1. The Burial of the Dead

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 " Each man kills the thing he loves. "

Oscar Wilde, La ballata del carcere di Reading


C'era una volta una giovane ragazza dagli occhi grigi come il cielo di Londra, la pelle rosea come i fiori di pesco e lunghi capelli color del legno. Ella viveva da tanto, tantissimo tempo - tanto da non ricordare neanche quanto - in una villa nera al di là del lago più cristallino d'Inghilterra.

Le persone con cui abitava non erano affatto gentili con lei: dicevano che fosse strana, diversa, che la troppa cultura le avesse fuso il cervello. La ragazza era dunque spesso lasciata a sé, con la sola compagnia dei grandi autori del passato, che pur non avendola mai conosciuta sembravano capirla meglio di quelli che ogni giorno evitavano i suoi occhi; Alfred Tennyson, Lord Byron, Jane Austen e, colui che più amava, Thomas S. Eliot.

"Quali sono le radici che s'afferrano, quali i rami che crescono

Da queste macerie di pietra? Figlio dell'uomo,

tu non puoi dire o immaginare, perché tutto ciò che conosci

è solo un coacervo d'immagini spezzate, dove il sole batte

e l'albero morto non dà riparo e il grillo non rallegra col suo cantare,

e l'arida pietra non risona d'acqua.

C'è ombra solo al riparo di questa roccia rossa.

Vieni all'ombra di questa roccia rossa.

Ed io ti mostrerò qualcosa di diverso

Dalla tua ombra che al mattino ti segue a lunghi passi

E dalla tua ombra che la sera s'innalza per incontrarti;

In una manciata di polvere, ti mostrerò la paura."

La sua anima era ormai rarefatta come l'ombra della Terra Desolata di Eliot.

Ma qualcosa, un giorno, avrebbe cambiato per sempre la sua vita.

***

La pioggia era caduta insistentemente fino al primo pomeriggio, quando il cielo si era infine rischiarato, mostrando la luce pallida al di là delle nubi; solo dopo una buona mezz'ora gli uccelli avevano ripreso a cantare note discordanti, che rimbalzavano da una parte all'altra del bosco come un'eco alla ricerca di qualcuno.

Gli alti cancelli in ferro nero, attorno ai quali si avvoltolavano rampicanti nodosi, così come ogni pianta del vasto giardino verdeggiante, il ciottolato rosso d'ingresso e la finestra, il cui vetro veniva ritmicamente appannato da un respiro annoiato, erano bagnati.

Il freddo era intenso e nell'aria forte l'odore della pioggia, tanto forte da penetrare anche le imposte chiuse.

Il davanzale della finestra della biblioteca, al secondo piano dell'austera villa, era abbastanza grande da potercisi accomodare. Difatti, non senza indispettire gli altri abitanti della casa, che avrebbero voluto vederla più partecipe della vita domestica, lì stava spesso una ragazza, accoccolata tra il muro e il vetro, con lo sguardo perso ora su uno dei mille tomi dalle antiche rilegature, ora sulle fronde degli alberi, nella speranza di scorgere un pettirosso o un'allodola spiccare il volo.

Quest'oggi, forse per merito dell'atmosfera tetra e un po' gotica, ciondolava tra il richiamo del mondo onirico e l'esaltazione che provocava al suo animo ogni fulmine che attraversava l'etere, abbattendosi su qualche albero in mezzo alla selva. Se chiudeva gli occhi, poteva fantasticare di trovarsi quanto più vicina possibile al luogo in cui il tuono sconquassava i timpani e faceva tremare il cuore.

Da quando però il tempo era migliorato si era dedicata a un'attività, a detta della cuoca di casa, più redditizia: sonnecchiare.

"Niente rende il corpo più felice di una sana dormita! Se solo i miei nervi fossero quelli di un tempo, quand'ero anch'io giovane e bella, e non mi svegliavo per ogni rumore, anche il più consueto!"

Glielo ripeteva abbastanza volte alla settimana da aver lei imparato a memoria il ritornello.

La ragazza sospirò, creando un nuovo ovale di condensa sulla finestra. Pensò che faceva davvero freddo per essere solo metà settembre, che forse avrebbe fatto meglio a sollevarsi – languidamente come al solito, tutti le rimproveravano di avere una certa mollezza nei gesti – e recuperare uno scialle dalla sua stanza, magari quello rosa pesca che le avevano regalato l'inverno prima.

Qualcosa, tuttavia, le suggeriva di non allontanarsi. Non quel giorno. Chiamiamolo istinto femminile, un sesto senso che va sempre di moda e di cui le donne amano vantarsi.

Le mani della giovane, intirizzite e screpolate dal freddo, raschiavano con le lunghe unghie un angolo ricoperto di ruggine dell'infisso, poco sopra il cardine, producendo un rumore sgradevole. Al di là di ciò regnava il silenzio assoluto tipico del dopo pranzo, momento consacrato al riposo pomeridiano.

Nessuno gironzolava, nessuno poteva distoglierla dal suo perdere tempo ad osservare niente in particolare, coi lunghi capelli bruni che le carezzavano morbidamente il collo – alcune ciocche s'infiltravano nel colletto della camicia bianca, infastidendola, ma lei non sembrava intenzionata a liberarsene.

Seppe che era giunto il momento che aspettava da tutta la vita quando, tornando a vagabondare con lo sguardo sulle inferriate del cancello, vide qualcosa di anomalo: un estraneo aggirarsi apparentemente senza motivo nei dintorni, scrutando la casa.

Lo mise a fuoco, socchiudendo gli occhi grigi, con le sottili sopracciglia chiare che incorniciavano la sua espressione corrucciata e concentrata.

Tutto ciò che vide fu un giovane uomo dalla pelle di pesca, una zazzera scompigliata dal vento, della più intensa tonalità di rosso – come se indossasse una criniera di fiamme dell'araba fenice -, e poi, quando per scherzo del destino egli si accorse di essere osservato e la individuò, occhi azzurri vivaci e furbi come quelli di un animale.

"La mia nemesi" pensò la ragazza, schiudendo le labbra in un accenno di sorriso.

Avrebbe voluto essere libera e viva come lui.

Prima che però potesse far altro, la libertà però reclamò il ragazzo e se lo portò via, nel folto del bosco.

***

«È passato nessuno questo pomeriggio?»

Occhi grigi fece col capo un cenno di diniego, affondando nella zuppa di verdure un cucchiaio così lucido da potervisi specchiare; dopo aver mandato giù, abbastanza attenta all'etichetta da non produrre alcun rumore, domandò «Perché questa domanda proprio a me, che tra tutti sono quella che esce di meno?»

«Hai di nuovo bighellonato in biblioteca fino all'ora del bagno, ti ho vista.» sembrava quasi un'accusa, ed implicitamente lo era «Immagino tu abbia passato le ore a scervellarti sui libri.»

«Oh, ho letto.» sorrise, infondendo in quella semplice espressione un'innocenza che stonava col suo volto che indicava un'età vicina, se non addirittura superiore, ai vent'anni «Ho letto un magnifico saggio di Virginia Woolf.»

Una vocina di bambino, al suo fianco, borbottò sottovoce «Studiare è inutile e noioso. Disegnare è più divertente.»

«Disegnare non ti porterà a nulla nella vita.» lo redarguì acidamente il vecchio a capotavola «A meno che tu non voglia unirti a una di quelle stupide scuole surrealiste. Come si chiamavano, mia cara?»

«Futurismo, postimpressionismo, vorticismo, imagismo... sono talmente tante, e tutte ugualmente dimenticabili.» sospirò una ragazza dai lunghi boccoli biondi, che molto più di Occhi grigi aveva un'aria intellettuale, o per lo meno intelligente.

Il ragazzino lentigginoso accanto a Occhi grigi digrignò i denti «Tanto i tedeschi arriveranno fin qui e ci ammazzeranno tutti. Ci butteranno le bombe addosso, come hanno fatto a Londra.»

Calò il silenzio. Qualcuno iniziò a piangere sommessamente.

Gli occhi grandi di Cappuccetto RossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora