Cold Water

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Nonostante Justin Bieber non sia il mio cantante preferito, credo che la sua canzone Cold Water sia un titolo perfetto per questo capitolo. Avete presente quando vi succede una cosa e vi sentite come se vi avessero lanciato addosso una secchiata di acqua ghiacciata? Ecco, questa è la sensazione che ho provato durante i primi giorni di scuola del liceo.
Dobbiamo pur cominciare finalmente questa storia da un dove e un quando vero? O dobbiamo occupare 200 capitolo quanti saranno parlando del vuoto più totale? Beh, meglio di no, quindi cominciamo.
Iniziamo dal primo giorno.
Ero fin troppo innocente durante le medie, dicevo che il liceo era il posto perfetto per me, che avrei incontrato dei compagni gentili con cui avrei fatto amicizia. Come mi sbagliavo!
Il primo giorno ci fu lo smistamento delle classi, la mia ansia era alle stelle manco ci stessero smistando nelle 4 casate di Hogwarts, anche se avrei preferito essere lì, avrei conosciuto gente più simpatica...

Già il fatto di vedere duecento e passa ragazzi della mia stessa età non aiutava affatto. Alcuni mi 'parevano' simpatici, altri sin da subito ho pensato "Stai alla larga". Non solo per i loro volti e espressioni, ma dai loro atteggiamenti. Durante l'interminabile presentazione della Dirigente ho pensato che forse avrei fatto meglio ad andare nella stessa scuola della mia amica delle elementari, l'unica che ero riuscita a farmi e che ho al momento, ma noooo, dovevo fare le mie scelte indipendentemente da quelle degli altri... se avessi dato ascolto al mio buonsenso adesso non starei qui porca di una misera. 

Poi, finalmente, è arrivato il momento che tutti stavamo aspettando. Una professoressa anziana, sulla sessantina, capelli bianchi, con delle rughe profondissime che scavavano il suo volto raggrinzito, si è fatta avanti per chiamare i ragazzi da portare nelle prime classi. Ho visto ragazze di tutti i tupi, alcune con cui avevo chiacchierato poco prima, ragazzi devo dire abbastanza carini per essere del primo anno, le sezioni solo volate via, fino a quando non si è passati alla sezione D, sezione principale dello scientifico, si, scientifico, il liceo peggiore che avessi potuto frequentare. Ero indecisa tra tecnico commerciale o scientifico, perché mi piacerebbe lavorare nelle banche statunitensi, oppure gestire l'economia di un paese (statunitense ovviamente, io me ne andrò in America quando mi sarò diplomata), ma io che sono una genia ho deciso scientifico, e adesso me ne sto pentendo amaramente.

Quando la professoressa ha fatto il mio nome mi è venuto un attacco di panico. Ho cominciato a pregare fino a quando non sono arrivata in classe, sperando di trovare degli amici con cui stare e passare in pace i 5 anni che avrei dovuto affrontare.

Ed ecco che arrivano le prime secchiate di acqua ghiacciata, quelle che non basta una cioccolata calda per riscaldarti. Per i primi giorni ho pensato di essermela cavata bene, di aver avuto fortuna una volta tanto, ma ecco che arrivano le prime lettere anonime. Credetemi, in questo libro leggerete fin troppe delle mie lettere anonime. Dopo quella lettera non me ne sono arrivate fino a quando non è accaduto quello che mi sarei dovuta aspettare che accadesse, ma ero fin troppo ingenua per capire, per poter scavare nella mente bacata di certe persone, che purtroppo sono miei compagni di classe (a quanto pare la fortuna non mi considera proprio, mai una volta nella vita). 

Ciao, non ci conosciamo ancora, ma penso che diventeremo ottime amiche, mi sembri simpatica, sai? :-) Incontriamoci dopo scuola alle 4. Se non riesci a presentarti tranquilla, vedremo di incontrarci in un giorno a seguire.

Ooookay?

Chiunque avrebbe potuto darmi quella lettera anonima, non conoscevo bene la scrittura dei miei compagni, quindi era inutile andare a confrontare, non sapevo nemmeno di chi fidarmi e quella lettera mi ha fatto sudare freddo fino alla fine delle lezioni. Non sapevo chi trovarmi avanti, come reagire e se fossimo veramente diventate amiche o meno, troppi pensieri nella testa fanno male, ma in quel momento non potevo farne a meno, dovevo pensare, pensare e pensare. Intanto mi sono incamminata verso l'uscita della scuola. Erano le 2 del pomeriggio e dovevo attendere altre due ore. Solo in quel momento mi sono resa conto che non sarei potuta rimanere un minuto di più, dato che dovevo prendere la metro per tornare a casa. Ho scritto quindi un bigliettino in cui facevo le mie scuse, ricordo di averlo lasciato sugli scalini, e poi di essermene andata dritta dritta nell'Underground.

Se non l'aveste capito vivo a Londra. Una città a dir poco noiosa. I miei volevano farmi nascere in Italia per farmi avere non solo la cittadinanza inglese ma anche quella italiana, ma alla fine non hanno potuto e sono nata nell'ospedale di St Thomas, nelle vicinanze di Oxford. Un quartiere orribile, credetemi... Sicuramente questo libro lo leggeranno anche degli italiani e questi si staranno chiedendo Londra noiosa? Ma che sei pazza? Londra è una bellissima città bla bla bla... Beh, vi sbagliate tutti. Sì, è bella con i suoi monumenti, gli usi e i costumi, ma è a dir poco noiosa una volta che ci vivi. Sempre la stessa gente, sempre le stesse cose, la routine diventa una tortura allucinante. Andare a scuola è peggio di andare a farsi fare le foto per il calendario scolastico.
Fortuna che anche quella giornata si era conclusa, ma nonostante tutto continuai a pensare a quella misteriosa lettera per il resto del viaggio, anche una volta arrivata a casa. Io odiavo quella classe, quindi mi sembrava strano che qualcuno della mia classe mi avesse scritto una cosa del genere, sentivo che non potevo fidarmi al cento per cento, ma una parte di me era rimasta divertita da quella situazione e mi spinse a tornare il giorno dopo più allegra del solito, nella speranza di trovare colui (o colei, ma devo dire che mi sarei aspettata un colui, ma colei va anche bene) che mi aveva scritto quella lettera anonima.

Non l'avessi mai fatto.

Ricevetti proprio un quel giorno una di quelle secchiate di ghiaccio in faccia che ti lasciano sconvolta e dal quale nessuno, dico nessuno, riesce a tirartene fuori, pur volendolo, ma nel mio caso nessuno si fece avanti per aiutarmi.

Fu il giorno più brutto della mia misera vita.

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