prologo Desire

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(Ascoltate la canzone se vi va' )

Desire

Una goccia di sudore scende lenta sul collo fermandosi per qualche secondo prima di tracciare una linea lungo il solco che divide i seni.
Le note di " Amore e  capoeira" risuonano ad alto volume rimbombando tra le mura di questo squallido capannone.

«Non sei degna di tua madre» questa frase mi scuote come un fulmine a ciel sereno. Se mio padre voleva uccidermi ci è riuscito, dopo ore dal nostro litigio ancora ne sento le urla.
Continuo a ballare incurante del tipo che strofina il suo misero pacco contro il mio culo.
Porto la bottiglia di corona alla bocca e bevo un altro sorso di birra ghiacciata, il liquido scende rifrescando la mia gola secca.

La mano del ragazzo palpa senza ritegno l'interno della mia coscia scoperta dalla gonna, finisco la birra prima di voltarmi, i suoi occhi lucidi si fermano sul mio seno sodo, e il sorriso sornione gli deforma la faccia da coglione che ha.
«Mi prendi un'altra birra?» chiedo sventolando la bottiglia vuota davanti al suo viso.
«Con piacere dolcezza» si allontana verso il gruppo di ragazzi che vendono l'alcol su un tavolo in un angolo. Ma perché mai ho accettato di venire in questo posto? Sbuffo stanca mentre faccio uscire il pacchetto di sigarette dalla tasca interna del giubbotto di pelle che indosso.

«Ma guarda tu!» mi avvicino a passo svelto verso Ilaria e con una strattonata la tiro via dalle braccia di un idiota che purtroppo conosco fin troppo bene.
«Senti stronza, stasera mi girano le palle sparisci» ringhia furioso Luca incrociando le braccia al petto.
«Che succede?» Ilaria appoggia la testa sulla mia spalla e si lamenta ubriaca.
«Per girarti le palle, le dovresti avere» rispondo acida cercando di tenere la bionda al mio fianco in piedi.
«Ti lamenti solo perché ti piacerebbe stare attaccata al mio cazzo» scoppio in una risata divertita, fino a farmi lacrimare gli occhi attirando l'attenzione di alcuni ragazzi.

«Senti mollusco, ti assicuro che non te la darei neanche se l'avessi trovata per terra» sghignazzo trascinando via questa testona ubriaca.
L'aria fresca di fine settembre ci colpisce in pieno viso appena usciamo da questo posto, lo sapevo che venire a questa dannata festa era una cattiva idea.

Ci troviamo nella periferia di Latina, lontane da casa, senza un modo per farvi ritorno, e senza un euro in tasca. Siamo messe bene.
Faccio l'unica cosa sensata in vita mia... telefono alla nonna.
«Dimmi solo dove» sbadiglia dall'altro capo del telefono facendo apparire un enorme sorriso sul mio volto.

«Ti amo nonnina» mormoro dopo averle dato le indicazioni, mi siedo su una pietra osservando Ilaria imprecare con la testa tra le mani.
«Tua nonna c'è le suona con la cinta questa volta» mugola spaventata, sto per rispondere quando un conato le esce rude dalla gola, la raggiungo e le tengo i capelli mentre inizia a vomitare anche l'anima.

Ridacchio sentendo le solite imprecazioni che fuoriescono dalla sua bocca ogni volta che beviamo.
«Non lo farò mai più» piagnucola con gli occhi lucidi e il respiro ansante.
Come no... ne riparliamo alla prossima festa.

Il rombo di una cinquecento rossa irrompe nel silenzio della notte, i fari ci illuminano costringendoci a socchiudere gli occhi, la portiera si apre mostrando una signora in vestaglia rosa e con il mattarello per stendere l'impasto in mano.
I capelli grigi quasi bianchi raccolti con dei bigodini e gli stivaletti di gomma gialli di quelli che si usano per il giardinaggio.

«Ci credo che i ragazzi ti evitino come la peste» ridacchia Ilaria sottovoce.
«In macchina, subito!» urla la nonna furiosa, credo che svegliarla alle quattro del mattino non sia stata una buona idea. 
«Nonna Angela, questa sera sei ancora più bella» chiudo gli occhi mentre una manganellata arriva sul sedere di Ilaria, così impara a fare la ruffiana.

Sale in auto borbottando, io invece faccio il giro della macchina ed entro dal lato passeggeri per evitare al mio sedere la stessa sorte, ho le chiappe troppo delicate.
La nonna parte per portarci a casa sua, stranamente non inizia con le solite prediche e ne sono felice.... È stata una lunga giornata, non ho la forza di sentirmi ripetere che sono una sciagurata.

O che mia madre è morta per darmi una vita che non merito, come se non lo sapessi.
A volte mi chiedo come sia avere una mamma pronta a sostenerti e a proteggerti. Sono cresciuta sballottata tra la casa dei nonni materni e quella di papà.
Un padre che torna due volte al mese e pretende pure di dettarmi delle regole, un padre che sa solo ricordarmi quanto sia scapestrata e sciocca.

Appoggio la fronte al finestrino e ringrazio Dio per avermi donato nonna Angela e nonno Mario, senza di loro non so davvero che fine avrei fatto. I nonni paterni non vogliono neanche sentirmi per telefono, figuriamoci prendersi cura di me.

«A letto disgraziate, domani facciamo i conti» sussulto nel sentire la voce della nonna e strofino le mani sul viso. «Ilaria» balbetto dandole una spinta per farla svegliare.
Entriamo nel modesto ed accogliente appartamento dopo aver fatto sei rampe di scale e lascio letteralmente cadere la mia amica sul letto.

Nonostante sia sveglia da quasi venti ore non ho nessuna traccia di sonno.
Entro in bagno ed apro la fontana per riempire la vasca di acqua tiepida.

Osservo il mio riflesso allo specchio tenendo i capelli con una mano, sospiro cercando qualche dettaglio di mia madre, ma non saprei dove cercarlo

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Osservo il mio riflesso allo specchio tenendo i capelli con una mano, sospiro cercando qualche dettaglio di mia madre, ma non saprei dove cercarlo... ho solo una foto strappata e  sbiadita... una foto salvata  dell'incendio che mio padre appicco'.

I miei lunghi capelli castani non assomigliano ai suoi che attraverso le foto sembravano color miele, inizio a tamponare un dischetto di cotone con del latte detergente intorno agli occhi per togliete ogni traccia di trucco.
Ma nulla.... nessuno sguardo dolce color miele, i miei occhi sono più scuri dei suoi, ma di pochissimo. Sono nocciola e non hanno nessuna traccia di dolcezza. Lascio perdere quello che stavo usando nel lavello ed inizio a togliere i vestiti per immergermi nella vasca e cercare di dare un po' di sollievo al mio malessere.

Ma poco può un bagno caldo.. passo il bagno schiuma sulle spalle scendendo piano sul seno. Un sorriso amaro si forma sul mio viso, la mamma aveva un tatuaggio, lo vidi su una foto, ma mi fu' strappata dalle mani senza averlo prima visto bene.

Quella sera mio padre era più furioso del solito, non voleva vedere le foto della mamma, non voleva che le toccassi... uno schiaffo, un solo ed unico schiaffo che mi fece perdere i sensi.
Quando mi ripresi mi trovavo in macchina, le sirene della polizia e dei pompieri rimbombavano nella mia testa dolorante.

Faceva caldo, tanto caldo... il fuoco divorava la mia casa, tutto quello che avevo bruciava, i vestiti della mamma, i suoi trucchi, tutto quello che poteva dammi un indizio di quella donna stava diventando cenere.
Rimasi in auto con le lacrime agli occhi e l'unica foto della mamma stretta nella mano, o almeno quello che ne rimaneva.

Mio padre disse che eravamo a cena fuori, e naturalmente nessuno si prese la briga di parlare con una bambina di sei anni.
Penso che quella notte qualcosa si spezzò irreparabilmente dentro al mio petto. Forse quello fu' il giorno dove capii che non avrei mai amato nessuno, non avrei mai permesso a nessuno di farmi tanto male...

Buongiorno fanciulle/ fanciulli 💖

Speriamo che il capitolo sia piaciuto, dalla settimana prossima inizieremo con la storia, per ora vi abbiamo raccontato un po' dei personaggi....

Buona serata da Iris&Robby... 💖💖💖💖

La ricerca della curiosità "Un soldato tutto mio" Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora