La carne precotta sfrigolava in modo invitante all'interno della padella, mentre la rimestavo in attesa che Arthur mi raggiungesse.
Il suono dei suoi passi inconfondibili mi raggiunse lentamente, come se Arthur fosse spaventato.
Mi girai verso la porta della cucina e lo trovai in piedi con lo sguardo perso e la maglietta tutta in disordine, tirata su dalla parte di un fianco, a fissarmi.
Le mie labbra si tirarono involontariamente in un sorriso, mentre abbassavo lo sguardo scuotendo la testa. Era lui e sarebbero potuti anche passare altri mille secoli ma lui non sarebbe mai cambiato.
Mi avvicinai a lui, ancora sorridendo, e allungando le mani presi a sistemarli la maglietta, mentre lui mi guardava con uno sguardo così innocente, come quello dei bambini. Eravamo così vicini, ancora una volta, e il profumo della sua pelle, amplificato dal bagnoschiuma, mi inebriò così tanto da farmi perdere la cognizione del tempo e dello spazio per qualche secondo.
" Così va meglio" sussurrai posando le mani sul suo petto con una naturalezza che non mi ero mai concesso e che un po' mi spaventava, ma il suo sorriso mi fece dimenticare ogni cosa.
" Sedetevi, ho cucinato qualcosa per voi, sarete sicuramente affamato"
Spostati una sedia dal tavolo, in segno di invito per poi dirigermi di nuovo ai fornelli.
Misi il tutto in un solo piatto e lo misi sotto al naso di Arthur, che non aveva scostato lo sguardo da me nemmeno per un secondo.
Quello sguardo mi trapassava da parte a parte e bruciava come l'inferno,mi avvolgeva come se fosse fatto di fuoco.
Mi sedetti di fronte a lui, nel piccolo tavolo quadrato ed attesi che iniziasse a mangiare, con sguardo basso, intento a fissarmi le mani che giocavano a fare ghirigori invisibili sulla superficie del tavolo.
"Tu non mangi?"
Quella domanda arrivò in maniera improvvisa eppure dovevo aspettarmela, ma cosa avrei potuto rispondere? come avrei mai potuto dirgli che non mi serviva mangiare perché non mi interessava più nulla di me stesso? come avrei potuto spiegargli che mangiare non mi serviva perché ero condannato ad una vita eterna di attesa e dolore e che non sarei mai potuto morire nemmeno volendo e che i vari tentativi di suicidio ne erano la prova lampante, come?
Così decisi di mentire, ancora una volta, ancora all'unica persona che non merita menzogna, ma la voglia di proteggerlo da certe verità era troppa.
Gli bastò un'occhiata per capire,il ché era strano per me essere capito in maniera così lampante da lui, dopo tutti quegli anni passati a tenergli nascosta la mia magia.
Lui capì. Senza che io dicessi nulla, lui capì.
Non chiese nulla, semplicemente si alzò e aprì l'anta della credenza dove tenevo i piatti, quella che mi aveva visto aprire poco fa. Prese un piatto e dopo essersi riseduto al suo posto, divise il suo pasto in due e fece scorrere una metà nell'altro piatto, per poi avvicinarlo a me.
"Sai com'è Merlin, non mi fido molto della tua arte culinaria, quindi vorrei che lo mangiassi insieme a me, così nel caso dovesse essere avariato ti sentirai male insieme a me"
Aveva una delicatezza tutta sua. Aveva capito benissimo che forse l'ultimo pranzo fatto non lo ricordavo nemmeno io e probabilmente aveva capito anche il perché, ma nonostante questo cercò, con il suo modo di fare, di non farmi pesare la cosa e di aiutarmi.
"Sono il vostro servo, non il vostro assaggiatore"
Lo dissi sorridendo e a quell' affermazione sorrise anche lui. I nostri occhi si incontrarono di nuovo, intrecciandosi, come se fossero magnetizzati, e riuscii a leggere così tante emozioni in quello sguardo che sentii il cuore tremare, perché nonostante il piccolo scambio di battute in quegli occhi lessi preoccupazione, paura, ansia, senso di colpa, determinazione.
Il solo pensiero che tutte quelle emozioni fosse in quello sguardo a causa mia, mi fece tremare, per un istante, prima di posare la mia mano con forza sicura sul suo braccio, senza smettere di guardarlo.
"Voi non dovete preoccuparvi, io sto bene"
La sua mano raggiunse la mia, ancora ancora al suo braccio, e la strinse forte e il suo sguardo si staccò dal mio per posarsi sulle nostre mani. Le dita che si allargano per permettere alle sue di passarci in mezzo e stringerle in un intreccio che mai avrei creduto possibile. Il suo pollice accarezzò il dorso della mia mano, come se fosse la cosa più preziosa mai esistita.
"Come faccio a non farlo? A non preoccuparmi di te? Come faccio Merlin, a non farlo ora, se nemmeno a Camelot ci riuscivo?"
Sentire quelle parole pronunciate con una voce incrinata da un pianto mal trattenuto mi spezzò in due e mi fece agire ancora una volta d'istinto, portando l'altra mano sul suo viso, scostandogli i capelli e accarezzandogli la guancia.
A quel gesto i nostri occhi si incontrarono di nuovo e ci trovammo ancora più vicini di prima.
La stanza era pregna di silenzio, un silenzio che amplificava qualunque rumore; I nostri respiri, I battiti del cuore, perfino i pensieri rimbombavano in quel silenzio,ma quello che fece più rumore, fu lo schiocco del bacio che Arthur depositò sul mio palmo aperto, senza mai lasciare i miei occhi. Lo baciò con affetto per poi strusciarne il viso in cerca di affetto e calore.
"Mi prenderò cura di te. Lo farò, ti farò stare bene Merlin, così bene che dimenticherai tutta la sofferenza e il male."
Staccò la sua mano, ancora intrecciata, dalla mia, per portarla e quella che ancora incorniciava il suo volto, la prese con entrambe le mani e la baciò, più è più volte. Arthur, il mio re, baciava con affetto la mia mano, la mano del suo servitore.
" Arthur..." non riuscivo a respirare, quelle emozioni mai provate erano troppe e troppo grandi per essere contenute dentro di me.
" Merlin sono qui. Qui per te."
" Per me..." ripetei inconsciamente, quasi come fossi ipnotizzato.
" Si" e il sorriso di entrambi fu spontaneo e naturale, puro, come può esserlo solo un bambino e con il sorriso ancora sulle labbra abbassati lo sguardo sui due piatti, ormai freddi.
"Si sarà freddato tutto ormai"
Dissi con una leggerezza e spensieratezza nella voce che non sentivo da anni.
"Beh poco importa quando hai davanti a te il mago più potente che abbia mai calpestato questa terra"
E lì capii che finalmente gli dei mi avevano concesso la grazia e mi avevano donato la felicità.
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Ritorno alla vita
Romance."Quando aprii gli occhi il gelo era intorno e dentro me. Una distesa di ghiaccio mi circonda ed esso donava un po' di pace e sollievo al mio cuore ferito e ancora in attesa. 1550 anni. Quante primavere avrei dovuto vedere e quanti inverni superar...