Ill fissava il suo riflesso nello specchio, stentando a riconoscersi. Aveva raccolto i lunghi capelli castani in una lunga treccia, a sua volta arrotolata sulla nuca, in modo che quelle poche ciocche che sfuggivano al suo controllo non fossero d'impiccio alla visuale.
Con indosso il mantello regalatole da Rangetsu sembrava lei stessa un higanbana.
Aveva rubato tutto ciò che era stata in grado di rubare dai risparmi del padrone di casa, atteso poi che tutti si ritirassero nelle loro stanze prima di abbandonare la propria, lanciando un ultimo sguardo, timoroso e nostalgico ma al contempo emozionato, alle sue poche cose: una spazzola di legno sulla sedia, una Bibbia rilegata in nero sul comodino, dei fiori sulla via della morte in un vaso di vetro, che proiettavano la propria ombra sul pavimento come lunghe dita adunche.
Voltò le spalle e abbandonò tutto ciò che aveva in favore dell'ignoto.
Come ogni principessa che si rispetti, aveva fissato l'appuntamento col suo principe presso il cancello allo scoccare della mezzanotte. Scese le scale del secondo piano ed attraversò i corridoi della casa percorsa da una strana euforia che le solleticava la pelle; ogni passo le sembrava troppo rumoroso, tanto da farla procedere nascosta nelle tenebre e temendo che la luce della luna potesse tradirla ad ogni finestra in cui si imbatteva.
Nessuno però sembrò notarla, nessuno forse l'aveva mai notata veramente.
Giunta nelle cucine raggiunse l'uscita di servizio, che aprì con un sonoro girare di vecchie chiavi arrugginite nella toppa della porta. L'aria fredda della notte la investì come uno schiaffo, facendola per un momento tentennare; non aveva rivolto neanche un pensiero a cosa sarebbe stato di lei dopo la fuga, se significava però vedere anche solo per un attimo il mondo su cui aveva solo fantasticato per tutta la vita, le andava bene essere riacciuffata subito.
Ripercorse con la mente i calvari dolorosi di quei poeti e scrittori che erano interiormente morti dopo essere stati privati della bellezza della natura. La prospettiva di fare la loro stessa fine aveva qualcosa di affascinante agli occhi di quella scervellata incosciente, tuttavia continuò a ripetersi con ostinazione che Rangetsu l'avrebbe protetta.
E così abbandonò per sempre quella casa.
Stretta nella sua mantella scarlatta, Cappuccetto Rosso giunse presso il cancello, al di là del quale il lupo le sorrise coi suoi occhi celesti.
«Hai la chiave?»
«Sì.»
«Fai piano...»
Il cancello scricchiolò così forte che il cuore di Ill per un momento si fermò: era impossibile che non l'avessero sentito, e a conferma di ciò una luce al secondo piano illuminò la notte.
«Scappiamo!» esclamò Rangetsu, stringendole la mano e strattonandola verso di sé.
Ill avrebbe voluto stringerlo in un abbraccio ora che finalmente ne aveva l'occasione, ma la fretta e la paura la spinsero ad attraversare il tappeto di foglie sul terreno ed avventurarsi assieme a lui nel bosco nero.
Alcune urla straziarono l'aria dietro di loro, ma Rangetsu non lasciò mai andare la sua mano. Quella di lui era calda, grande e molto forte.
«Londra non è lontana, saremo lì in un'ora!» le disse, con un sorriso luminoso sul viso.
La ragazza si abbandonò a una risata felice: non si era mai sentita tanto libera! La selva intorno a lei sembrava viva, sentiva la linfa scorrere in ogni ciuffo d'erba, in ogni tronco e in ogni animale notturno che si muoveva rapido al loro passaggio.
Gridi di gufi e civette si levavano dalle fronde scosse dal vento; quei movimenti improvvisi acceleravano di qualche passo la loro corsa sfrenata, aggiungendo altra paura a quella generata dalla fuga verso il nulla e dal buio.
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Gli occhi grandi di Cappuccetto Rosso
RomansaC'era una volta una giovane ragazza dagli occhi grigi come il cielo di Londra, la pelle rosea come i fiori di pesco e lunghi capelli color del legno. Ella viveva da tanto, tantissimo tempo - tanto da non ricordare neanche quanto - in una villa nera...