Ill non aveva mai riflettuto sul perché nella casa la chiamassero in quel modo crudele, negandole persino il piacere di un nome elegante; la schernivano, di questo ne era sicura, tuttavia il suo cuore era persino più sigillato della sua libertà, motivo per cui essere trattata così non l'aveva mai infastidita particolarmente.
Fu Rangetsu ad aprirle lentamente gli occhi, non solo sul mondo esterno ma anche su quello interno, radicato nelle quattro mura che era abituata a pensare come 'il luogo in cui abito' - ma non casa, una casa ormai non l'aveva da così tanto da averla convinta che non si trattasse di un luogo, ma di una sensazione speciale, che forse mai avrebbe trovato.
Fu così che cominciò a rendersi conto davvero di come nella sua vita mancasse il calore umano. Fu allora che gli intensi rapporti d'amicizia e affetto dei suoi romanzi iniziarono a coinvolgerla veramente. E fu in quel preciso periodo che maturò una sconfinata curiosità verso ciò che al di là della nera cancellata di casa si muoveva e contorceva, assumendo forme a lei sconosciute: il mondo.
Aveva finalmente cominciato a vivere. Si era risvegliata da una accomodante fase durante cui si era limitata ad osservare senza lasciarsi coinvolgere, come le divinità dell'Iperuranio di Platone.
Tutto ciò però si era rivelato inaspettatamente doloroso.
La notte si aggirava come un'anima priva di pace per le silenziose e buie stanze del palazzo, soffocata dall'opprimente impossibilità di fuggire. Le sue corse notturne avevano convinto buona parte degli abitanti della presenza di uno spettro arrabbiato e vendicativo, tanto che i più piccoli avevano preso l'abitudine di sbarrare le porte fino all'alba, mentre gli adulti, ogni tanto, s'avventuravano coraggiosamente alla ricerca di una soluzione a quell'enigma.
Ill era però furba e conosceva la casa assai meglio degli altri proprio per via della sua incontentabile curiosità; aveva esplorato ogni anfratto, da ogni finestra s'era affacciata per calcolare sommariamente la distanza da terra e dalle nodose fronde degli alberi.
Non era una brava arrampicatrice, ma in quei mesi molte volte le sue mani si coprirono di tagli e sangue nel disperato tentativo di scalare il cancello o il muro perimetrale. Rangetsu l'aveva aiutata con magici rimedi portati dalla città, massaggiandole le dita indolenzite e soffiandovi sopra per riscaldarle.
Era una valchiria, una valchiria scatenata.
Anche caratterialmente era cambiata.
«Sembri esserti risvegliata da un sonno profondo.» aveva commentato il ragazzo un giorno «Ma ho paura che questo possa più ferirti che altro.»
Ciondolava, Ill, per i corridoi della casa, incapace di sostare troppo a lungo alla luce del sole proiettata sui pavimenti impolverati; la vista della natura le dava sofferenza, perché sapeva che mai avrebbe potuto correre per i campi e bearsi della sua bellezza, l'avrebbe invece sempre scorta solo attraverso finestre dall'aspetto pesante e antico, mangiate dalle tarme.
Anche lei si sentiva mangiata dalle tarme, da dentro, come quella vecchia casa scricchiolante anche lei cadeva a pezzi ogni giorno di più.
Era prigioniera.
Ogni uccello che si levava in volo accresceva nel suo animo un odio spropositato per la sua condizione, che si convertiva in lacrime amare durante la notte, quando diventava il fantasma della magione per farla pagare cara a chi non la considerava abbastanza umana da meritare qualche diritto.
I suoi incontri con Rangetsu si fecero più frequenti, abbastanza tra trasformare due conoscenti in qualcosa di simile ad amici; Rangetsu era un ragazzo dolce, premuroso, con la paura di vederla andare a pezzi.
Ill non sapeva per quale motivo tra tutti gli esseri umani del pianeta avesse scelto proprio la reietta della casa nera - così amava definirsi, rifacendosi ai poeti romantici -, ma ogni volta che sfiorava le sue dure e calde mani metteva da parte i dubbi, lasciandosi travolgere da sentimenti tanto profondi da inebriarla.
La stava letteralmente richiamando alla vita: in ogni gesto di lui, anche nel solleticarle con la punta del dito la guancia arrossata dal freddo, Ill leggeva quella componente umana che sconosceva.
L'inverno passò così, abbellito da incontri segreti nelle ore più sicure. Rangetsu le fece vedere per la prima volta in vita sua cose meravigliose: bacche rosse dal sapore dolciastro, fiori di indubbia bellezza e dal profumo delizioso, soffici fiocchi utilizzati per decorare i capelli e fotografie di volti sconosciuti. Ma tra tutti, il regalo sicuramente più apprezzato da Ill fu un velo rosso come il sangue: un mantello provvisto di cappuccio, che tanto le ricordò la fiaba di Cappuccetto Rosso.
«E tu saresti il mio lupo?» rise lei, cristallina e felice mentre lo indossava, scoprendone la calda lana che per un attimo le trapassò con una fitta il cuore: era come venir abbracciati.
Non ricordava d'esser mai stata abbracciata in tutta la sua vita.
«Se ricordo bene quella favola... al di là dell'allegoria delle due strade, lui aveva il compito di mostrare alla bambina un mondo diverso dal suo. In tal caso potremmo dire di sì.» rispose lui, inclinando verso l'alto gli angoli della bocca.
Ill amava quando sorrideva: i suoi occhi celesti diventavano più sottili e limpidi, trasmettendole una sensazione di benessere. Cominciava a scoprire dentro di sé uno sconfinato amore, che voleva donare a Rangetsu.
Il sopraggiungere della primavera rese il giardino un crogiolo di forti fragranze di fiori e pesche; Ill non aveva mai prestato troppa attenzione alla natura artificiale della serra, dove gli altri abitanti della casa si dilettavano a ricreare ambienti floreali non tipici dell'Inghilterra, ma adesso quei boccioli colorati esercitavano su di lei un certo interesse.
La signora poi aveva una strana passione per le rose, il cui rosso però agli occhi di Ill impallidiva se messo a confronto con quello degli higanbana, che Rangetsu le presentò come tipici della terra dei suoi antenati, nel profondo oriente. Quelli erano in breve diventati i fiori preferiti della ragazza.
Un giorno, infine, arrivò quella proposta.
«Scappiamo insieme.»
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Gli occhi grandi di Cappuccetto Rosso
RomanceC'era una volta una giovane ragazza dagli occhi grigi come il cielo di Londra, la pelle rosea come i fiori di pesco e lunghi capelli color del legno. Ella viveva da tanto, tantissimo tempo - tanto da non ricordare neanche quanto - in una villa nera...