Sono Qui

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Era ancora caldo, caldo e solido il corpo del mio re, steso, ancora privo di coscienza, nel mio umile giaciglio.
Il panno nella mia mano, usato per detergere la fronte di Arthur, era ormai asciutto, lo immersi nella bacinella piena d'acqua posta sul comodino accanto al letto, lo strizza e ripresi a passarlo sulla sua fronte.
I capelli dorati erano umidi e attaccati alla fronte, anch'essa umida a causa del panno. Feci scivolare il panno dalla fronte, alla tempia, alla guancia, fino al mento. Il mio sguardo non abbandonò un secondo il movimento, avido di dettagli.
Scivolò, gentile, come una carezza malcelata.
Lentamente posai il panno e con la mano finalmente libera andai a sostare una ciocca di capelli dal suo viso. Nessun graffio, nessuna ferita, niente, niente deturpava la bellezza di quel viso. Perfezione eterea, perfetta nelle sue piccole imperfezione.
Furono istanti strazianti, l'attesa, ancora perenne e perpetua, sempre lei, era soffocante e soprattutto interminabile.
Mi misi comodo sulla sedia che avevo posizionato accanto al letto, e con le mani poste sui braccioli mi permisi si osservarlo ancora un po', mentre la mente vagava lontana a pensare ai come e ai perché.
La stanchezza, probabilmente dovuta a quei colpi di vento, sicuramente magici, che mi avevano trapassato da parte a parte non molte ore prima, si fece sentire e lentamente i miei occhi si chiusero facendomi cadere in un sonno senza sogni.
Non ricordo quanto dormii, ricordo sicuramente un tocco, sul mio braccio, un tocco tremante, quasi spaventato e poi una presa ferrea che mi fece destare di colpo e quando i miei occhi si aprirono vidi Arthur, seduto sul letto con le gambe ancora distese ma leggermente piegate a livello delle ginocchia a causa della tensione, che mi stringeva un braccio, ancora mollemente appoggiato sul bracciolo, e mi guardava con fare confuso, interrogativo, eppure nel suo sguardo spaventato, lessi anche un po' di sollievo, forse nel vedere che io ero pur sempre con lui, chissà.
Con la mano libera strinsi a mia volta il suo braccio, incatenando il mio sguardo al suo e fu un brivido oscenamente bello quello che mi attraversò la schiena.
'' Va tutto bene''
Le dissi quelle parole in modo fermo, convinto, ma con un certo tremore nella voce dovuto al fatto che ancora non ci potevo crede che lui era qui, che fosse tornato per davvero. L'emozione era forte, incontrollata e bellissima. I nostri occhi erano ancora incollati e Arthur alla mie parole sembrò rilassarsi un po', ma la presa non diminuì, anzi aumentò per entrambi e a quell'aumento di pressione i miei occhi divennero lucidi di commozione e Arthur, accortosi di questo, portò l'altra mano sul mio viso e a quel gesto il mio cuore esplose, lasciando andare le emozioni riflesse nelle lacrime che mi sgorgavano, per l'ennesima volta senza il mio consenso, dagli occhi.
Arthur le raccolse una per una, con una delicatezza mai vista, quasi come fossero dei cristalli preziosi e non lacrime di un povero mago distrutto e provato dal dolore.
La sua mano era lì sul mio viso, ferma, calda, viva, come da tempo non la sentivo e quel calore, quella morbidezza, era un accogliente invito e mi ci abbandonai a quella mano, mi ci abbandonai come fosse la mia ancora di salvezza, muovendo il viso, strusciando la guancia su quella mano, come fossi un animale bisognoso di affetto e forse, dopotutto era quel che ero. Bisognoso di lui, del suo calore, della sua vita, del suo respiro vivo e caldo e lui a quel gesto non si ritrasse, ma bensì si avvicinò di più e mi circondò il viso con entrambe le mani, proprio come avevo fatto io solo poche ore prima e appoggiò la sua fronte alla mia, chiudendo gli occhi, sfregando le nostre fronti e facendo mescolare i nostri capelli, rendendoli un tutt'uno. Lo sentii prendere un respiro inalando il profumo di noi due e a quell'ennesimo gesto mi sentii tremare, dentro e fuori.
'' Sono qui, Merlin, sono qui, forse un po' in ritardo, ma sono qui''
Non riuscivo, forse perché non volevo, a chiudere gli occhi, averlo così vicino, talmente vicino che ogni sua parola pronunciata era un respiro sulla mia pelle, mentre lui si stringeva e mi stringeva vicino, vicino, sempre più vicino.
Quelle parole furono così lenitive che mi tolsero un peso, un peso chiamato solitudine che era durato 1550 anni. Fu come se tutti quei giorni, quei mesi, quegli anni, quei secoli senza di lui sparirono in un istante, lasciando al loro posto solo la presenza di Arthur, solo lui, sempre lui, per sempre.
Le mie mani stringevano ancora il suo braccio, ma a quelle sue parole anch'esse si sciolsero ed andarono a stringere le sue spalle, forte, come se non avessi stretto mai niente così intensamente.
Strinsi le mani sulla sua maglia di lino rossa, quella che aveva sotto l'armatura che gli avevo tolto prima di coricarlo sul letto, la strinsi quella maglia, come lui strinse me, come se stessimo annegando e l'uno fosse per l'altro l'unico appiglio per rimanere vivo.
E forse era davvero così, forse davvero l'uno non poteva esistere senza l'altro.
'' Arthur'' la mia voce tremava ancora, ma a quel suono, Arthur mi strinse di più, portandomi una mano tra i capelli, accarezzandomi, in modo dolce e protettivo, facendomi sentire la sua presenza.
''Shh, sono qui Merlin, non me ne vado, non vado da nessuna parte se non qui con te' '
E non so perché ma sentii che quelle parole calmarono subito i miei timori, il timore che tutto questo fosse solo un'illusione, uno scherzo della mia magia che per troppo tempo avevo rinnegato e soffocato dentro di me, il timore di aver perso il senno ed essere diventato definitivamente pazzo, il timone di perderlo di nuovo e quello, più di tutti gli altri, era il mio timore peggiore.
Era qui, era vero, vivo, e ancora così caldo.

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