L'aria era fredda e pungeva sulla mia pelle come mille spilli appuntiti, non dava tregua quel freddo. Ti entrava nelle ossa e ti raffreddava il sangue in corpo. L'unica cosa a cui si poteva pensare era il freddo. Nessun altro pensiero invadeva la mente se non quello ed era questo il motivo della mia permanenza fuori al gelo.
Non pensare, non provare nulla.
Niente pensieri, niente emozioni, niente dolore. Solo freddo e gelo.
Il mio corpo si stava intorpidendo piano, piano e la mente si stava allontanando, lasciando il dolore.
Il dolore dovuto al ricordo, ancora vivido nella mia mente e nel mio cuore, di lui. Il mio re.
Il caldo della mia casa, costruita da me con sacrificio e fatica, è un invito allettante ma troppo doloroso e comunque non avrebbe riscaldato abbastanza.
Chiusi gli occhi. Com'era facile immaginarlo qua con me, com'era facile pensare a quanto sarebbe stato bello sentire la sua voce pronunciare il mio nome, mentre mi urlava di entrare per il troppo freddo,ma soprattutto, com'era bello poter ancora credere e sperare in un suo ritorno.
Quando aprii gli occhi il gelo era intorno e dentro me. Una distesa di ghiaccio mi circonda ed esso donava un po' di pace e sollievo al mio cuore ferito e ancora in attesa.
1550 anni.
Quante primavere avrei dovuto vedere e quanti inverni superare da solo, ancora?
Una lacrima mi cadde, traditrice, dagli occhi, non pensavo di poter piangere ancora, eppure eccola, quella lacrima calda, che scorreva sul mio viso freddo e sofferente.
Scendeva, correva imperterrita, quella goccia d'acqua, e quando arrivò al capolinea, cadde giù sulle mie mani intrecciate. Incredibile quanto possa sembrare calda una sola lacrime, quando si ha il gelo intorno e dentro. Strinsi gli occhi e poi mi alzai, un po' intorpidito, per poi dirigermi all'interno del mio abitacolo. Il caldo mi avvolse, era un dolce tepore che mi fece star male, ma cercai di non pensare e di mantenere, trattenere il gelo che mi ero portato da fuori, dentro di me.
Una folata di vento improvvisa mi fece riscuotere.
Vento. È tutto chiuso, porte, finestre... Chiuso. Eppure il vento era nitido e freddo come mai si era sentito.
Un'altra folata, mi girai come se stessi cercando qualcuno ma niente. Niente, non vi era nessuno in giro.
'' Emrys, Emrys, Emrys'' una voce, delicata quanto spaventosa, come se fosse del vento stesso, pronunciò il mio nome velocemente. Mi voltai, spaventato, ma niente non vi è nessuno e il vento continuava a soffiare, in più direzioni, senza tregua e più soffiava più ripeteva il mio nome facendomi voltare.
'' chi sei? '' urlai continuando a voltarmi alla ricerca di un corpo che potesse mostrami a chi apparteneva la voce, ma niente. Il vento soffiava più forte, muovendo l'interno della casa e facendo ribaltare i soprammobili e qualsiasi oggetto non fisso.
'' EMRYS'' un urlo, il vento che mi trapassò, facendomi cadere a terra come morto e poi tutto tacque nel caos che era appena diventata la mia casa e la mia testa, il resto del mondo tacque spettatore del mio corpo inerme steso a terra.Un piccolo raggio di luce, che filtrò dalla finestra, mi trafisse il volto costringendomi ad aprire gli occhi, svegliandomi. Mi portai una mano alla testa, un dolore forte e martellante, e cercai di tirarmi su, a fatica. Mi guardai attorno, la casa era un disastro e ancora non capivo cosa fosse successo esattamente. Le tende della finestra erano ridotte a stracci e filtravano la luce del sole rendendo visibile la polvere che fluttuava nell'aria. L'intera casa era a soqquadro, raccolsi una lampada da terra e la posai sul tavolino, ancora integro, accanto al divano e fu in quell'istante che avvenne.
I miei occhi stanchi e fortemente provati si posarono sulla figura stesa a terra, prona, che in precedenza non avevo notato, ma che con il senno di poi era impossibile non notare. Mi mancò il respiro, mi sentii svenire, la testa, il mondo mi girava, la testa era svuotata e paradossalmente era assalita da domande continue, perpetue, a tratti sconclusionate.
Non riuscivo a muovermi, lo guardavo steso a terra, come se... No!
Non poteva essere, lui era... Lo avrei avvertito, avrei sicuramente avvertito la magia ruggirmi nelle vene e invece...
Tremante mi avvicinai al corpo privo di sensi steso atterra.
Il mantello rosso, l'armatura lucente, i capelli biondi come le spighe di grano di cui amavo tanto circondarmi. Mi bloccai all'istante, era troppo, tutto insieme. Le lacrime presero ancora una volta a sgorgare dai miei occhi e davvero, non pensavo di averne ancora così tante.
'' Arthur... ''
Un soffio inudibile eppure talmente potente da farmi tremare la gola e singhiozzare senza aria. Mi portai subito una mano tremante alla bocca per soffocare i singhiozzi incontrollati e con l'altra, ancora incredulo e tremante di paura, paura di soffrire ancora, paura di scoprirmi fragile, ancor più di prima, paura di capire che era tutto falso, che era solo un'illusione della mia magia, uno scherzo crudele del destino,lo sfiorai con mano ansiosa.
Sfiorai il suo braccio ed era caldo, caldo come corpo vivo dovrebbe essere, caldo, caldo, caldo.
Quel calore mi si arrampicò attraverso il braccio, arrivandomi fino al cuore, scaldando e sciogliendo il cuore provato, ferito ed ormai pieno degli anni che il destino aveva deciso di posarmi sulle spalle. Lo scaldò, scaldò il mio cuore e a quell' antica sensazione di calore mi ci aggrappai con tutte le forze, come un affamato.
Le mani mi tremavano ancora, incontrollate, ma nonostante questo cercai con tutte le mie forze di girare quel corpo caldo e quando il suo viso mi si mostrò davanti il cuore si fermò, oppure riprese a battere dopo anni. Era lui, il mio re. Arthur.
Accarezzai con la punta delle dita il suo viso, lo assaggiai con i polpastrelli, contornando il suo profilo ad occhi chiusi, ma la voglia di vederlo era troppa e mi costrinsi ad aprirli per bere della sua visione. Era qui e questo pensiero mi mandò ai pazzi. Era qui, lui era qui ed era il suo viso quello che la mia mano stava accarezzando. Ben presto anche l'altra mano raggiunse il suo viso, chiudendosi a coppa, incorniciandolo, come il più bel quadro mai esistito. Posai la mia fronte sulla sua, il suo respiro mi accarezzò il viso e fu come tornare a vivere per me, un soffio vitale che mi trasmise calore e voglia di vivere, quella stessa voglia che persi secoli addietro. Piansi, piansi ancora e ancora e le mie lacrime scendevano copiose, bagnando i suoi zigomi, le sue guance, i suoi occhi, le sue labbra. Fu giusto e bello, bello e straziante. Lo tenni stretto, come l'ultima volta che lo vidi, stretto tra le mie braccia scarne, stretto come fosse la cosa più preziosa al mondo, come se qualcuno potesse portarmelo via da un momento all'altro e questo pensiero mi terrorizzò e lo strinsi al mio petto ancora più forte, premendo le labbra tra i suoi capelli, muovendomi lentamente come se lo stessi cullando, mentre altre lacrime bagnavano le sue ciocche dorate e un raggio di sole ci illuminava, riscaldandoci dal freddo inverno.Note autrice : questa è una mia piccola creazione, spero che l'inizio vi sia piaciuto e sarò lieta di continuare se la storia vi è gradita. Amo troppo i merthur e amo Merlin che si strugge per Arthur. Lasciate una recensione con il vostro pensiero. Aggiornerò presto un bacio
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Ritorno alla vita
Romance."Quando aprii gli occhi il gelo era intorno e dentro me. Una distesa di ghiaccio mi circonda ed esso donava un po' di pace e sollievo al mio cuore ferito e ancora in attesa. 1550 anni. Quante primavere avrei dovuto vedere e quanti inverni superar...