Prologo

232 17 11
                                    

Fa freddo qui dentro e l'aria è viziata.
Sono completamente bendata, immobilizzata e avvolta in un assordante silenzio che mi manda nel panico più totale. Mi sento intontita e mi formicola ogni parte del corpo.

Una porta si apre alle mie spalle e sento i passi pesanti dell'uomo che ha appena fatto il suo ingresso in questo posto, dimenticato dal mondo e in cui non riesco a vedere nulla...

Avverto la sua presenza accanto a me.

Mi gira intorno, come un cacciatore che punta la sua preda.

«Ti prego, lasciami andare!» piagnucolo e imploro, come mai io abbia fatto in vita mia.

«Ssh! Non vuoi giocare con me, Safiria-gattina? Credevo che ti piacesse... ai gatti piace tanto giocare. Ci divertiremo, vedrai». Si prende una breve pausa, fermandosi alla mia destra e spaventandomi ulteriormente. «Ho in mente tante belle cose da fare insieme, mia bella bimba cattiva...» mi sussurra sadicamente all'orecchio. Dopodiché, alitandomi sul collo e inspirando avidamente il mio profumo, esclama: «Mmh... sai di buono. Ma manca un tocco di colore. La tua pelle è così candida e chiara qui!» aggiunge, sfiorandomi la scapola destra.

Rabbrividisco. Quello che ho sentito sulla pelle non è il tocco di una mano! Sembra, piuttosto, un qualche oggetto di ferro ruvido e appiccicoso che emana uno strano odore di colla — o qualcosa del genere.

«C-che vuoi dire? Cosa... cosa vuoi da me?» balbetto, terrorizzata.

Sogghigna sommessamente vicino al mio orecchio, ma non mi risponde.

Non mi piace... brutto segno! Che cosa vorrà farmi? Non vedo niente... aiutatemi! penso, pietrificata dalla paura.

Lentamente, si scosta da me, ma la cosa mi manda ancor più nel panico.
Un odore pungente di colla bruciata mi solletica le narici e, istintivamente, cerco di liberarmi da queste catene che pendono dal soffitto e che mi tengono le braccia legate sopra la testa...

Un dolore acuto al braccio mi blocca il respiro.

«Ah! Che stai facendo? Lasciami! Lasciami! Aiuto! Qualcuno mi aiuti!» urlo, gemo e piango, disperata, per l'angoscia e per il dolore.
Del liquido caldo e corposo mi scivola lungo il braccio: è il mio sangue.
Quel verme ha usato qualcosa di terribilmente affilato, per tagliarmi degli strati di pelle dal braccio.

«Perché mi fai questo?» chiedo, con un filo di voce.

In tutta risposta, però, lui mi lecca dal collo alla guancia.

Che schifo! Non toccarmi! penso, mentre d'impulso mi scosto, dimenandomi e cercando di liberarmi, invano.

Sogghigna e mi ammonisce: «Sei proprio una bimba cattiva, Safiria-gattina. Ma sei la mia gattina, bella e profumata come il Lilium e tutti devono saperlo. Infatti ho un bel collarino per te, chiamiamolo così... ha la forma di un Lilium, il fiore candido e delicato che ti rappresenta tanto bene. Vedrai, ti starà di incanto».
La sua voce, roca e carica di una inquietante aspettativa e macabra promessa, mi mette in allerta, finché non accade l'irreparabile: il mio corpo viene marchiato a fuoco in un unico punto, tutto d'un colpo. Il bruciore che ne consegue, però, è così intenso da farmi avvertire questa rovente sensazione di calore per tutto il corpo, mista a un dolore lancinante alla scapola destra.

Un nauseante odore di carne bruciata si leva nell'aria e un grido disumano e acuto riecheggia nella fredda e rovente (almeno per me) stanza in cui ci troviamo: è il mio!
Per poi cessare di colpo e lasciare posto solo al silenzioso e doloroso oblio dei miei sensi, del mio corpo e della mia mente.

Lilium di SangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora