ancora leggendo quel noioso libro?».
È mia sorella.
Non le rispondo. Lei non fa parte del mio mondo, ci sono solo io e il libro.
«Comunque volevo dirti che mamma vuole il tuo aiuto per decorare l'albero. ».
Ci sono solo io e il mio libro.
«Potresti almeno farmi un cenno per dirmi che ci sei? Che sei sul pianeta Terra?».
Mi dispiace Kay.
Solo io e il mio libro.
«Ti odio quando fai così. ».
Io e il mio libro.
Sento il silenzio. Probabilmente Kay si sarà scocciata di starmi addosso come una sanguisuga e se ne sarà andata. Meglio per me, più pace e tranquillità per leggere.
Io e...
«Questo adesso me lo prendo io!».
Kay mi strappa il libro dalle mani e comincia a sfogliarselo senza curarsi delle pagine, delicate e sottili, che si sarebbero potute rovinare col suo tocco rozzo e menefreghista.
La cosa mi da un fastidio enorme.
Balzo giù dal letto con il volto rosso pomodoro dalla rabbia e le strappo il libro.
«Non ti azzardare mai più!».
«Beh, almeno mi stai parlando. ».
Effettivamente... oramai mi sono alzata dal letto, sono addirittura scesa, mettendo i miei piedi nudi sul freddo pavimento in marmo bianco, la sto guardando e le ho pure parlato, quindi il contatto tra me e il mio libro non esisteva più. Almeno finché non mi sarei rimessa a leggere. Ma non potevo farlo adesso.
«E va bene, furbetta che non sei altro,» le dico scompigliandole i capelli color bronzo: «che cosa vuoi che faccia adesso, sentiamo. ».
«Si sente che non mi stavi ascoltando. La MAMMA vuole te. Per l'albero. ».
Non posso dire di no ad una cosa del genere. Decorare l'albero di Natale era diventata una vera e propria tradizione, che si ripete ogni anno, il 20 Dicembre alle 17 precise, appena il cielo comincia a diventare rosso porpora.
Mi precipito nel salone dove la mamma aveva messo sul tavolone al centro della stanza tutte le decorazioni da appendere al maestoso albero che se ne sta lì, all'angolino, nello stesso posto, da anni, aspettando che vanga vestito come si deve.
Era lo stesso albero dell'anno prima, lo stesso di due anni fa, lo stesso di quando avevo 7 anni. E continuo a vederlo con gli stessi occhi di sempre, come un bambino capriccioso che si sente nudo.
Continuo a ridere ogni volta che ci penso.
«Allora, tesoro? Mi aiuti ad addobbare l'albero?» mi chiede mia madre con il suo solito sorriso che parte da una guancia e che arriva all'altra.
Odiavo "vestire" l'albero. Era la parte che più odiavo del Natale. Anche se l'albero era finto, ogni volta che dovevo appendere le decorazioni mi sembrava che gli oggetti i chiedessero pietà e che l'albero cercasse di scuotere tutto via per restare così come dovrebbe essere, solo con le sue foglie, senza nient'altro addosso.
Posso sembrare strana. Infatti lo sono. Tutti a scuola mi danno della strana, ma questo è un discorso a parte.
«Su, aiutami ad appendere le decorazioni» mi incita mia madre facendomi tornare con i piedi per terra. Nonostante odiassi quella parte, devo dire che in me vi è la volontà di farlo, non capisco ancora perché, ma sento che se lo faccio qualcosa cambierà.
Certo carissima Sue, come se la tua vita dipendesse da uno stupido albero fatto di plastica e da una festa inventata a scopo commerciale, con un finto Babbo Natale creato apposta per vendere giocattoli, e per far star buoni i bambini.
Annie forse ha ragione. La mia vita non può dipendere da un albero rinsecchito che è una copia su un milione fatto in una fabbrica qualunque ... O forse sì?

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100 Motivi per Amare Kevin
Romance(18/01/2019/) 3º in REASONS ~Come potrei amare un ragazzo come lui? Insomma, guardalo, è prepotente, sfacciato ... sexy ... ehm ... dimmi qualcosa di positivo che vedi in lui.