Giorno 1

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-Chi sono? Se devo dirla tutta non so precisamente come rispondere a questa domanda perché non lo so neppure io chi sono. Ho due soprannomi Mal e Nora, vivo qui da troppo tempo, ho capelli e occhi marroni. So che i miei occhi piacciono a molte persone per quanto siano semplici perché hanno una forma particolare, non vedo tutta questa differenza tra i miei e gli occhi degli altri ma ognuno può pensarla come vuole. Ho quasi 18 anni, so che negli ultimi anni ho imparato a leggere l'espressione delle persone per salvarmi e che odio il verde-

-Perché sei qui? –

-Depressione – continuo

-16 Luglio 2015. Ero messa veramente male. Ero andata ad una festa, a quel tempo frequentavo cattive compagnie. Avevamo sniffato quella che Manfredi definiva "La roba migliore della vostra vita" era la prima volta che provavo qualcosa di così tanto forte, troppo forte rispetto all'erba che fumavo di solito. Dio, stavo così male. Non so neanche come ho fatto a chiamare Andrea perché ero totalmente a pezzi- il rumore dell'orologio mi calma un attimo, è così regolare che mi permette di continuare il mio racconto abbastanza rilassata nonostante il contenuto forte.

-Insomma Andrea quando arrivò era completamente rosso in viso, non l'avevo mai visto così incazzato. Mi afferrò per un braccio non dopo aver lanciato un pugno a Manfredi, che invece di reagire aveva iniziato a ridere a crepapelle, e mi portò in macchina. Iniziò a guidare ma non era arrabbiato con me, mi guardava con sguardo dolce, come se intendesse dire "Stai tranquilla ora ci sono io per te". Poi dopo è stato un susseguirsi di sensazioni e luci.

Ho provato ad ammazzarmi così tante volte che ne ho perso il conto, la mia pelle è marchiata della mia debolezza e da ciò che meritavo-

Mi sistemo meglio sulla sedia di pelle bianca, le pareti della stanza sono bianche, la scrivania è di legno bianco, la donna davanti a me è vestita di bianco. Tutto è fottutamente bianco qua dentro e poi ci sono io, una piccola chiazza d'erba intorno ad una coltre di neve.

-Ma ora è acqua passata, sto bene. Vorrei soltanto tornare dalle mie amiche per abbracciarle. Ci sentiamo ogni mese. Sono veramente fortunata ad avere loro- Sto bene continuo a ripetere per autoconvincermi.

Osservo la giovane donna prendere appunti sul suo taccuino, tiene le gambe incrociate e i suoi capelli biondi sono racchiusi in un acconciatura complessa ma elegante e soprattutto perfetta, non ha un capello fuori posto.

-Bene Eleonora, abbiamo finito- mi sorride accompagnandomi fuori dalla stanza.

****

Raccolgo tutta la mia roba in una borsa, non ho molto con me. Solo un libro, il mio libro preferito, due fogli bianchi e una foto che avevo attaccato vicino al mio letto, l'unico oggetto che avevo appeso per decorare un po' la mia stanza bianca. Prendetela pure come scaramanzia ma scrivere sulle pareti o attaccarmi a questo luogo era un po' come accettare la mia condizione e far pensare a tutti che forse non era così male starsene chiusi lì, in primis non volevo pensarlo nemmeno io, non volevo convincermi di stare bene e di arrendermi.

-Eleonora, sbrigati- odio quando mi chiamano col mio nome intero, odio il mio nome.

Sorrido a quello stronzo che ha reso la mia permanenza qui un inferno.

-Muoviti.

Esco dalla stanza guardandola per l'ultima volta, non mi mancheranno le pareti bianche, non mi mancheranno le lenzuola verdi, non mi mancherà quella piccola finestra ad altezza occhi che ti mostra il giardino e la tua libertà che è irraggiungibile.

Percorro il corridoio bianco fino al bancone bianco e saluto la figura in bianco. Bianco, bianco, bianco.

-Mal, finalmente ce l'hai fatta ad uscire di qui. La mia bambina, mi mancherai ma sono felice per te-

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